BERESHIT 5784: 5 SPLENDIDE LEZIONI!

11 Ottobre 2023 1 Di HaiimRottas

Inizia con Bereshit Gen 1 – 6, 8  lo studio del ciclo annuale di Parashot che leggeremo questo SHABBAT 14 Ottobre 2023 – 29 TISHRÌ 5784

HAFTARÀ:

Samuele 20, 18-42

Si annuncia Rosh Chòdesh

Un chirurgo, un ingegnere e un politico stavano discutendo su quale fosse la professione fosse più antica. “Beh”, disse il chirurgo, “Dio ha creato Eva da Adamo mediante un intervento chirurgico, quindi sono sicuro che la mia è la professione più antica”. “No”, disse l’ingegnere, “prima, che la vita iniziasse c’era il caos completo, e ci voleva un ingegnere per creare una parvenza di ordine da questo caos. Quindi l’ingegneria è la più antica.”
“Mah”, ridacchiò il politico trionfante, “chi pensate abbia creato il caos…?”

Alla vigilia di questo Shabbàt Bereshìt (il sabato in cui si torna a leggere il primo libro del Pentateuco) la casa Editrice Mamash è lieta di comunicare l’avvenuta pubblicazione del libro “Saggezza Quotidiana” una riflessione di vita su ogni salita della parashà, basata sugli insegnamenti del Rebbe e dei maestri precedenti. Per festeggiare questo “nuovo inizio” pubblichiamo un estratto del libro che tratta, ovviamente, della prima porzione del primo libro della Torà, Bereshìt. Brani che sono pieni di densi significati e insegnamenti utili per le nostre vite.

La Modestia non Basta
Il nome della prima porzione del libro della Genesi è tratto dal suo inizio, ״In principio (״Bereshìt, in ebraico) e si apre con la creazione del mondo da parte di Hashèm. L׳umanità è creata con la facoltà di scegliere tra bene e male. Tuttavia, i primi uomini, Adàm e Khavà (Adamo ed Eva), abusano di questo dono, lanciando l׳umanità su un percorso di crescente degenerazione morale, fino al punto che diviene necessario stabilire un nuovo ordine e dare al mondo un nuovo inizio con il diluvio.
Da quanto scritto sopra apprendiamo come Hashèm subordina la creazione, o per meglio dire il suo obbiettivo finale, al rispetto di uno standard etico e morale. La base fondante di questo “codice” lo troviamo riassunto da una parola ebraica, Tsniùt, tradotta come Modestia. Traduzione che non rende il giusto merito ai profondi significati del termine.

NO MODESTIA? NO PARTY…
La Creazione, Adàm e Khavà e gli Albori della Storia dell’Umanità

(continua)
Tsniùt è uno dei fondamenti dei valori ebraici in generale e della famiglia in particolare, esso si applica a tutti e in ogni situazione della vita. Tsniùt (spesso erroneamente ridotto a mero atteggiamento esteriore) in realtà riflette una filosofia di vita onnicomprensiva, che enfatizza la modestia, la semplicità e un tocco di timidezza e moderazione, sia nella vita privata che in quella pubblica. Tsniùt implica anche un comportamento volto alla modestia nell’abbigliamento, nelle abitudini, nell’uso delle parole e nelle espressioni di affetto, anche private. Da ciò deriva il dovere di evitare ogni forma di maleducazione: delle risate chiassose al comportamento sgarbato. Tsniùt si basa sulla consapevolezza che la dignità non nasce attraverso l’esposizione di sé o con espressioni immorali, ma attraverso la discrezione che origina dalla certezza che l’essere umano è principalmente un essere riservato e sensibile e non pu essere identificato esclusivamente con il suo corpo fisico.

Il Rispetto del Femminile
Un aspetto che ci preme di sottolineare è come una delle finalità del Tsniùt sia quella di equilibrare il fondamentale rapporto tra i due principali elementi di tutta la creazione: maschile e femminile. Hashèm ha creato tutto ciò che esiste su questo rapporto fondamentale. Quando una parte prevarica l’altra si crea una sorta di “cortocircuito” cosmico che rende difficile o addirittura impossibile portate a compimento lo scopo stesso della creazione. Questo lo possiamo intuire anche dalla struttura del Tetragramma (le quattro lettere che compongono il più elevato Nome di Dio) in cui l’ultima lettera la ה – Hey simboleggia anche l’aspetto femminile della creazione. Questa lettera è anche intimamente collegata con la terra intesa come la parte “nascosta” di Hashèm in questo mondo. Pertanto, è fondamentale riscoprire elevando, o per meglio dire, svelare, quella parte di Dio che. pur essendo presente in questo mondo, rimane nascosta e occulta. Questo processo non può avvenire senza un pieno rispetto della parte femminile dell’umanità (come sarà spiegato con la storia di Lèmekh a fondo pagina).
Purtroppo, quando saltano e/o si allentano i valori etici e morali in una società una delle prime e più importanti conseguenze è la tendenza a mercificare, il corpo e in particolare quello femminile. Tanto da arrivare a considerarlo una sorta di “bene di consumo”. La Torà, anche attraverso gli insegnamenti del Rebbe e della Chassidùt, ci aiuta a essere consapevoli e ad evitare questo pericolo per noi le nostre vite famiglie e per la società tutta.
Grazie al fatto di riuscire ad acquisire una nuova consapevolezza possiamo accelerare l’arrivo di Mashìakh presto ai nostri giorni, Amen.
Buona lettura e un a caro Shabbàt Shalom a tutti.

Bereshìt 2, 20 – 3, 21
La prima coppia umana vive nel Giardino dell’Eden, dove gode della creazione di Hashèm, inclusa la propria sensualità, innocentemente, come mezzo per migliorare la consapevolezza di Hashèm e della Sua bontà. Tuttavia, soccombono alla tentazione di aumentare la loro coscienza di sé (fatto personificato dal serpente primordiale) mangiando il frutto proibito dell’Albero della Conoscenza e, così, perdono la loro innocenza originaria.

Modestia (Tsniùt) e Innocenza
Ed erano entrambi nudi, l’uomo e sua moglie, ma non provavano vergogna. (2, 25) 

Adàm e Khavà non possiedono alcuna forma di egocentrismo, prima di mangiare il frutto proibito. Essi non mangiano per soddisfare qualche desiderio, ma per placare la fame, al fine di usufruire della bontà che Hashèm ha loro dato. Allo stesso modo, s’impegnano nei rapporti coniugali non per soddisfare un loro desiderio egocentrico di piacere sensuale, ma per unirsi al fine di godere della bontà che Hashèm gli ha dato e per avere figli.
Solo quando acquisiscono la conoscenza soggettiva del bene e del male, assieme alla percezione egocentrica di sé, mangiando il frutto proibito, capiscono che la sensualità può essere qualcosa da perseguire per il proprio piacere personale. Perciò, iniziano a vergognarsi di tutte le loro parti del corpo nude e in particolar modo dei loro organi riproduttivi, quindi cercano di ridurre il loro potere sulla coscienza umana coprendoli.
Per questo, attraverso la modestia nell’abbigliamento e nel comportamento, possiamo recuperare la nostra innocenza umana innata ed elevare le nostre pulsioni sensuali alla purezza originaria di Adàm e Khavà nel Giardino dell’Eden.

*

Bereshìt 4, 19–22
Sebbene non si sia ravveduto completamente, Kàyin esprime un certo rimorso per aver ucciso suo fratello Hèvel. Pertanto, Hashèm rimanda la punizione di Kàyin per sette generazioni, offrendo così ai suoi discendenti un’ulteriore opportunità di pentirsi. Ancora una volta, questa opportunità viene respinta, come dimostrato dal comportamento del discendente di Kàyin, Lèmekh.

Femminilità
Lèmekh si prese due mogli. (4, 19)

Ai tempi di Lèmekh la società è moralmente degenerata e degradata, al punto che gli uomini considerano la bellezza femminile come un oggetto e privano le donne della loro personalità. Gli uomini normalmente sposavano una donna per la sua bellezza e una seconda per procreare. Alla prima moglie veniva dato un contraccettivo in modo che la gravidanza e il parto non rovinassero il suo aspetto.
Il marito passava il suo tempo principalmente con lei, ignorando la seconda moglie.
Ovviamente, questa oggettivazione della donna va contro la volontà di Hashèm. Lui ha creato il mondo in maniera tale che tutte le relazioni si fondano sulla stessa dinamica: qualcuno o qualcosa agisce da donatore e qualcuno o qualcos’altro agisce da ricevitore. Sia chi dona, sia chi riceve deve prendere in considerazione l’altro. Ciò è possibile, solo perché non esiste una separazione assoluta tra il “donatore” (maschio) e il “ricevente” (femmina) in una relazione: gli uomini hanno i loro aspetti femminili e le donne hanno i loro aspetti maschili. Pertanto, ciascuno di noi può e deve apprezzare il modo in cui il nostro coniuge ci completa.
Occorre combinare le nostre forze particolari per soddisfare lo scopo di Hashèm, coltivando i contributi che ognuno di noi può dare ai nostri obiettivi comuni.

Tratto dal libro Saggezza Quotidiana

Una caro Shabbàt Shalom

Rav Shlomo Bekhor

BERESHIT: DAMMI LA FELICITA’
Un volta un ebreo si rivolse a Dio e disse: “Signore del mondo, voglio servirti con tanta gioia ma ho così tante difficoltà che non posso essere felice, sono disposto a dare quello che mi chiedi, anche tutto ciò che ho, ma dammi solo gioia”.
Dio gli chiede: “Quanti soldi hai?”. “Mille rubli” risponde l’ebreo. Dio gli dice: “Va bene dammi tutti i tuoi soldi e ti darò gioia”.
L’ebreo chiede: “Davvero tutto? Forse mi lascerai 200 rubli per il carburante per l’auto?”. “Oh, hai una macchina?” Dio dice: “Allora dammi anche la macchina e ti darò gioia”.
L’ebreo implora: “Signore del mondo, senza macchina non potrò sostenere la mia famiglia!”.
“Oh sì, hai anche una famiglia? Sei disposto a darla per essere felice?”.
L’ebreo dice: “Come faccio a darti la mia famiglia rimango tutto solo e poi lascerà la mia casa vuota?”.
Dio gli dice: “Vedo che hai anche una casa…”.

L’ebreo si sveglia e dice: “Signore del mondo grazie per avermi dato tanti motivi per rallegrarmi e iniziare a servire felicemente il Tuo Nome”.

C’è un noto detto del Rebbe di Lubàvitch: “Come una persona si mette allo Shabbat Bereshìt, così è come andrà avanti tutto l’anno”. Sembra incomprensibile perché Shabbat Bereshìt sia così significativo e determinante? Durante ogni Shabbàt leggiamo una porzione unica e nuova della Torà e allora come mai proprio su Bereshìt viene detto un proverbio del genere?
Il Rebbe di Lubàvitch spiega che Bereshìt – Genesi è molto particolare perché la Torà descrive la creazione del mondo e più una persona è intrisa del significato interiore della creazione del mondo e cosciente che tutto è stato creato da un Creatore per un motivo che impariamo proprio in questa parashà e più facile sarà per lui adorare Hashèm durante tutto l’anno. Per cui questo Shabbàt è molto particolare e determinante per tutto l’anno.

Il Baal HaTanya spiega il verso nei Salmi (119): “Per sempre Hashèm la tua parola sta nei cieli! La parola con la quale sono stati creati i mondi, si trova costantemente nel creato per rinnovarlo di nuovo.
Ogni momento Dio crea di nuovo il mondo, e se per un momento non creasse il mondo semplicemente non ci sarebbe più il creato e quindi la vera realtà del mondo non è altro che la parola di Dio che lo crea in continuazione.
Questo è il motivo per cui Shabbat Bereshìt è così significativo per le nostre vite durante tutto l’anno, perché questo Shabbat dà a ogni persona il giusto valore del mondo ed enfatizza quanto la nostra esistenza non è casuale e che ognuno ha il dovere di trovare la sua missione in questo mondo e portare luce, positività e felicità: SENZA LA COSCIENZA CHE TUTTO HA UNA RAGIONE DI ESISTERE, NON SI PUO’ ACQUISIRE LA FELICITA’.

Quando una persona è impegnata nel suo lavoro quotidiano e vede tutte le difficoltà intorno a lui a volte sembra che il mondo interferisca con il servizio divino, allora Bereshìt ci spiega che il mondo intero è stato creato con la parola di Hashèm e questo si rinnova in ogni momento e quindi non può contraddire il piano di Dio di osservare i comandamenti, ma quell’uomo deve aprire gli occhi e vedere la divinità all’interno della creazione e quindi potrà adorare il Suo nome con gioia e senza ostacoli o distrazioni.
Con l’augurio che saremo benedetti con l’essere nella gioia perpetua e anche nei nostri tempi difficili ricorderemo tutto il bene che abbiamo, grazie a Dio e per la Sua grande grazia e, naturalmente, continueremo a pregare e chiedergli di darci sempre più bene, che è la redenzione vera e completa, molto presto nei nostri giorni.

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MAI SOTTOVALUTARE!

Uno degli argomenti trattati nella parashà Bereshìt è il comando Divino che Adam non mangi dall’Albero della Conoscenza. Il Midràsh ci racconta che il comando di non mangiare dall’albero proibito fu ordinato ad Adam il primo venerdì, dopo mezzogiorno alla nona ora del giorno, e il comando era valido solo fino all’entrata di Shabbàt. Ciò significa che la proibizione di mangiare dall’Albero della Conoscenza era limitata a tre ore.

Nonostante ciò, il primo uomo non riuscì a resistere quelle poche ora e peccò mangiando dall’Albero proibito. Ora è naturale porci la seguente domanda: “Come è possibile che Adam, creato a immagine Divina, non sia riuscito a dominarsi e a resistere alla tentazione di mangiare dall’Albero della Conoscenza per sole tre ore?”
La risposta è questa: lo scopo dello yètzer harà (istinto al male) è quello di provocare che si faccia il contrario della volontà di Hashèm, ossia impedire all’uomo di adempiere ai precetti, mitzvòt e allontanarlo da essi. E non solo, più è importante la “buona azione” o il precetto e maggiore è la forza che lo yètzer harà impiegherà per impedire la “buona azione” o la mitzvòt.
Ognuno può sperimentare questo su se stesso ogni giorno. Se abbiamo un atto da compiere o una cosa positiva da fare, ad esempio una mitzvà che per un altro è molto facile da realizzare, se lo yètzer harà ci disturba nel farla è perché quest’atto è particolarmente importante per l’anima di quella persona. In altre parole se per esempio troviamo grande difficoltà a visitare un malato, vuole dire che questa è la nostra missione.

È stato così anche per Adamo: è vero che il comando di non mangiare dell’albero proibito era molto semplice da eseguire, ma era al contempo di enorme importanza il rispetto di tale divieto. Per questo motivo lo yètzer harà impiegò tutte le sue forze per far peccare Adam.
Dalla storia dell’Albero della Conoscenza impariamo che una persona non può dire: “Questa mitzvà è troppo difficile per me, allora non la osserverò”. Oppure a volte una cosa che sembra facile o poco importante in realtà è di fondamentale importanza per noi e per la nostra anima, quindi richiede più impegno da parte nostra.

Per concludere, cerchiamo di adempiere a tutte le mitzvòt e i comandamenti che Hashèm ci ha chiesto di fare, senza distinzioni. E ricordiamo che la ricompensa di una “mitzvà è la mitzvà stessa”: la ricompensa per la mitzvà che facciamo è la benedizione che attiriamo su di noi con un buon gesto. In questo modo possiamo collegarci e avvicinarci a Dio ogni giorno.

לעילוי נשמת אבי מורי ורבי ועטרת ראשי
יעקב בן רחל ושלמה
In memoria di mio padre Yaakov ben Shelomo

Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor

Pochi paesi al mondo possono vantare un numero di premi Nobel in proporzione al ridotto numero di abitanti.
Infatti Israele, che ne ha solo qualche milione vanta un elevato numero di premi nobel (senza includere il numero di premi vinti da ebrei nel mondo): tre per la pace, tre per la chimica, due per l’economia, uno per la letteratura…
Come dice lo Zohar questo è un mondo falso: ALMA DESHIKRA.
Per un mondo fasullo dove l’antisemitismo è sempre dietro l’angolo è difficile conferire un premio nobel a un ebreo e per di più israeliano.
Da diversi anni Israele regala al mondo grandi rivelazioni nel campo della chimica con un valore aggiunto rilevante e per questo che dal 2004 solo Israele ha avuto ben 6 premi nobel sulla chimica (senza citare gli altri campi) cosa che quasi nessun altro stato può eguagliare un primato così alto in un SOLO settore.
In ordine dall’ultimo Arieh Warshel, Chimica 2013. Michael Levitt, Chimica 2013. Dan Shechtman, Chimica 2011. Ada Yonath, Chimica 2009. Aaron Ciechanover, Chimica 2004. Avram Hershko, Chimica 2004.
Vi sono buone ragioni per essere fieri, il Nobel equivale a un riconoscimento internazionale per l’intera comunità scientifica israeliana. Nel momento in cui i riflettori vengono puntati sul sapere israeliano, abbiamo l’opportunità di mostrare al mondo le nostre vere ricchezze, una grande potenza non di terre, né di ferro, ma di cervelli. Si tratta di una grande prerogativa della nostra nazione, una prerogativa importante ed essenziale.
Negli ultimi anni in compenso 3 ebrei hanno ricevuto il premio ma non essendo israeliani è meno evidente l’impronta ebraica: J. Michael Kosterlitz (fisica), Oliver Hart (economia) and Bob Dylan (letteratura).
Come è scritto nella nostra santa Torà che iniziamo a leggere questo Shabbat e tutti siamo invitati ogni Shabbat a seguirla:
Studierete la mia Torà e metterete in pratica i suoi precetti perché Essa è la vostra saggezza e la vostra sapienza davanti ai popoli (Devarìm 4,6).

Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.

Shabbat Shalom

Rav Shlomo Bekhor

Virtual Yeshiva
se il talmid non va dal rabbi, il rabbi va dal talmid!

500 Shiurim online divisi per argomenti.
Non perdere l’appuntamento con la parash・ mistica e psicologia nella Tora
Per informazioni: www.virtualyeshiva.it
BERESHIT
Al seguente link troverai la lezione della Parashà di questa settimanain formato mp3:
http://www.virtualyeshiva.it/2009/10/15/bereshit-5770-non-e-bene-per-luomo-essere-solo-evviva-le-donne/
Al seguente link potrai scaricare la lezione della Parashà di questa settimana sul tuo mobile:
http://www.virtualyeshiva.it/files/09_10_15_bereshit5770_creazione_uomo_donna_matrimonio.mp3

NON È BENE PER L’UOMO ESSERE SOLO:
EVVIVA LE DONNE!

Quattro spiegazioni sulla controversa espressione riferita alla donna: “un aiuto CONTRO di lui”
Alcuni punti della lezione:
1. Perché l’uomo viene creato senza la donna a differenza degli animali che vengono creati sin dall’inizio con la femmina. Per farci capire in maniera chiara che l’uomo da solo non può vivere, mentre gli animali non hanno questi dubbi, solo l’uomo può sbagliare.
2. Spiegazione Rashì, aiuto contro di lui.
3. Spiegazione Naziv, se lo aiuta è contro di lui, se polemizza lo aiuta
4. Piacere della luce solo nel buio, creazione dell’uomo per illuminare il buio come i due nomi di Ha-Shèm.
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MOGLIE = SPECCHIO
Questa settimana appena dopo aver celebrato, durante Simchàt Torà, il completamento del ciclo annuale della Torà e l’inizio di quello nuovo, leggiamo la prima porzione della Genesi, Bereshìt, che racconta la creazione dell’universo e la vita del primo uomo, Adamo, della prima donna Eva e dei loro discendenti. Come per tutte le Scritture, ogni elemento della Torà reca un numero infinito di interpretazioni complementari con vari livelli di profondità. Quindi, anche dal versetto della Genesi che narra della volontà di Dio di creare Eva, Chava la prima donna, possiamo ricavare alcuni insegnamenti molto profondi e utili, anche per le nostre vite quotidiane.
“Disse Hashèm il Dio: non è bene che l’uomo sia solo; (quindi) gli farò un aiuto di fronte a lui” (Genesi 2,18). Questo versetto, se interpretato misticamente, ha come riferimento i nomi divini “Havaye” – Hashèm (il Tetragramma) e “Elokim” – Dio e i loro rispettivi ruoli nella creazione dell’universo.
Per spiegare meglio le profonde implicazioni di questa “coincidenza” sul perché sono presenti ben due diversi Nomi di Dio in questo versetto della Genesi ci viene in soccorso un Salmo di Davide (84,12), dove è scritto che “Hashèm Elokim (Dio) è un SOLE e uno SCUDO …”.
Anche qui, non a caso, troviamo i due principali Nomi di Dio come nel precedente versetto della Genesi. Tuttavia, nel Salmo troviamo qualche “indizio” ulteriore sulle caratteristiche di questi due Nomi: ossia Hashèm-Havaye è paragonato al SOLE, mentre il Nome Elokim, Dio a uno SCUDO. Apparentemente questa è una similitudine un po’ strana, forse addirittura azzardata! Oppure no?
Per capire meglio cerchiamo di vedere più in profondità il paragone Hashèm/Sole.
Sebbene Hashèm nella sua essenza sia per definizione senza nome e inconoscibile, i numerosi nomi ebraici che si riferiscono ai vari aspetti di Dio esprimono i modi in cui Lui si manifesta nella creazione (ad esempio, “Misericordioso”, “Onnipotente” ecc.). Il Tetragramma, Havaye, di solito si riferisce all’aspetto infinito senza alcuna immagine di Dio, la forza benevola non contratta o celata che deriva direttamente dall’essenza stessa di Dio. Tuttavia è ben noto, nella tradizione mistica ebraica, come questa energia creativa diretta e “senza filtri” che proviene da Dio stesso è così potente, così intensa, da precludere un mondo come quello che conosciamo. Questo è qualcosa di simile al modo in cui il sole stesso con la sua luce così brillante non farebbe altro che accecare la nostra percezione di tutto ciò che non è schermato o oscurato in qualche modo. Di fronte al sole, infatti non saremmo in grado di distinguere qualsiasi entità in questo mondo fisico, come ad esempio i mobili in una stanza se il sole stesso fosse proprio fuori dalla finestra, perché la nostra percezione sarebbe sopraffatta dalla sua immensa luce. Inoltre, se Dio avesse creato l’universo usando solo l’emanazione creativa rappresentata dal nome Havaye, noi non saremmo in grado di percepire le cose create come entità separate a se stesse, quindi, nella migliore delle ipotesi, tutto sarebbe una funzione della divinità, un diretto derivato di essa, senza che vi possa essere spazio per qualsiasi altra entità e senza dare la possibilità del libero arbitrio, la più grande qualità che l’essere umano ha in questo mondo. Per evitare che l’unica cosa che esiste sia una pressoché perfetta emanazione divina, Dio dovette proteggere parte di questa luce, allegoricamente parlando, nascondendola alla nostra percezione, affinché l’universo così come fosse stato creato, potesse essere creato.
Adesso si può comprendere meglio perché il Nome Elokim – Dio è paragonato a uno scudo nel Salmo. Perché è proprio con questo aspetto o attributo che Dio “nasconde”, restringendo e quindi trattenendo la sua infinita e immensa forza creativa, permettendo in questo modo alla creazione di esistere in maniera autonoma, anche se solo in apparenza. Questo è ciò che si intende con il versetto sopra citato: Hashèm, Dio è un SOLE e uno SCUDO…”; l’energia creativa del nome Hashèm-Havaye è travolgente come il sole, mentre il nome Elokim-Dio protegge la nostra percezione in modo che possiamo esistere da soli (o meglio affinché possiamo avere la sensazione di esistere in modo autonomo).
Ora è possibile ritornare al versetto della Genesi sulla creazione: “.. non è bene che l’uomo sia solo; (quindi) gli farò un aiuto di fronte a lui”. La presenza Divina è paragonata a uno specchio come nel versetto (Numeri 12, 6): “(Io) il Signore mi farò conoscere.. in una visione”. Dove il femminile in ebraico della parola “visione” marè significa “speculare”.
In definitiva, qui la Torà ci sta dicendo che per conoscere bene Dio e quindi anche noi stessi, come esseri umani dobbiamo avere uno SPECCHIO/contro/di fronte che riflettendo la luce ci permette di vedere anche il retro di noi stessi, la parte celata e nascosta delle nostre personalità e del mondo in generale. Proprio come uno specchio che bloccando il passaggio della luce attraverso il vetro, per mezzo di un rivestimento d’argento, serve ad aumentare il campo visivo personale, poiché la luce si riflette sullo specchio e permette di vedere anche ciò che c’è dietro. Così anche il nome Elokim-Dio, lo SCUDO, bloccando e proteggendoci dalla luce accecante del nome Havaye-Hashèm, SOLE consente sia al piano divino di essere realizzato, in un modo che altrimenti non sarebbe stato possibile; sia di vedere noi stessi e il mondo che ci circonda da una prospettiva più completa.
Questo è uno dei motivi per cui Hashèm-Dio ha creato al primo uomo Adam una compagna, Eva: “un aiuto contro di lui”; ossia un aiuto che è davanti a lui come uno specchio in modo che posso guardarsi dentro e riflettere sulla sua esistenza.
Questo permette all’uomo di raggiungere una completezza e perfezione maggiore proprio mettendolo in condizione attraverso il matrimonio di vedere parti di se stesso e del mondo che altrimenti non sarebbe stato possibile vedere, scoprire e rettificare.
Tutto al fine di migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda rivelando, grazie anche ai nostri sforzi, la presenza divina nel mondo per rivelare la tanto attesa e imminente era messianica, presto ai nostri giorni AMEN.