VAETKHANAN 5783: COME EDUCARE I FIGLI CON SUCCESSO!

27 Luglio 2023 1 Di HaiimRottas

B’H’ Questo Shabbat 11 AV 5783

29 Luglio 2023

leggeremo la Parashà di VAETKHANAN

Deuteronomio 3: 23 – 7: 11

HAFTARÀ

Italiani: Isaia 40, 1-16

Milano/Torino/Sefarditi/Ashkenaziti: Isaia 40, 1-26

Shabbàt Nachamù.

Così come nel tuo cuore c’è un solo Dio, così anche nel nostro cuore c’è un solo Dio!

Un episodio riportato nel Talmud riguardante uno scambio tra Yakov e i suoi figli ci da un grande insegnamento sull’educazione.

Così come nel tuo cuore c’è un solo Dio, così anche nel nostro cuore c’è un solo Dio!
Un episodio riportato nel Talmud riguardante uno scambio tra Yakov e i suoi figli ci da un grande insegnamento sull’educazione.

Alcuni Punti della Lezione:

1. Perché lo “Shema Israel” ordina di insegnare ai figli, proprio in mezzo alla descrizione di come si deve studiare la Torà?

2. Qual è la differenza tra veshinantam e ulmadtem, che vogliono dire entrambi insegnamento, ma nel primo brano dello Shema si usa il primo e nel secondo l’altro.

3. Perché la Torà ci comanda di insegnare solo ai nostri figli e non a tutti?

4. Perché il Maimonide ripete due volte la stessa regola che lo studio dei bambini non si può interrompere neanche per la costruzione del Santuario?

Riassunto.

Così come nel tuo cuore c’è un solo Dio, così anche nel nostro cuore c’è un solo Dio!” Un episodio riportato nel Talmud riguardante uno scambio tra Yakov e i suoi figli ci da un grande insegnamento sull’educazione.

 

Link per ascoltare la lezione (o effettuare il download):

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Questo Shabbàt 13 Agosto 2022, 16 del mese di AV 5782 leggeremo la Parashà di Vaetkhanàn

Deuteronomio 3: 23 – 7: 11

HAFTARÀ

Italiani: Isaia 40, 1-16

Milano/Torino/Sefarditi/Ashkenaziti: Isaia 40, 1-26

Shabbàt Nachamù.

La preghiera più conosciuta nell’ebraismo deriva proprio dalla parashà di Vaetkhanàn: “Shemà Israèl Ha-shem Elokènu Ha-shem Ekhàd”, “Ascolta O Israele Ha-shem è tuo D-o Ha-shem è Uno”(Deuteronomio 4:6).
Il versetto seguente continua: “E amerai il Signore tuo D-o”, continua il verso, “con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutti i tuoi meod”.
Rashi, il più grande commentatore della Torà, interpreta così l’ultima frase – “con tutti i tuoi meod”- “con tutte le tue risorse”, ossia con tutti i tuoi soldi. È normale porci ora la seguente domanda: Se ci è appena stato comandato all’inizio del versetto di amare D-o con tutta la nostra anima – il che significa che dobbiamo essere sempre pronti a sacrificare la nostra vita a D-o – perché ci viene comandato anche di amarlo con tutti i nostri “soldi”? Se siamo pronti a dare la nostra vita per D-o, è inutile specificare che dobbiamo amarlo con tutti i nostri soldi?
Rashi spiega che ci sono individui che danno più valore ai loro soldi che alla loro vita. A queste persone si dice di amare D-o non solo con tutta l’anima MA ANCHE “con tutti i loro soldi”.

Prima di Tutto i Soldi!
Si racconta la storia di un comico americano molto conosciuto, Jack Benny, che usava scherzare, con disapprovazione, sulla sua parsimonia. Raccontò al suo pubblico che un giorno camminando per le strade di New York, tardi la notte, sentì all’improvviso un freddo e duro metallo puntato sulla sua schiena e una voce rauca dire: “I tuoi soldi o la tua vita…!” Poiché non rispose immediatamente, l’arma puntata sulla sua schiena fece più pressione sulla sua carne e la voce alle sue spalle si fece più minacciosa: “I tuoi soldi o la tua vita!!” Jack allora rispose: “Ci sto pensando, ci sto pensando…”.

Purtroppo esistono situazioni della nostra vita che dimostrano che ciò accade realmente. Non manca gente, da imprenditori in Iraq a umili agricoltori nello Zimbawe o commercianti in NIGERIA, che inseguono opportunità di lavoro che mettono in pericolo la loro vita in cambio del soprannominato “Vitello d’oro”.
Perciò la Torà insiste sul fatto che dobbiamo amare D-o con tutto il cuore, anima, vita e risorse; dobbiamo essere pronti a dedicare a D-o tutto ciò a cui diamo tanto valore e a cui teniamo di più, con amore.

Spesso ho parlato di questo argomento durante le cerimonie di “Pidyòn Habèn” (riscatto del primogenito), durante le quali si partecipa a uno strano dialogo tra il padre e il Cohèn.
Secondo la Legge della Torà, ogni primogenito appartiene a D-o oppure al Suo rappresentante designato, ossia il Cohèn. Quest’ultimo, perciò, pone la seguente domanda al padre del bambino: “Cosa preferisci darmi, tuo figlio primogenito o i cinque shèkel d’argento che sei obbligato a pagarmi per il suo riscatto?”.
È decisamente una domanda assurda: quale padre normale darebbe via suo figlio quando potrebbe tenerlo per la piccola somma di cinque monete d’argento? Nessuno aspetta con suspense la risposta del padre. In realtà è una questione molto seria. Il sacerdote, ministro di D-o, chiede al padre di questo bambino: per la vita futura di tuo figlio cosa sarà di primaria importanza? La sua vita o lo shèkel?
Il significato della domanda è:
Darai più importanza alla finanza o al tempo da dedicare alla famiglia? Crescerai questo figlio dando più enfasi alle cose materiali o alle cose più significanti della vita? Dopotutto questa è un’ottima domanda, sulla quale i genitori devono riflettere con calma prima di dare una risposta.

Perciò lo Shemà viene a ricordarci che qualsiasi siano i desideri del nostro cuore, essi devono essere diretti a D-o e al Suo servizio. Anche per coloro che non amano risparmiare troppo, i soldi sono uno sfogo. In realtà essere ebrei, quindi vivere come ebrei, non ha “un basso costo”. Acquistare carne kasher, mandare i figli a studiare in una scuola ebraica… certamente richiedono da noi un impegno finanziario. Se ci impegnassimo però con amore e non ci lamentassimo dell’alto prezzo di essere ebrei, solo così adempiremmo alla mitzvà di amare Ha-shem con tutti i nostri “meod”, i nostri soldi e le nostre risorse.
Ricordiamoci che in ogni generazione c’è il “Vitello d’Oro” che prova a farci cadere nella sua trappola.

Ci auguriamo allora che tutti noi potremo dedicare le nostre risorse a D-o con amore! Amèn.

15 di AV GIORNO PIU’ FELICE DELL’ANNO

Oggi, venerdì 12 Agosto secondo il calendario ebraico è Tu Beav il giorno più felice dell’anno, ma in realtà il suo vero nome è Khamesh Esre Beav. Alcuni lo soprannominano erroneamente il “S. Valentino Ebraico”, perché questo era il giorno in cui le ragazze uscivano e ballavano nei campi e i ragazzi venivano a scegliere la loro anima gemella.
Ci sono tante spiegazioni del perché questo giorno sia così speciale, solo il Talmud da 8 ragioni, e anche nella mistica e nella chassidut troviamo un mondo intero di approfondimenti spaziali sull’argomento.

La Torà afferma «Non c’era festa più grande in Israele del 15 di Av e Yom Kippur». Il Talmud riporta diverse ragioni sul perché è una festa superiore alle altre. Ecco 5 di esse che spiegano il significato di questo giorno:
1) il giorno in cui le tribù ottennero il permesso di riunirsi e la tribù di Beniamino ottenne il permesso di entrare a far parte della comunità di Israel.
2) il giorno in cui la generazione del deserto cessò di morire.
3) il giorno in cui Hoshea ben Elah rimosse le guardie che Yeravam ben Nevat aveva posto nelle strade in modo che Israele non potesse fare il suo pellegrinaggio (a Gerusalemme) nelle feste.
4) il giorno in cui fu concesso dì seppellire i morti, dopo Betar.
5) il giorno in cui terminarono di tagliare il legno per l’altare.

L’importante è gioire in questo giorno felice e portare fiori alla moglie, alla fidanzata o a un famigliare e compiere atti d’amore verso il prossimo.

Una buona azione vale più di mille parole.

Sotto i link delle lezioni.

Un caro Shabbat Shalom

Rav Shlomo Bekhor

In memoria del mio carissimo amico Rav Haim Moshe Mordechai ben Dovber Shaikevitz
e del mio maestro Rav Ghershon Mendel ben Haim Meir Garelik

 

La Fissione Atomica Spirituale

Moshè, quindi, incoraggia Israèl a rimanere fedele ad Hashèm in tutte le circostanze, anche se ciò significa affrontare l’opposizione di nazioni più numerose e potenti.

(כִּי אַתֶּם הַמְעַט מִכָּל הָעַמִּים: (דברים ז, ז

[Moshè disse a Israèl] «Perché siete il più piccolo di tutti i popoli». (7, 7)

Tra le nazioni del mondo, Israèl è quasi sempre stata una piccola minoranza. Questo ci potrebbe indurre a domandare in che modo ci si possa aspettare da noi, in quanto minoranza, la possibilità di realizzare la nostra missione divina. Anche se potessimo continuare a esistere, quale sarebbe il significato di questa esistenza? Come può una piccola minoranza influenzare la maggioranza? Inoltre, l’assimilazione e le guerre hanno contribuito a erodere Israèl, poi le esigenze della vita moderna ci lasciano con sempre meno tempo per le attività spirituali e sempre meno sensibili alla spiritualità. Alla luce di tutto ciò, la domanda su quale speranza dobbiamo fondare il compimento della nostra missione divina, diventa ancora più forte.
La risposta decisiva è stata scoperta solo nei tempi moderni. Come gli scienziati hanno imparato a liberare il potere dell’atomo, il mondo ha imparato che le dimensioni non sono sempre un sinonimo di potere. Ciò che importa è sapere come accedere all’energia latente attraverso la “piccolezza”. Una volta scoperta questa conoscenza, anche la più piccola particella di materia, può rilasciare una forza incredibile.
Il processo di base utilizzato per rilasciare l’energia atomica è la fissione nucleare, in cui l’atomo è scisso in componenti più piccoli. Come ebrei, questo ci insegna che la chiave per liberare il nostro potenziale infinito e latente è spezzando il nostro ego, permettendo così alla nostra essenza divina interiore di splendere. Quanto più padroneggiamo questa “tecnologia spirituale”, tanto meno abbiamo bisogno di essere intimiditi dall’essere una minoranza, apparentemente insignificante, o di avere solo un tempo e un’energia limitati da dedicare agli impegni di santità. Dentro di noi, infatti, c’è il potere di cambiare il mondo intero per il bene!

Tratto dal nuovo libro in stampa “Saggezza Quotidiana”.

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NEVER UNDERESTIMATE THE NEED OF OUR SOUL!!!

Quando mi alzo al mattino la visione del sole pieno di luce ed energia mi rammenta la luce che ricevo dalla personalità di mio padre sempre solare e positivo e carico di energia come il sole che sorge.
Purtroppo è arrivato il momento in cui il mio SOLE è tramontato. Ma anche se non riesco più a godere della luce del sole, poiché ora è oltre il mio orizzonte, tuttavia so che è ancora lì, perché è solo tramontato e domani ritornerà a illuminare il mondo come ha sempre fatto.
Come l’oscurità della notta brilla grazie alla luce della luna che riflette quella del sole, io ho avuto la grazia di ricevere grandi insegnamenti da mio padre, la cui luce continua a brillare anche nella mia “notte” tramite me.
D’altronde questo è anche il significato di questo esilio che è paragonato alla notte, che la luce del Santuario (sole) deve continuare a brillare dentro di noi e di conseguenza nel mondo intero proprio come la luna brilla di notte.
 
Come non vediamo il sole che illumina la luna quando è notte, anche io non riesco a vedere il mio Sole, ma so che è presente. Il sole può brillare nell’oscurità della notte attraverso la luna e questo è il riflesso della luce del sole che la luna riflette durante la notte, e vivendo tutti gli insegnamenti di mio padre e facendoli brillare, la sue luce riflette tramite me e continua a illuminare anche se non riesco a vedere il mio “sole”.
So che l’alba arriverà presto, anche se ancora è notte. So che domani il mio sole tornerà di nuovo a splendere come il giorno con Mashiach, quando torneranno tutte le anime nei loro corpi!
Speriamo che quel giorno sia imminente quando potremo cantare e ballare di nuovo con i nostri cari, ma per ora Papi ci mancherai tanto.
Tuttavia so che continuerai a riflettere la tua luce tramite noi come la luna, anche se meno di prima, ma so anche che è solo una situazione temporanea come la notte!
 

Questo Shabbat è lo Shabbàt della consolazione: il suo nome, Shabbàt Nakhamù, prende il nome della Haftarà che inizia con queste parole: “Consolate, consolate il mio popolo…”.

La doppia consolazione perché Hashem ci consola per il primo e il secondo Santuario che sono stati distrutti il 9 di Av.
Sappiamo che la consolazione può avvenire solo con l’avvento messianico come viene appunto descritto nella Haftarà che leggiamo Shabbat dove si parla della profezia della redenzione che accadrà molto presto come dice il verso nella Haftarà: VENIGLA KEVOD HASHEM VERAU KOL BASSAR YAKHDAV. E la gloria di Hashem sarà rivelata in tutto il mondo…
Speriamo presto di vedere la redenzione presto nei nostri giorni e che l’amore e la pace regneranno per sempre.
 

(dal discorso che ha fatto mio fratello Rav Avraham Bekhor)

Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.

 

Shabbat Shalom

Rav Shlomo Bekhor

Virtual Yeshiva
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DIO VUOLE L’IMPEGNO O IL RISULTATO?
Al giorno d’oggi siamo tutti, chi più chi meno, dominati di lavoro quasi “drogati”. Molti ebrei sono persino convinti di non poter rispettare la mitzvà dello Shabbàt, proprio per l’incapacità psicologica di staccarsi dall’ufficio e dal cellulare il venerdì pomeriggio, in particolare d’inverno quando il sole tramonta presto.
Questo rapporto morboso con il lavoro, a lungo andare , può rivelarsi dannoso per la salute, i rapporti familiari e molti altri aspetti della vita altrettanto importanti. Prendersi una vacanza una volta la settimana per dedicare più tempo alla famiglia alla propria anima e allo studio della Torà , non è solo un banale consiglio, ma la chiave per una vita sana e equilibrata. Non a caso la Torà (il nostro dottore e manuale di vita) ci prescrive la “ricetta magica” di dedicare un giorno a nutrire la nostra ANIMA per mantenerla in sana ed equilibrata con il CORPO: due soci che sono spesso in conflitto.
 
Nell’augurarti buone vacanze ti riporto un commento sulla parashà di questa settimana che spero renderà più piacevole la tua interruzione estiva dal lavoro.
 
“MALATI DI LAVORO: NO ALLO STACANOVISMO!”
 
Nella parashà di questa settimana Moshè ripropone al popolo ebraico i Dieci Comandamenti che hanno ascoltato sul Monte Sinày. Moshè dice al popolo ebraico che:
“Per sei giorni lavorerai e compirai tutte le tue attività, ma il settimo giorno è Shabbat per l’Eterno, il tuo Signore…” ( Devarìm, 5, 13 – 14)
Hashèm comandò che oltre al riposo ebraico del settimo giorno, gli ebrei dovevano anche portare a compimento tutti i loro lavori dei sei giorni precedenti.
Quello di riposare il settimo giorno è un concetto che possiamo certamente comprendere, ma non c’è una persona tra noi che senta di aver sinceramente completato il proprio lavoro quando arriva il venerdì pomeriggio. Tutti lasciamo l’ufficio con le nostre caselle di posta che straripano, con innumerevoli e-mail che necessitano ancora di ricevere una risposta e diversi progetti in arretrato, rispetto alla tabella di marcia che ci SIAMO IMPOSTI NOI . Abbiamo anche una lista di cose da fare subito dopo il nostro giorno di riposo comandato.
Poiché HaShèm ci ha programmati per essere sempre attivi e produttivi, allora come è possibile comprendere il comandamento di completare tutto il nostro lavoro entro la fine della settimana?
La risposta potrebbe essere uno dei concetti più liberatori che sono mai stati presentati. Quando Hashèm ci comanda di portare a compimento tutte le nostre attività, dobbiamo comprendere che cosa significa la parola “attività”. La nostra attività è il nostro impegno, l’unica cosa che possiamo controllare, ma è Hashèm (e solo Lui) che controlla il risultato di questo sforzo. Così Hashèm ci chiede, nel settimo giorno, di completare il nostro IMPEGNO, NON il RISULTATO.
 
All’interno di questo concetto giace un messaggio cosi potente da cambiare le nostre vite: la quantità di cose che abbiamo da fare non finirà mai, quindi Hashèm ci dice che per sei giorni dobbiamo impegnarci al massimo per fare la differenza. Solo così il nostro “lavoro” può considerarsi concluso.
IL SETTIMO GIORNO, HASHÈM VUOLE CHE PRENDIAMO UN RESPIRO E SMETTIAMO DI COMPIERE UNO SFORZO DOPO L’ALTRO.
Quando si comprende questo concetto rivoluzionario, non ci si sentirà più sopraffatti, oppressi o stressati. Non saremo più ossessionati dalla montagna di lavoro che ci sta costantemente dinanzi.
A proposito, se uno si sente “fuori controllo” significa solo che sta trascorrendo troppo tempo assorbito dall’ansia di un risultato che non può né controllare né definire e che sta consumando la propria vita nel rancore.
Quando ci si focalizza solo sul proprio sforzo e non sul risultato, possiamo star certi di trovarci sulla strada felice di una vita equilibrata.
 
Ricordiamoci che possiamo solo fare la nostra parte per sei giorni impiegando lo sforzo adeguato, poi sediamoci per ricordarci chi ha davvero il controllo.
 
Comprendere e vivere questa realtà ci libererà dall’illusione che molti di noi chiamano “vita”, e ci permetterà di fare ingresso in quello che gli illuminati chiamano “paradiso” sia terreno che del mondo futuro.
 
NEVER UNDERESTIMATE THE NEED OF OUR SOUL!!!

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in memoria di mio nonno Shlomo ben Hana Bekhor

Chi volesse dedicare una lezione mp3 alla memoria o in onore di un lieto evento, può contattarmi shlomo@mamash.it

Rav Shlomo Bekhor