EKEV 5781: 3 LEZIONI
Questo Shabbàt 31 Luglio 2021, 22 del mese di AV 5781 leggeremo la Parashà di Ekèv Deuteronomio 7: 12 – 11: 25
HAFTARÀ
Isaia 49: 14 – 51: 3.
EKEV
Anche questa settimana proponiamo due brani, attinenti alla parashà settimanale, Èkev, estratti dal libro “Saggezza Quotidiana” basato sugli insegnamenti del Rebbe e dei maestri chassidici.
Come è noto il libro di Devarìm, il quinto e ultimo libro della Torà, è dedicato principalmente al discorso di commiato che Moshè declama ai membri del popolo di Israèl, poco prima della sua morte e del loro ingresso nella terra di Israele. Discorso che contiene preziosi insegnamenti di vita, anche per noi oggi.
I due brani scelti sono intimamente collegati, poiché spiegano come riuscire ad arrivare a “Imitare Hashèm”, almeno in uno dei sui principali attributi, quello della misericordia.
Il primo passaggio è di cercare di amare Hashèm in almeno uno dei due possibili modi descritti; il secondo passaggio ci porta inevitabilmente a cercare di essere come Lui, ossia misericordiosi oltre i limiti della logica di questo mondo. In fondo non chiediamo spesso e volentieri ad Hashèm di fare questo nelle nostre vite? “Dio ti prego vorrei questo miracolo…” oppure: “Ti prego non merito…” ecc..
In sintesi se riusciamo ad “Amare Hashèm” inevitabilmente e, oseremmo dire, obbligatoriamente, non potremmo fare altro che cercare di comportarci come Lui. Quindi, cosa aspettiamo? Diamoci da fare e miglioriamo le nostre vite e quelle altrui cercando di “risplendere” con la luce della misericordia.
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FALSA FELICITA!
“E ti fece provare la fame e ti dette da mangiare la manna” (Deut. 8, 3)
Leggiamo questa settimana la parashà di Ekev, dove Israèl durante la sua permanenza nel deserto si cibò della manna, come è detto: “E ti fece provare la fame e ti dette da mangiare la manna”. La manna era un cibo molto particolare, molto più spirituale e diverso dal cibo che conosciamo.
A differenza del pane che viene dalla terra la manna era di origine celeste ed era bianca ed era dolce come il miele (Es. 16, 31), non aveva scarti perciò viene paragonata alla Torà che è una saggezza totalmente spirituale e senza scarti. Invece la saggezza e l’intelligenza che provengono dall’uomo sono paragonate al pane, poiché non sono totalmente spirituali e hanno degli “scarti”.
Così come il pane viene ingerito nel corpo e diventa parte integrante di esso, una cosa unica, in modo analogo ciò accade con il “pane spirituale”, la Saggezza Divina: le parole di Torà entrano nella mente e la Saggezza diventa una cosa unica con chi la studia.
Il pane che viene dalla terra ha un solo gusto, il gusto del pane ed esso produce anche uno scarto che viene eliminato dal corpo al termine della digestione. Così è la saggezza generata dagli uomini. Per via dei limiti umani non tutto è evidenza e verità, quindi ci sono degli “scarti”. Inoltre più si acquisiscono nozioni e concetti, invece di diventare più umili e capire quanto siamo piccoli e limitati, si rischia di provare ORGOGLIO per la conoscenza acquisita: uno scarto non voluto e potenzialmente nocivo.
Invece, la manna, il pane dal cielo, ha molti gusti. Qualsiasi gusto che si desidera provare è contenuto in essa. Non ha uno scarto, poiché la manna viene totalmente assorbita dal corpo in quanto essendo un cibo divino non ha avanzi. Questa è l’infinita Saggezza Divina, contenuta nella Torà, che non ha i limiti della saggezza umana.
Una persona che studia Torà sente quanto la sua conoscenza è limitata e quanto ancora ha da imparare per crescere. Infatti, lo si studia la Torà porta a volerla studiare sempre di più, secondo quanto è scritto nella nostra parashà: “…e ti fece provare la fame e ti dette da mangiare la manna…”. Mangiare la manna risveglia la “fame” in colui che la mangia, egli vuole studiare di più, capire di più e imparare senza fine come quando si “assapora l’infinito” che non sazia mai. Perciò lo studio della Torà non provoca orgoglio in colui che ci si applica, anche se ha studiato a lungo. Al contrario, più si studia e più ci si rende conto della grandezza della Torà poiché è la Saggezza Divina che non ha limiti. Questo porta ad annullarsi in modo opposto alla saggezza degli uomini che invece conferisce un senso di “pienezza”.
Consigli del “Finto Amico”
Lo yètzer harà (inclinazione al male) è esperto nel suo lavoro: sa che non riuscirà a persuadere l’ebreo che la Torà non è importante, perché la Torà è cara a ogni ebreo. Allora lo yètzer harà comincia a sostenere il contrario: poiché la Torà ha un valore così alto, non ha senso approfondirla così tanto. Non finiremmo mai di studiarla e anche se ci impegnassimo tanto non riusciremmo mai a capirla completamente, poiché la Torà non ha limiti. È preferibile, dice lo yètzer harà, non approfondirla. Basta leggere un paragrafo al giorno o fissare una lezione settimanale!
Allora cosa consiglia lo yètzer harà? Esso ci stimola a immergerci nella vita materiale, dicendoci che poi potremo godere dei suoi successi.
Sforziamoci a non seguire questi stimoli, perché ci allontaneremo completamente dalla via della Torà. Dice il Talmùd che all’inizio lo yètzer harà si presenta solo come un “passante”, poi come un “amico” e alla fine diventa il padrone di casa e comincia a dirigere tutte le nostre azioni.
In conclusione lo yètzer harà vuole che sia la materialità a provocare piacere all’uomo, ma la verità è opposta: l’essenza dell’ebreo è lo spirito, perciò solo studiando Torà egli può sentirsi completo.
Cosa accade quando pensa di aver raggiunto la felicità ma in realtà non l’ha raggiunta? Egli cerca di coprire e camuffare questa mancanza con sempre più materia sperando di riempire questo “vuoto”. In realtà sta vivendo una vita illusoria e l’agognata felicità gli sfuggirà sempre.
Cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del corpo e quelle dell’anima nutrendo entrambe con il cibo a loro più consono. Solo in questo modo troveremo la giusta armonia e avremo una vita felice e serena.
Shabbat Shalom Buone vacanze e buon riposo fisico e dello spirito
Rav Shlomo Bekhor
La sensitività verso i sentimenti altrui non è un concetto discrezionale secondo la Torà.
Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.
Un caloroso Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor
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SANTITA: VALORE ASSOLUTO O DINAMICO?
Una discussione tra rabbi Yonatan un Samaritano e l’asinaio di rabbi Yonatan ci fa capire le divergenze di visioni del mondo!
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FALSA FELICITA’!
Gli ebrei Durante la loro permanenza nel deserto si cibarono della manna, come è detto: “… e ti fece provare la fame e ti dette da mangiare la manna”. La manna è un cibo molto particolare diverso dal cibo che conosciamo. Molto più spirituale del nostro cibo. Infatti era celeste, a differenza del pane che viene dalla terra.
Non a caso la manna viene paragonata alla Torà.
La saggezza e la mente sono paragonate al pane. Questo viene ingerito nel corpo e diventa parte di esso. In questo modo il pane diventa una cosa unica con l’interiorità del corpo. Lo stesso succede con il “pane spirituale”, la saggezza: le parole di Torà che l’ebreo impara entrano nella sua mente e diventano parte di esso. Così la saggezza diventa una cosa unica con chi la studia.
Il pane che viene dalla terra ha un solo gusto, il gusto del pane. Ma esso ha anche uno scarto che viene eliminato dal corpo al termine della digestione. Così è la saggezza umana. Gli studi che vengono dall’esterno (non di Torà) sono limitati. L’ebreo impara, capisce e prova piacere in questo. Egli sente di riuscire per tutto il tempo in cui progredisce nello studio. E nel momento in cui conclude tutto l’argomento e lo domina, comincia a provare orgoglio per la conoscenza che ha acquisito. Anche in questi studi c’è uno scarto non voluto e forse anche nocivo.
La manna, il pane celeste, ha molti gusti. Qualsiasi gusto che si desidera provare è contenuto in essa. Non ha uno scarto, è tutto manna. Questa è la Saggezza Divina, che è contenuta nella nostra Torà. La Torà non è limitata. Una persona che studia Torà sente quanto la sua conoscenza è limitata e quanto ancora ha da imparare per crescere. Quando si studia Torà si vuole studiare ancora di più, secondo quanto è scritto nella parashà: “…e ti fece provare la fame e ti dette da mangiare la manna…” Mangiare la manna risveglia la “fame” in colui che la mangia, egli vuole studiare di più, capire di più e imparare senza fine. Ma lo studio della Torà non provoca orgoglio in colui che la studia, anche se ha studiato tanto. Al contrario, più studia maggiore è la sua conoscenza della grandezza della Torà, e poiché la Saggezza Divina non ha limiti egli si annulla completamente.
Lo yétzer harà (inclinazione al male) è esperto nel suo lavoro: sa che non riuscirà a persuadere l’ebreo che la Torà non è importante, perché la Torà è cara a ogni ebreo. Allora lo yétzer harà comincia a sostenere il contrario: poiché la Torà ha un valore così alto, non ha senso approfondirla così tanto. Non finiremmo mai di studiarla e anche se ci impegnassimo tanto non riusciremmo mai a capirla completamente, poiché la Torà non ha limiti. É preferibile, dice lo yétzer harà, non approfondirla. Basta leggere un paragrafo al giorno o fissare una lezione settimanale!
Allora cosa consiglia lo yétzer harà? Esso ci stimola a immergerci nella vita materiale, dicendoci che poi potremo godere dei risultati.
Sforziamoci a non seguire questi stimoli, perché ci allontaneremo completamente dalla via della Torà. Dice il Talmùd che all’inizio lo yétzer harà è solo un “passante” nei nostri dintorni, poi entra in noi come “ospite” e alla fine diventa il padrone di casa e comincia a dirigere tutte le nostre azioni.
In conclusione lo yétzer harà vuole che sia la materialità a provocare piacere all’uomo, ma la natura dell’ebreo è opposta: l’essenza dell’ebreo è lo spirito, perciò solo studiando Torà egli può sentirsi completo.
Quando uno pensa di aver raggiunto la felicità ma in realtà non la raggiunta e cerca di coprire e camuffare questa mancanza con sempre più materia sperando di risolvere questo “vuoto”, in realtà vive in un illusione e non sarà mai veramente felice.
Cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del corpo e dell’anima accontentadole entrambi ognuna con il SUO cibo e sicuramente troveremo il giusto equilibrio e avremo una vita felice e serena.
EKEV 5770 – SANTITA: VALORE ASSOLUTO O DINAMICO?
Una discussione tra rabbi Yonatan un Samaritano e l’asinaio di rabbi Yonatan ci fa capire le divergenze di visioni del mondo!