NOAKH 5784: 8 LEZIONI

18 Ottobre 2023 0 Di HaiimRottas

Questo Shabbàt 21 Ottobre 2023, 6 Cheshvan 5784 leggeremo la Parashà di NOAKH  Gen. 6,9-11,32.

HAFTARÀ
Sefarditi: Is. 54: 1 – 54: 10
Ashkenziti: Is. 54: 1 – 55: 5

Diluvio” d’Amore 

In attesa del diluvio Noè carica gli animali sull’arca; la iena, la giraffa, il rinoceronte, il cane, l’orso… Arriva anche la pulce ma Noè la rifiuta: “tu sei un animale nocivo, non ti posso far salire”. La pulce pensa ad uno stratagemma per salire sull’arca e aspetta che arrivi l’elefante e zac gli salta sulla schiena! L’elefante si ferma, si gira e dice: “ehi… non cominciamo a spingere!”. La porzione della Torà di questa settimana Nòakh-Noè, racconta uno degli episodi più eclatanti della storia del mondo: il Diluvio Universale. Oltre al semplice significato della narrazione, questa storia può anche essere interpretata come un’allegoria mistica che trasmette un potente messaggio di speranza e incoraggiamento per chi vede minacciata la propria spiritualità dalla “perenne lotta” per guadagnarsi da vivere. È scritto (Cantico dei Cantici 8, 7), “L’acqua abbondante non estinguerà l’amore e i fiumi non lo sommergeranno; se una persona dovesse donare tutta la ricchezza della sua casa pur di avere amore”. La frase “L’acqua abbondante” è un riferimento alle Acque di Noè, mentre l’amore inestinguibile è l’amore innato dell’anima per Dio. Questo amore dell’anima che anela ad Hashèm è descritto, sempre nel Cantico di Re Salomone (8, 6), come: “… scintille di fuoco, una fiamma ardente”. Proprio come una fiamma, la natura stessa di un’anima è quella di salire costantemente verso l’alto per riunirsi con la sua Fonte Celeste. Interpretato in questo modo il versetto ci dice, tra l’altro, come tutte le acque del Diluvio Universale sarebbero incapaci di estinguere la fiamma dell’amore per Hashèm che l’uomo ha nella sua natura. Questo è più che un linguaggio particolarmente “fiorito”. Infatti, “l’acqua abbondante” del Diluvio simboleggia tutte le lotte e le preoccupazioni che una persona affronta quotidianamente per guadagnarsi da vivere in questo mondo. Problemi che possono davvero sembrare travolgenti e che, come sa bene chi lavora per vivere, a volte possono farci sentire come delle persone che stanno “annegando”. In particolare, c’è il pericolo che la preoccupazione per il proprio sostentamento possano far perdere di vista ciò che è veramente importante nella vita: la sincera adorazione di Dio e lo sforzo di unirsi a Lui. Eppure, l’anima ha origine dal Cielo, per così dire, dove, senza le distrazioni di questo mondo fisico, si crogiolava piacevolmente nella radiosità della Presenza Divina, poiché era totalmente unita all’Infinito stesso. Alla luce di ciò, ci si potrebbe chiedere perché l’anima debba vivere in questo “triste regno”, non sarebbe stato meglio rimanere dov’era?                                            Pure… Difficoltà 

La risposta è che, allo stesso modo di una persona che riesce a rivelare i suoi punti di forza latenti solo di fronte alle avversità, Hashèm manda l’anima in questo mondo materiale al fine di superare le sfide qui poste e riuscire a evolversi spiritualmente in un modo molto più grande di quanto sarebbe stato altrimenti possibile. In questo contesto, il versetto del Cantico dei Cantici ci rassicura sul fatto che abbiamo una vera “possibilità di combattere” e vincere: neppure tutte le acque alluvionali (le preoccupazioni materiali), apparentemente invincibili, di questo mondo possono estinguere l’amore ardente che l’anima possedeva prima di essere immersa in questa esistenza terrena. E soprattutto è proprio attraverso il “crogiolo” della vita mondana che l’anima raggiunge un livello di spiritualità ancora più elevato. La ragione di ciò può essere compresa alla luce del fatto che il vero scopo del Diluvio Universale era la purificazione ed elevazione del mondo, come è scritto (Ezechiele 36, 25): “E io [Dio] spruzzerò su di voi acque pure e sarete purificati; da tutte le tue contaminazioni…”. In questo senso, le acque alluvionali erano simili a una mikvè (bagno rituale) che, secondo la legge ebraica, purifica lo spirito e il corpo. Una mikvè deve contenere 40 seà (un’unità di volume) di acqua, e questa è la ragione simbolica per cui le piogge dell’inondazione sono cadute per 40 giorni e 40 notti. Pertanto, l’espressione “Acque di Noè” non si riferisce alla distruzione del mondo ma, al contrario, alla sua purificazione e rinnovamento. Ora, l’onere di guadagnarsi da vivere può anche essere indicato come le “Acque di Noè”, proprio perché una persona di questo mondo che lavora tutto il giorno ed è assillata da molteplici preoccupazioni, può elevare la sua anima a un livello molto più alto, rispetto al livello in cui si trovava in origine. Le preghiere ebraiche sono state composte, nella loro forma attuale, dai saggi della Grande Assemblea, essi sono stati divinamente ispirati a formulare queste preghiere per suscitare l’amore e il timore di Dio in ogni fedele. Quando una persona completamente immersa nelle preoccupazioni materiali si siede per pregare, dovrebbe riflettere a lungo sul modo in cui Dio rinnova costantemente la totalità della Creazione dal nulla assoluto. 

Se Anche un Filo D’erba… 

In particolare, come insegnano i nostri saggi, nemmeno un singolo filo d’erba cresce in questo mondo fisico senza essere influenzato da una forza spirituale conosciuta come mazàl. Esso è ovviamente parte della forza creativa di Dio nel mondo, per dirla semplicemente, non è fattibile per un filo d’erba, per esempio, ricevere il suo “nutrimento” spirituale, la Divina forza vitale che lo porta in essere e crescere, direttamente da Dio stesso. Hashèm è troppo “grande e potente”, per così dire, per il filo d’erba. Dio, in questo esempio, è paragonato a un re che attua la sua volontà facendo conoscere i suoi desideri ai ministri del governo competenti. Queste figure sono potenti funzionari con ampie responsabilità e, a loro volta, trasmettono istruzioni ai subordinati con un contatto più diretto e attivo con la faccenda in questione. Forse, anche questi trasmettono istruzioni ancora più dettagliate ai lavoratori di livello inferiore e così via… Quel filo d’erba non è il “progetto personale del giardiniere”, anch’esso, infatti, ha un posto – per quanto piccolo – nel piano generale del Re. Pertanto, il filo d’erba non deve il suo sostentamento al giardiniere, né ai livelli sempre più alti dei funzionari che traducono semplicemente la volontà del Re in istruzioni dettagliate, ma al Re stesso! E anche così, chi può dire che cosa ha motivato il Re a emettere il suo comando per abbellire il regno? A meno che non conosciamo personalmente il Re, non possiamo sapere come e perché ordini quella cosa, piuttosto che un’altra. Vale veramente la pena solo di conoscere personalmente il Re, ma l’umile filo d’erba non ha alcun legame con Lui, nonostante riceva sostentamento dal suo comando. Una persona che lavora, invece, a differenza di un filo d’erba, ha l’opportunità di orientare i propri pensieri in questo senso durante la preghiera e riflettere su come anche un singolo filo d’erba (per non parlare di se stesso) riceva il suo sostentamento nella direzione data dall’esercizio della sovranità di Dio in questo mondo. Dopo aver riflettuto su tutto quanto sopra, con profonda concentrazione, la propria anima si risveglierà con amore e desiderio per Dio stesso. Un amore che brucia “come carboni ardenti” e con il desiderio di lasciare l’oscurità e l’occultamento di questo mondo fisico che impedisce all’anima di attaccarsi alla Essenza di Hashèm, di “conoscere il Re personalmente”, per così dire, e di non essere unita a nient’altro che a Dio stesso. Questo è l’atteggiamento alluso dal Salmo (73, 25): “Chi ho nei cieli [altro che te, o Dio], e all’infuori di te non desidero [nulla] sulla terra”. Questa riflessione dovrebbe farci giungere al tipo di amore espresso nella preghiera dello Shemà: “E tu amerai Hashèm, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua forza”. Pertanto, quando una persona è immersa nelle travolgenti acque alluvionali delle preoccupazioni mondane e nella lotta per guadagnarsi da vivere, allora tutta quell’acqua farà sì che ami Dio nella misura descritta come “con tutte le tue forze”, come spiegato in precedenza. Quindi, da questo possiamo comprendere come non solo l’anima divina è elevata grazie alle preoccupazioni materiali, ma anche la nostra parte animale sarà innalzata e rettificata fino al punto che anch’essa potrà essere messe al servizio di Hashèm. 

Desiderio Divino 

Il vantaggio ottenuto dall’affrontare con successo le tentazioni di questo mondo fisico è spiegato in un famoso detto delle Massime dei Padri (Avòt 4:17): “Un momento di teshuvà (pentimento) e buone azioni in questo mondo è superiore all’intera vita del mondo a venire”. Nel mondo a venire, ovviamente, non c’è lotta con le cose materiali. Ora possiamo anche apprezzare il motivo per cui le “molte acque” del versetto “non sarebbero in grado di estinguere l’amore…”. Le acque che simboleggiano le preoccupazioni economiche sono chiamate “acque di Nòakh”. Quando una persona “resta a galla” spiritualmente, per così dire, e non solo si rifiuta di “affondare”, ma addirittura riesce a elevarsi al di sopra delle sfide mondane ed economiche e quelle stesse sfide lo stimoleranno verso un desiderio insaziabile per nient’altro che Dio stesso. Allora saranno gli stessi “diluvi”, scaturiti dalla lotta alla materialità, che lo innalzano e lo portano a un livello più alto. Questo è simile al modo in cui una nave – un’arca – galleggia sempre sopra la superficie delle acque, poiché è portata dalle acque fino alle altezze della loro ascesa. Tutto questo è magnificamente espresso nel fatto che la parola ebraica per arca-tevà, significa anche “parola”. Come spiegato sopra, è attraverso la concentrazione sulle parole delle preghiere e l’interiorizzazione del loro messaggio che il nostro sostentamento è incanalato attraverso vari “intermediari” spirituali, ma questo è assolutamente insignificante rispetto al livello che possiamo raggiungere con i nostri sforzi e la nostra preghiera di fronte alle avversità della vita, ossia a Dio stesso. Ciò è possibile solo quando riusciamo a elevarci al disopra delle acque alluvionali di preoccupazioni economiche, “emergendo sopra le acque”. Ecco perché, sulla soglia dell’inondazione del mondo con il potente diluvio, Dio consigliò a Noè (Genesi 7, 1): “Tu e tutta la tua famiglia dovreste entrare nell’arca [tevà]”. Ossia Hashèm gli dice: di fronte al diluvio di preoccupazioni per il proprio sostentamento, si dovrebbe entrare nella propria tevà, le parole di preghiera, che hanno la capacità di tenerne a galla, e ancora di più – di sollevarci sopra le acque travolgenti del diluvio. 

Luce dalle Tenebre 

Questo è di grande conforto per coloro che lavorano gran parte del loro tempo. Spesso queste persone commettono l’errore di supporre che le loro preghiere non possano raggiungere lo stesso livello di purezza spirituale di quelle di studiosi e rabbini che trascorrono le loro giornate in attività spirituali. Tuttavia, è vero il contrario: sono proprio le preghiere del lavoratore o della lavoratrice che creano quella luce che brilla dalle tenebre e sono lo scopo principale per cui Dio ha creato il mondo! Ora, il tempo dopo l’arrivo di Mashìakh (Messia) è noto come “un tempo che è un eterno Shabbàt, Riposo. Ossia un tempo ove il livello di amore per Dio supererà anche il livello, raggiunto attraverso la preghiera, di “con tutte le tue forze” discusso sopra. A questo livello di amore fa riferimento il versetto nel cantico (Shir HaShirìm 2, 6), “e la sua destra mi abbraccia”. Nell’era messianica, infatti non sarà più necessario lottare per guadagnarsi da vivere, per raggiungere questo livello di amore di Hashèm, poiché lo avremo già, senza faticare, ma anche senza merito di averlo raggiunto. Questo è ciò che intende il versetto della Genesi “… che io [Dio] ho giurato di non portare di nuovo le Acque di Noè sulla terra”. Ossia poiché tutti Lo ameremo fortemente e palesemente non serviranno più le difficoltà (acque del diluvio) per elevarci. Con l’augurio di arrivare all’era dorata dove l’amore per Hashèm sarà comune a tutti senza faticare (ma grazie alla fatica di oggi), perché la luce infinita sarà rivelata e diffusa così come l’acqua copre il mare, presto nei nostri giorni. Un caro Shabbat Shalom     Rav Shlomo Bekhor

IL CORVO PARANOICO
Quando si è confusi si pensa che tutti sono contro di noi!*Nella parashà di Nòakh (8, 7) è scritto “ha mandato il corvo”. Dopo il diluvio universale Nòakh manda il corvo per controllare se riesce a trovare qualcosa dalla terra asciutta per constatare che le acque si sono prosciugate. Ma il corvo torna subito indietro “esce ed entra” dall’arca senza allontanarsi. Nella Torà orale troviamo la spiegazione di questo ritorno immediato. Il midràsh afferma che il corvo ha sospettato che Nòakh volesse prendergli la sua compagna, la “corva”, e perciò non si è fidato di allontanarsi.
Il corvo, infatti, lo accusa dicendogli “Hai bisogno di mia moglie?”
Gli replica Nòakh: “malvagio! Se non mi sono accoppiato con mia moglie durante tutto il periodo del diluvio dentro all’arca, come puoi pensare che mi voglio accoppiare con la tua ‘corva’?”.
Infatti, durante periodi di calamità è vietato esimersi dal dolore degli altri e bisogna partecipare alla sofferenza astenendosi da rapporti coniugali. Durante il diluvio tutti gli animali, compresi gli esseri umani, erano separati in maschi e femmine. Tuttavia, solo tre creature trasgrediscono questo ordine divino e una di loro era proprio il corvo.La cosa che fa riflettere è come possibile che il corvo si sia spinto così tanto fino ad accusare Nòakh di adulterio con la “corva”? Nòakh è un giusto che salva l’umanità che si chiude in una sorta di “grande scatola” senza finestre, assieme con tutti gli animali esistenti al mondo per un anno intero. Come può il corvo cadere così in basso e accusare proprio Nòakh? Proprio lui, l’unico uomo che riceve il titolo di zadìk-giusto in tutta la Torà!
La spiegazione è che la Torà ci vuole insegnare che quando qualcuno è malato dentro ed è confuso diventa una persona contorta che può arrivare a pensare cose assurde come credere che tutti sono contro di lui o che vogliono prendergli tutto ciò che ha.I PROBLEMI NON SI RISOLVONO ACCUSANDO GLI ALTRI, BENSÌ SOLO ATTRAVERSO UNA CRESCITA INTERIORE ED EQUILIBRIO MENTALE. NON BISOGNA MAI DIMENTICARE CHE TUTTO CIÒ CHE SUCCEDE FA PARTE DEL PIANO DIVINO.

VEDERE IL PROSSIMO, PER VEDERE SE STESSI!
Un Insegnamento Mistico sul Valore della Positività

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*NOAKH – PERCHE’ NOAKH NON ERA IL PRIMO EBREO?*
Dal nome di Gerusalemme, che è il simbolo dell’ebraismo, capiremo qual’è la giusta strada per servire Hashem
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NOAKH: PERCHE’ NOAKH NON ERA IL PRIMO EBREO?


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*NOAKH – DISCIPLINA O AMORE?*
Due importanti insegnamenti di vita ispirati dal comportamento di Noakh
che ha inviato prima il corvo e poi la colomba!
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NOAKH: DISCIPLINA O AMORE?


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*NOAKH – TZADDIK CON LA PELLICCIA*
Quando fa freddo si può riscaldare tutto l’ambiente come Avrahàm,
o ci si può limitare a coprirsi con una pelliccia.
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NOAKH: TZADDIK CON LA PELLICCIA


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*NOAKH – IL LEONE CHE MORDE NOAKH*
Chi non ha degli attributi negativi non riesce a vederli nel prossimo!
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NOAKH: IL LEONE CHE MORDE NOAKH


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*NOAKH: TZADDIK NELLA SUA GENERAZIONE!*
Quando fa freddo si può riscaldare tutto l’ambiente come Avrahàm,
o ci si può limitare a coprirsi con una pelliccia.
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NOAKH: TZADDIK NELLA SUA GENERAZIONE!


Per le altre lezioni:

NOAKH 5782: 8 LEZIONI


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*SCORPIONE: GELO DIVINO*
spaziale riflessione mistica sullo scorpione e su questo mese.
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*UNA LODE DA LONTANO, TI DA UNA GRANDE MANO!*
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Un Insegnamento Mistico sul Valore della Positività

Sulla base della visione filosofica del mondo del Baal Shem Tov, secondo cui ogni parola e pensiero hanno un effetto su di noi e quanto sia importante il pensiero filosofico/ etico/morale? , impariamo da questa parashà di Noakh un insegnamento di vita POTENTISSIMO.

Perché la Torà ripete due volte che i figli di Noakh non hanno visto le nudità del padre?
CHI VEDE DEL MALE E’ PERCHE’ HA DENTRO DI LUI IL MALE!!!

UNA LODE DA LONTANO, DÀ UNA GRANDE MANO!
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È scritto nella Cabalà che quando si parla male di qualcuno questo causa un danno, poiché si creano delle energie negative che “investono” sia chi parla sia la persona oggetto della maldicenza. Non a caso la forza principale del più grande profeta non ebreo – descritto più volte nella Torà come uno ”stregone”, Bil’àm – era sua capacità di parlare male. Capacità che lui, come un “mercenario”, metteva al servizio del re o del principe di turno che lo ingaggiava per maledire e annientare i suoi nemici.
Questo aneddoto dimostra come si può danneggiare seriamente una persona o un oggetto solo con una parola o uno sguardo negativo. Per difendersi da questo l’unica protezione è quella di “collegarsi” ad Hashèm. Quando Mosè salì per prendere la Torà in cielo, gli angeli non volendo perdere questo grande tesoro cercarono di attaccare Moshè. Allora Dio gli dice: “Tieniti attaccato al Trono Divino così nessuno potrà farti del male”.
Quando ci si “attacca” completamente ad Hashèm nessuno può farci del male! Il problema nasce dal fatto che è difficile essere totalmente attaccati a Dio. Per questo i saggi consigliano di evitare di mettersi in mostra e rimanere sempre umili, in modo da non essere sparlati o guardati negativamente.
Da questo impariamo che se parliamo bene di una persona (anche a sua insaputa) questo gli donerà tanta energia positiva e lo carica di forza produttiva.

La parashà di Noakh inizia con le parole: “Queste sono le generazioni di Noakh” e continua “Noakh era un uomo giusto e innocente nelle sue generazioni…”.
Molti commentatori della Torà si sono chiesti al riguardo: “Se la Torà vuole raccontare la storia di Noakh, perché si dilunga con complimenti e pregi affermando che lui è una persona giusta e speciale. La Torà è per caso un libro che riporta futili complimenti..?”
Per rispondere a questa domanda ci viene in soccorso l’opinione del grandissimo e forse più grande commentatore della Torà: Rashi, il quale spiega: “Quando viene citato il nome di un giusto allora viene lodato”. Ok, va bene.. ma cosa significa esattamente questa risposta? E poi, perché solo pochi versetti prima, nella porzione di Bereshit, quando la Torà ci racconta della nascita di Noakh non è scritto che era giusto e perché ne parla solo adesso?

SALVARE L’UMANITÀ, MISSION IMPOSSIBLE..?
In questa porzione settimanale della Torà impariamo come una sola persona ha una missione molto difficile, quasi impossibile: costruire un’ARCA, quasi tutta da solo; andare contro TUTTA la generazione di allora che era immorale e malvagia; non farsi condizionare dai loro comportamenti; cercare di salvare il mondo e contemporaneamente fare capire agli uomini, della sua generazione, che sbagliavano; e infine scappare nell’arca per dare continuità al mondo. Mission impossible.. verrebbe da dire.
Proprio adesso Noakh ha bisogno di una forza speciale per riuscire in questa difficile missione contro TUTTI, per questo la parashà, inizia con LODI che nessuno mai riceverà in tutta la Torà, poiché solo Noakh è chiamato ZADIK – GIUSTO.
In realtà troviamo che anche alla fine della prima porzione di Bereshit – Genesi che Noakh era ben voluto da Dio, ma lì non riceve i complimenti di questa settimana!!!
Questo perché nella porzione precedente ancora non stava combattendo contro tutta l’umanità e perciò non aveva bisogna della grande carica energetica positiva. Mentre quando inizia la sua missione per la SALVARE L’UMANITÀ SOLO CONTRO TUTTI qui la Torà gli da dona grandi complimenti, una carica straordinaria.

Ci sono tante storie di alunni problematici e poco diligenti che si sono trasformati in grandi maestri. Trasformazione causata solo grazie al fatto che il loro maestro o i loro genitori, hanno capito l’importanza dell’approccio positivo e gli hanno fatto sempre i complimenti per il “mezzo bicchiere pieno”, piuttosto che criticare il “mezzo bicchiere vuoto”.

Possiamo imparare da questo quanto sia importante parlare positivo al coniuge, ai figli e a tutta la società. Occorre dare forza al prossimo per aiutarlo a superare le tante missioni e prove difficili che la vita ci pone di fronte. Solo così saremo in grado di vincere le sfide che Dio ci mette davanti e completare il perfezionamento del mondo verso una completa redenzione che verrà presto nei nostri giorni, amen.

A pagina 128 del Volume Bereshìt (edizioni Mamash)

SCORPIONE: GELO MESSIANICO

Quando l’autunno è in pieno svolgimento, non vogliamo sentire freddo. Tuttavia anche il freddo può essere santo! Il mazàl (segno zodiacale) del nuovo mese ebraico di Kheshvàn (ottobre – novembre) è lo scorpione, noto per il suo freddo veleno. Anche se non adoriamo o crediamo nei segni astrologici, secondo la Cabalà, il mazàl riflette qualcosa dell’essenza del mese.

Lo scorpione non rappresenta solo freddezza negativa, ma anche un livello elevato di consapevolezza, una caratteristica messianica importante per la rettifica del mondo intero.

Il mese di Kheshvàn è iniziato e le vacanze sono oramai solo un piacevole ricordo. L’entusiasmo del mese di Tishrè (settembre – ottobre) ha già iniziato a sciogliersi (purtroppo). Fuori sta diventando un po’ freddo, come, forse, i nostri cuori. Il cielo è diventato nuvoloso, come il “riflesso” del nostro ritorno alla realtà mondana.

Potremmo pensare che in momenti come questi, il meglio che possiamo fare è aggrapparci ai dolci ricordi di Tishrè: cercare di stare al caldo della capanna, sotto l’ombra di Hashèm e “prendere in prestito” un po’ di calore dalla luce della prossima Khanukà.

Ma come sempre, la prospettiva della dimensione interiore della Torà ci rivela il lavoro positivo che possiamo fare anche con “i brividi….” del mese di Kheshvàn.

Serpenti e Scorpioni

Il mazàl del mese di Kheshvàn è lo scorpione velenoso. Nella Torà, lo scorpione appare generalmente assieme al serpente, nei versetti (Deuteronomio 8, 15) che descrivono il “grande e terrificante deserto” come il luogo di “serpenti, saràf e scorpioni …”. Anche Il pozzo in cui Giuseppe fu gettato dai suoi fratelli, viene descritto come vuoto, “senza acqua”. I nostri saggi aggiungono che mentre non c’era acqua nella fossa, c’erano certamente serpenti e scorpioni.

Qual è la differenza tra il serpente e lo scorpione? I nostri saggi insegnano che c’è una differenza tra i loro veleni. Il veleno del serpente è caldo, mentre quello dello scorpione è freddo: in ebraico, le lettere centrali della parola scorpione – akràv, sono kuf – resh, formano la parola kar – freddo.

Nell’anima dell’uomo, il veleno del serpente è espresso come calore negativo e dannoso – come “sangue caldo” e desiderio ardente di qualcosa.

All’opposto, il veleno dello scorpione è espresso come pericolosa freddezza e apatia verso qualsiasi cosa importante e santa che appassiona l’anima. Ora capiamo perché il freddo e il cielo coperto di Kheshvàn si adattano al mazàl dello scorpione. Affondare nella routine fredda, senza calore o entusiasmo è l’essenza stessa della puntura dello scorpione.

Cosa è più pericoloso? Il serpente o lo scorpione? A livello superficiale, potremmo pensare che il fuoco della lussuria sia più pericoloso dell’apatia e della freddezza per lo spirito. Dopo tutto, il fuoco della lussuria spinge le persone al peccato e al grave errore, mentre la freddezza semplicemente fa sì che le persone realizzino buone azioni, senza vitalità o energia. Quindi, nel peggiore dei casi, la freddezza non impedisce di compiere le buone azioni.

In verità, tuttavia, il freddo veleno è più pericoloso. Il calore è un segno di vita, mentre il freddo è tipico della morte. Una persona che brucia di desiderio per qualcosa o qualcuno di futile è davvero in una situazione pericolosa, ma perlomeno la sua vitalità è forte. Una persona che affondata nell’apatia e nella freddezza, invece rischia di spegnere la “scintilla della vita”.

Possiamo spiegarlo in un altro modo: secondo la legge ebraica, una persona in piedi nella preghiera assoluta della AMIDA, quando un serpente si avvolge attorno al suo tallone non dovrebbe fermare la sua preghiera. Ma se vede uno scorpione avanzare verso di lui, deve smettere di pregare e fuggire. Perché? Perché il serpente non morde senza essere provocato. Lo scorpione, d’altra parte, pungerà sempre. Applicato all’anima il desiderio ardente della inclinazione al male ha bisogno della complicità del suo “socio” il corpo. Perciò se una persona è legata alla santità – immerso nella preghiera – può facilmente ignorare la sua CALOROSA inclinazione al male. D’altra parte, il freddo che lo scorpione inietta nella persona filtra nella sua routine quotidiana, anche se apparentemente è innocuo, e dopo solo una battaglia quotidiana può salvarci da esso.

Calore Santo e Freddo Positivo

Chiaramente, proprio come ci sono serpenti e scorpioni negativi e dannosi, possiamo anche trovare la santità in essi. Dove vi è calore e la lussuria dell’inclinazione malvagia, vi è, potenzialmente, anche calore santo ed entusiasmo: un cuore caldo e premuroso, si entusiasma facilmente per tutto ciò che ha a che fare con la santità; il fuoco sacro della preghiera, l’apprendimento della Torà o l’adempimento delle mitzvòt. Di contro, esiste un’apatia positiva o una freddezza santa?

Nel Pirkè Avòt (Massime dei padri), le parole e gli insegnamenti dei maestri della Torà, sono paragonate al “pungiglione dello scorpione…”. Quando uno studioso della Torà è costretto a essere critico e assertivo per scopi educativi, il suo “pungiglione”, le sue parole, non sono frutto di un temperamento focoso e NON posato. Invece, egli è capace di agire con il pensiero chiaro, freddo che gli consente di comportarsi in modo lucido e corretto.

Ad un livello più profondo, proprio come abbiamo bisogno di entusiasmo ed energia per il positivo, abbiamo bisogno di freddezza e apatia per le vertiginose tentazioni di questo mondo. Persino la disperazione può essere una caratteristica positiva, quando è incanalata nella giusta direzione. Una persona abituata a relazioni superficiali e fugaci, può davvero investire le sue energie in una relazione stabile e profonda? Anche qui sembra che in superficie sia preferibile il calore e l’entusiasmo. Ma l’approccio interiore rivela che finché non ci siamo calmati dal nostro desiderio di soluzioni facili e superficiali, la nostra ansia per la santità può anche essere mescolata con molta immaginazione e superficialità.

Scorpione Messianico

Al di là del serpente positivo e dello scorpione nell’anima, queste creature annunciano anche un messaggio di redenzione per tutti. La Cabalà insegna che il valore numerico di נחש – nakhàsh / serpente è uguale al valore numerico di משיח – Mashiàkh / Messia: 358.

Nella Torà Yishay è il padre del re David (il padre di Mashiàkh), e dall’altro canto Mashiakh che è il figlio di David – è chiamato nakhàsh / serpente.

Però anche lo scorpione ha un’energia messianica. A questo allude un’espressione nel Talmùd (Sanhedrìn 97a), “tre cose arrivano senza preavviso: ritrovare qualcosa di smarrito, il morso di uno scorpione e l’arrivo di Mashiàkh”.

Il Talmud mette in correlazione il Mashiàkh con lo scorpione, dicendo che entrambi hanno lo stesso DNA, ovvero una dimensione irrazionale. Non a caso il valore numerico di עקרב – akràv / scorpione 372 è uguale a Mashiàkh – 358 + David – 14 ovvero il Mashiàkh che discende da David. E anche Ben 52 + Yishay 320 / figlio di Yishay, poiché Mashiàkh discende da Yishay.

Per cui sia il serpente, sia lo scorpione sono intensamente legati alla dimensione messianica della rettificazione totale: TIKUN OLAM.

Qual è la relazione tra il serpente – Mashiàkh e lo scorpione – Mashiàkh? Il potere del SERPENTE – Mashiàkh è di accendere i nostri cuori. Il potere dello SCORPIONE – Mashiàkh è di raffreddare le persone dal loro “sangue bollente”, dalle passioni e dalle distrazioni di questo mondo.

Ad un livello più profondo, questo riflette due diverse fasi di redenzione – o i suoi due obiettivi diversi. Il primo stadio / obiettivo è il livello Mashiàkh figlio di Giuseppe (serpente), mentre il secondo stadio è il livello del Mashiàkh, figlio di David (scorpione).

Il primo serpente – Mashiàkh si rivolge alla nazione di Israele, risveglia i loro cuori per servire Dio e li riscalda con entusiasmo per lottare per il destino messianico – il compimento di una vita piena di Torà, eliminare il male dal mondo e la costruzione del Santo Tempio di Gerusalemme. In seguito, lo scorpione – Mashiàkh si volgerà con freddo equilibrio verso le settanta nazioni del mondo per portarle vicino al servizio del Dio unico: עקרב – Akràv / scorpione, è anche un acronimo per ע-קרב ovvero קרב – karèv avvicina, ע – ayin / 70 nazioni del mondo, che il Tikkun dello, l’ottavo mese di Mar-Kheshvàn, si applica principalmente alla rettificazione di tutto il mondo.

La capacità di influenzare le nazioni del mondo dipende dal fatto che il Mashiàkh è freddo come il ghiaccio nel suo approccio verso la cultura del mondo e le sue tentazioni. Deve respingere completamente la prigionia dell’uomo verso il labirinto di desideri e dipendenze sempre più diffusi nei nostri tempi. Solo una persona che respinge completamente le culture straniere (scorpione – veleno freddo – apatia) ed è totalmente indifferente alle loro tentazioni può attirare le nazioni del mondo fuori da esse e persino estrarre la scintilla della saggezza umana nascosta in loro e portarle vicino alla santità.

Perciò i due aspetti del Tikkun di Mashiakh sono complementari e le due facce della stessa moneta:

1. quello del calore della santità di Hashèm e l’esempio personale del Mashiakh che ispirerà e guiderà Israèl (serpente).

2. quello esterno in direzione delle nazioni del mondo, tramite il lucido e freddo distacco dello scorpione che permette di non farsi coinvolgere dalle culture pagane (scorpione).

La sua freddezza è il riflesso del suo santo entusiasmo che diventa un canale per divulgare il monoteismo nel mondo. Solo una persona che è priva di qualsiasi motivazione personale e completamente attaccata al divino può raggiungere tutta l’umanità – compresi coloro che sono lontani e diversi da lui – e portare loro la luce della redenzione.

Dopo i calori e le passioni di questa estate, oramai passata, adesso con il freddo alle porte (nonostante le anomalie climatiche… prima o poi arriverà!), può essere difficile mantenere l’allegria e il buon umore.

Siamo appena entrati (da mercoledì 10 Ottobre Rosh Khodesh – capomese) nel periodo dello scorpione che ci dona l’importante occasione di riuscire a rivedere criticamente, dentro di noi, le nostre vite e le piccole quotidiane abitudini, con più equilibrio, con maggiore distacco e forse con un pizzico di saggezza in più.

Impariamo a riconoscere i nostri piccoli o grandi vizi che ci rendono schiavi della materia, dandoci illusorie passioni e momenti apparentemente vitali: alcol, fumo etc.; passare buona parte delle nostre giornate a chattare con “pseudo amici” sui social; o a voler comperare qualcosa da qualche parte perché “solo lo shopping” ci fa sentire felici.

Utilizziamo bene questo periodo freddo nel modo migliore. Proviamo a rettificare noi stessi in modo da vedere meglio le cose, ad agire con più efficacia verso le persone e il mondo attorno a noi: nel lavoro, con i nostri figli e amici. Diventiamo “soci nella creazione del mondo” preparandolo per l’imminente arrivo di Mashiàkh presto nei nostri giorni!

Da un articolo di Rav Yitzchak Ginsburgh

basato su un discorso del Rebbe di Lubavitch

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NOAKH

Al seguente link si trova la lezione sulla nostra parashà molto interessante in formato mp3:

http://www.virtualyeshiva.it/2009/10/22/noakh-5770-disciplina-o-amore/

Dal seguente link si scarica il file audio immediatamente, senza aprire la pagina web:

http://www.virtualyeshiva.it/files/09_10_22_noakh5770_corvocolomba_rigore_amore.mp3

DISCIPLINA O AMORE?

Due importanti insegnamenti di vita ispirati dal comportamento di Noakh che ha inviato prima il corvo e poi la colomba!

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Per sentire le altre lezioni sulla parashà:

http://www.virtualyeshiva.it/2017/10/15/noakh-5773-5-lezioni-precedenti/

Questa Parashà descrive la personalità di Nòakh, la cronologia del diluvio per quaranta giorni, a partire dal 17 di Kheshvàn. Le vicende dopo il diluvio le discendenze dei figli di Nòakh, parla della Torre di Bavel e della discendenza di Shèm fino ad Avrahàm e la gioventù di Avrahàm a Ur Kasdìm.

MIDRASHIM

Alcune Riflessioni:
La Torre di Bavèl (Bereshìt 11,4-9) Midrash Bereshìt Rabbà 37-38; Pirkè Derabbì Eli’èzer 24; Midràsh Tankumà b. Nòakh 25 (a pagina 630 del volume Bereshìt edizioni Mamash).

Il Rogo di Ur Kasdìm (Bereshìt 11, 26-28) Midràsh Bereshìt Rabbà 38,19; Bet HaMidràsh 1; Midràsh Aggadà 11; Nèfesh Hakhayìm (a pagina 632 del volume Bereshìt edizioni Mamash).

SIKHOT

Tra ciò che è puro e ciò che non lo è (a pagina 693 del volume Bereshìt edizioni Mamash).

Le Acque del Diluvio (a pagina 696 del volume Bereshìt edizioni Mamash).

Sui seguenti link puoi trovare delle lezioni audio MOLTO interessanti su Noakh:

NOAKH 5771

PERCHE’ NOAKH NON ERA IL PRIMO EBREO!!!
Dal nome di Gerusalemme, che è il simbolo dell’ebraismo, capiremo qual’è la giusta strada per servire Hashem

http://www.virtualyeshiva.it/2010/10/06/noakh-5771-perche-noakh-non-era-il-primo-ebreo/

NOAKH 5770:

DISCIPLINA O AMORE?

http://www.virtualyeshiva.it/2009/10/22/noakh-5770-disciplina-o-amore/

NOAKH 5769:

NOAKH: ZADIK CON LA PELLICCIA!

http://www.virtualyeshiva.it/2008/10/30/noakh-5769-tzaddik-con-la-pelliccia/

NOAKH 5768:

LEONE CHE MORDE NOAKH

http://www.virtualyeshiva.it/2007/10/12/noakh-5768-il-leone-che-morde-noakh/

NOAKH 5766:

ZADIK NELLA SUA GENERAZIONE!

http://www.virtualyeshiva.it/2005/11/06/noakh-5766-zadik-nella-sua-generazione/

Una lezione collegata alla parashà di Noakh:

BALAK 5768 – IL PIU’ GRANDE ANTISEMITA DELLA STORIA!
http://www.virtualyeshiva.it/2008/07/10/balak-5768-il-piu-grande-antisemita-della-storia/