PEKUDÉ Shabbat Hazak 5784: 2 LEZIONI

9 Marzo 2024 0 Di HaiimRottas

Questo Shabbàt 16 Marzo 2024, 6 del mese di Adàr Bet 5784 leggeremo la Parashà di Pekudé

Es. 38,21-40,38

HAFTARÀ

Italiani:                                 I Re 7: 40 – 50

Milano/Torino/Sefarditi: I Re 7:40-51

Ashkenaziti:                         I Re 7:51 – 8:21

La Parashà di Pekudè è composta da 146 versetti.

La Parashà di Pekudè tratta in sintesi i seguenti argomenti:

Pekudè :

Calcolo di tutti i materiali raccolti per la costruzione del Mishkàn.
Descrizione del confezionamento del pettorale, dell’efòd e degli altri indumenti dei cohanìm.
Edificazione del Mishkàn da parte di Moshè.
Collocazione di tutti gli arredi ed edificazione del cortile.

Anche questa settimana vi proponiamo un estratto del libro “Saggezza Quotidiana” basato sugli insegnamenti cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori.
La parashà che viene letta questo Shabbàt si incentra prevalentemente sugli incarichi che Moshè assegna per il funzionamento e il trasporto del Tabernacolo.

Il brano si sofferma sul fatto che in questa parashà, per la prima volta, il Tabernacolo è chiamato “testimonianza”, perché testimonia come Hashèm ha perdonato Israèl, per il peccato del Vitello d’Oro. Inoltre, la parola ebraica per “testimonianza” (edùt) è legata alla parola “gioielli” (adì), ossia, le “corone spirituali” che le persone hanno ricevuto durante il Dono della Torà e che hanno dovuto rimuovere, dopo l’incidente del Vitello d’Oro.
Il significato profondo di questo insegnamento è legato al significato del Tabernacolo. Esso, infatti, non è tanto e solamente un edificio, per quanto santo e importante, ma le “istruzioni” per la sua edificazione celano – come abbiamo già spiegato nei precedenti scritti – anche le “istruzioni” per migliorare il nostro percorso spirituale rettificando le nostre menti, parole e azioni. Lo scopo di questo è quello di “costruire”, dentro di noi, un Santuario dove Hashèm possa dimorare.
Questa associazione tra noi, il Santuario, il Dono della Torà e il peccato del Vitello d’oro ci permette di comprendere che quando ci impegniamo a costruire dentro di noi il nostro “Santuario” interiore ci vengono perdonati le trasgressioni commesse e possiamo ottenere le nostre “corone spirituali”.
Tuttavia, rimane da spiegare che genere di risultato può permettere di ottenere tanta benevolenza da parte di Hashèm: non solo ci perdona delle nostre passate trasgressioni, ma addirittura, possiamo ottenere un livello spirituale paragonato dalla Torà.
In soccorso viene la parte esoterica della Torà. La parola העדת “Testimonianza” è composta dalle stesse lettere che formano la parola הדעת “Conoscenza”, intesa anche come consapevolezza. Questo è anche un riferimento alla sefirà Da’àt composta dalle lettere che formano la radice della parola “Conoscenza” דעת.
Il legame con questa Sefirà ci spiega quale livello noi possiamo ottenere riuscendo a costruire una dimora per Hashèm in noi, il nostro “santuario” interiore. Da’àt non simboleggia o allude solo ad una generica consapevolezza e/o conoscenza, ma essa rappresenta un livello di consapevolezza per cui arriviamo a “sentire”, percepire, in ogni nostro atto e azione, la presenza di Hashèm in questo mondo. In particolare, a questo livello riconosciamo manifestatamene la Regalità di Hashèm sull’intero creato e quindi anche su noi stessi. E se ci pensiamo bene la “Corona” è il simbolo stesso della Regalità. In questo modo, “riempendoci” della Sua presenza divina diventiamo come uno strumento della Sua Regalità, come dei gioielli, “adì”, di una corona.

L’undicesima e ultima sezione del libro dell’Esodo si apre informandoci che Moshè affida gli “incarichi” (pekudè, in ebraico) per il funzionamento e il trasporto del Tabernacolo. Avendo terminato il racconto di come gli artigiani hanno modellato i vari componenti del Tabernacolo, la Torà ora procede descrivendo come questi stessi artigiani realizzano le vesti sacerdotali e di come il Tabernacolo viene finalmente eretto.
*
Narrando come Moshè nomina varie persone per il funzionamento e il trasporto del Tabernacolo, qui la Torà si riferisce al Tabernacolo, per la prima volta, come la “testimonianza.”

Seconda Innocenza
Questi sono i computi del Tabernacolo. Il Tabernacolo della Testimonianza. (38, 21)

La Torà si riferisce al Tabernacolo come una “testimonianza”, perché testimonia che Hashèm ha perdonato Israèl, per il peccato del Vitello d’Oro. Inoltre, la parola ebraica per “testimonianza” (edùt) è legata alla parola che la Torà usa per “gioielli” (adì), ossia, le corone spirituali che le persone hanno ricevuto durante il Dono della Torà e che hanno dovuto rimuovere, dopo l’incidente del Vitello d’Oro. Perciò, il Tabernacolo è anche chiamato “il Tabernacolo dei gioielli”.
Questo indica che il Tabernacolo era anche il mezzo attraverso il quale Hashèm ha consentito a Israèl di riconquistare le altezze spirituali e la conoscenza divina che hanno raggiunto, quando Hashèm ha dato loro la Torà, prima del peccato del Vitello d’Oro.
Allo stesso modo, costruendo il nostro Tabernacolo spirituale interiore personale, anche noi siamo in grado di superare qualsiasi difetto spirituale che potremmo aver accumulato durante la nostra vita. In questo modo, otteniamo parte della conoscenza divina incontaminata, che Hashèm ci ha conferito, quando la Torà è stata data per la prima volta.

Vayak’hèl
DONNA DELL’ANNO

Il Messaggio quotidiano di Sivan Rahav Meir:
Il messaggio della “donna dell’anno”, Parashà Vayak’hèl

Shterna Wolff, 44 anni, è stata proclamata, dal più grande quotidiano della Germania, la “donna dell’anno” della Sassonia, la quarta regione più estesa dello Stato tedesco.
Stherna, nata in Israele, copre l’incarico di emissaria Chabad nella città di Hannover, da circa due anni, da quando suo marito, il rabbino Binyamin, è morto inaspettatamente per una infezione batterica. Madre di sette figli condivide la casa e la sua missione con una delle figlie, che è sposata, e con il genero. Stherna ha gestito il centro Chabad con tanta vivace iniziativa che è ben presto diventata un’importante figura di riferimento per gli ebrei, ma anche i non ebrei, della zona.
Nella intervista che le ho fatto ieri, Stherna mi ha rivelato la cosa più importante che è riuscita a trasmettere da quando svolge la sua attività di emissaria Chabad.
“Questa settimana troviamo nella Parasha di Vayak’hèl la descrizione della costruzione del Mishkàn, il centro spirituale che ha accompagnato il popolo di Israele nel suo viaggio nel deserto. La Torà loda il lavoro dei figli di Israele durante la costruzione e, in particolare, la fremente attività delle donne per cucire e tessere le coperture del Tabernacolo.
Il Rebbe di Lubavitch trae da questa descrizione un insegnamento per la nostra generazione: non abbiamo ricevuto i nostri talenti solo per la nostra crescita personale, ma anche per poterli usare nel fare buone azioni, per fare del mondo un Mishkàn, per aggiungere luce e santità al mondo “. Stherna sottolinea che questo messaggio vale per tutti, ma soprattutto per le donne, in particolar modo nella nostra generazione.
“Questa è la mia missione in Germania e sono felice di ricevere un riconoscimento così significativo. Usare le nostre abilità speciali per rendere il mondo il “Mishkàn del bene”, questa è la missione di ognuno di noi”.
Ci fa piacere aggiungere, come traduttrici del messaggio di Sivan in italiano che, secondo il rito italiano, subito prima della preghiera di Mussàf di Shabbat, chi conduce la Tefillà legge una benedizione particolare per tutte le figlie di Israele che preparano e ricamano le stoffe che ricoprono i Rotoli della Torà e l’Aron Hakodesh.

APPROFONDIMENTI KHASSIDICI
Pekudè:

Dall’alto e dal basso
(a pagina 787 del volume Shemòt edizioni Mamash).
E Moshè li benedisse
(a pagina 791 del volume Shemòt edizioni Mamash).
L’inaugurazione del Mishkàn
(a pagina 793 del volume Shemòt edizioni Mamash).

MIDRASHIM

Il resoconto del Mishkàn
(a pagina 697 del volume Shemòt edizioni Mamash).
La Shekhìna torna sulla terra
(a pagina 699 del volume Shemòt edizioni Mamash).


PEKUDE 5768 – PERCHÉ L’ESILIO DURA COSI TANTO?

Moshe dettaglia tutti i quantitativi dei materiali per la costruzione del Mishkàn e il loro utilizzo, ma non dice dei 1775 shekalim che mancano al conteggio.