BEKHUKOTAY 5779 – MANGIARE DURANTE IL LAVORO!
B’H’ Questo Shabbat כז 27 IYAR 5779 1° Giugno 2019
leggeremo la PARASHÀ di Bechukkotài Lev 26:3 – 27:34
HAFTARÀ
Italiani: Ez 34:1-15
Milano/Torino/Sefarditi/Ashkenaziti: Ger 16:19 – 17:14
Si annuncia Rosh Chòdesh
Il dovere della ricompensa allo schiavo, lavoratore e socio in questo mondo e non solo nel mondo futuro.
La Torà ci dice che la base della pace, sia in casa che tra marito e moglie, sono i lumi di Shabbàt. Facciamo attenzione ad accendere sempre i lumi in casa: anche se per caso la moglie non li accende oppure è via, il marito ha comunque l’obbligo di accenderli.
(continua sotto)
Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor
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MANGIARE DURANTE IL LAVORO!
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“SHALOM NELLA TERRA”
Nella porzione settimanale di Torà, D-o dice: “Porterò pace in terra”.
Spesso ci troviamo nella stessa situazione: due parti in questione, ognuna delle quali cerca di imporsi sull’altra, spesso usando la Torà per rafforzare la propria posizione. “Te l’avevo detto di tenere la mano del bimbo e tu l’hai lasciato, per questo è caduto e si è fatto male” urla il marito alla moglie.
Questo comportamento serve solo a discolparsi e pulirsi la coscienza ma non è costruttivo. Quando un individuo è immerso nel suo io, non analizza le situazioni in maniera obiettiva e costruttiva, bensì cerca il modo di discolparsi, di sentirsi a posto, ecc. E così si cerca sempre di incolpare il prossimo per qualcosa che forse nemmeno noi siamo stati in grado di fare, dedicandoci a noi stessi anziché al problema.
Questa è soprattutto la lezione che impariamo dal periodo dell’Omer, in cui sono morti i 24.000 discepoli di Rabbì Akivà. Il Talmùd afferma che la causa della loro morte è stata quella di non rispettarsi a vicenda: nonostante il loro alto livello nello studio della Torà, i talmidìm erano così convinti ognuno della propria opinione che misero solo se stessi al centro di tutto.
Il titolo della parashà, Bechucotài, significa “se seguirete le Mie leggi”. La parola Bechucotài deriva dalla radice “chòk”, che significa legge. Ma può anche derivare dalla parola “chakikà”, inciso.
Delle parole scritte su carta, anche se sono una cosa unica con la carta stessa, tuttavia rimangono due entità separate. Delle parole incise su pietra, invece, diventano parte integrante della pietra stessa.
La Torà spiega che quando facciamo in modo che il nostro ebraismo sia “inciso” in noi, lo studio e l’osservanza delle mitzvòt diventano parte di noi stessi e non sono un’entità separata – questo è proprio lo scopo finale dell’osservanza della Torà!
Alcuni punti della lezione:
1. Ci sono tre livelli di relazione con Ha-shem. Il livello servo-padrone, il livello lavoratore-datore e il livello del socio.
2. Nel Pirkè Avot (cap.3) viene detto: “Lo stato ideale per servire Ha-shem NON è per ricevere una ricompensa”. Il concetto di ricompensa sembra quindi deviare l’uomo dalla sua missione in questo mondo. Lo stesso Maimonide precisa che “dobbiamo fare ciò che è vero per una vera ragione”, illustrando con questo pensiero come una mitzvà effettuata unicamente in funzione della ricompensa viene snaturata. Ma qual è allora l’importanza della ricompensa? La Torà infatti dedica una larga porzione della parashà di Bekhukkotay per illustrare la prosperità e le ricchezze materiali che i Israel avranno se seguiranno le mitzvot.
3. Per comprendere il valore della ricompensa occorre indagare i livelli di relazione con Ha-shem, partendo dal presupposto che il rapporto con D-o assume infatti la natura che noi stessi decidiamo di avere con Lui, come se fosse uno specchio. Dal punto di vista teorico lo schiavo, che non ha identità propria nè autonomia, non potrebbe ricevere alcuna ricompensa; neppure il livello del socio potrebbe garantire un immediato tornaconto; il livello del lavoratore prevederebbe invece una ricompensa solo in funzione della durata del contratto.
4. Da una prospettiva giuridica invece ogni tipo di relazione con Ha-shem comporta una ricompensa anche nel mondo presente. Il padrone, secondo il Talmud, deve trattare lo schiavo come sè stesso, secondo il principio “chi compra uno schiavo, compra un padrone”; il pagamento a favore dello schiavo diventa quindi fondamentale. Il datore di lavoro ha un obbligo di nutrire e mantenere il proprio lavoratore, garantendo pertanto il pagamento di quanto dovuto. Anche il socio infine deve essere pagato in funzione del rapporto che ha con il suo partner.
5. Il Maimonide spiega che ogni forma di sostentamento (ricompensa) deve rappresentare uno strumento per compiere ancora più pienamente le mitzvot. Il Rebbe conferma ciò analizzando come il punto di vista giuridico del Talmud stabilisca da un lato il diritto a chiedere la parnassà ad Ha-shem, dall’altro il dovere ad essere animati dalla volontà di fare di più per Lui, nel momento in cui si riceverà questa abbondanza materiale.
Riassunto.
Perché noi mangiamo in questa vita mentre lavoriamo? Il dovere della ricompensa allo schiavo, lavoratore e socio
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in memoria di mio nonno Shlomo ben Hana Bekhor
Chi volesse dedicare una lezione mp3 alla memoria o in onore di un lieto evento, può contattarmi shlomo@mamash.it
Rav Shlomo Bekhor
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