VAYISHLAKH: 19 KISLEV 5784 > 8 LEZIONI PRECEDENTI
Questo Shabbàt 2 Dicembre 2023, 19 del mese di Kislèv 5784 leggeremo la Parashà di Vayishlàkh Gen. 32,4-36,43.
Si legge l’Haftarà di Obadià 1, 1-21
Un giorno il guardiano di uno zoo notò che un orango stava leggendo due libri: la Torà e l’origine delle specie di Darwin.
Sorpreso, chiese alla scimmia: “Perché stai leggendo entrambi i libri?”.
“Beh”, rispose l’orango, “Volevo sapere se tu eri mio fratello o il mio guardiano…”.
C’è Uomo e Uomo
La Torà utilizza il termine “Ish”, che di solito significa “uomo”, come in Bereshìt per descrivere il primo “uomo”, Adamo. Tuttavia, in due porzioni consecutive della Torà, Vayishlàkh e Vayèshev, viene usato lo stesso termine e Rashi, basandosi sulla tradizione dei nostri saggi, le commenta, sorprendentemente, in maniera molto diversa.
Nella porzione di questa settimana, Vayishlàkh (32, 25), troviamo il termine “ish-uomo” in riferimento a Ya’akòv quando “…fu lasciato solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’alba”. Qui, Rashi spiega che quel “uomo” era l’angelo spirituale di Essàv. In altre parole, quella battaglia nel cuore della notte tra Ya’akòv e quel misterioso “uomo”, faceva parte della lotta in corso tra Ya’akòv e suo fratello Essàv che rispettivamente simboleggiano il “bene e il male”, l’uomo retto e l’uomo malvagio.
Eppure, in Vayèshev (37, 15 – 16), viene usato lo stesso identico termine. Ma qui, la storia è molto diversa: Yossèf viene inviato da suo padre Ya’akòv a visitare i suoi fratelli e assicurarsi che stessero bene. Nonostante i suoi fratelli lo detestassero, Yossèf intraprese il viaggio, ma a un certo punto si perse per strada e la Torà ci dice che: “Un uomo (ish) lo incontrò mentre errava per la campagna. E l’uomo gli chiese: «Che cosa cerchi?». [Yossèf] rispose: «Cerco i miei fratelli, per favore dimmi dove stanno pascolando?»”. Chi era quest’uomo misterioso, “Ish”, che incontrò Yossèf in quel momento di estrema difficoltà? Rashi dice che era l’angelo Gavrièl, che è descritto, anche in altre parti del Tanàkh, come “Ish-uomo”.
In entrambi casi troviamo una persona in difficoltà: in Vayishlàkh Ya’akòv rimase solo e un “uomo” lottò con lui; in Vayèshev, Yossèf è solo, perso nel campo, e, ancora una volta, un “uomo” lo incontra e gli chiede cosa stia cercando e in entrambi i casi viene usata la stessa parola per descrivere questa persona “Ish”. Tuttavia, questo sembra strano e sorge la domanda sul perché in situazioni apparentemente simili Rashi in Vayèshev lo vede come l’angelo Gavrièl, mentre in Vayishlàkh come l’angelo di Essàv?
DIVERSAMENTE ANGELI
Il Rebbe di Satmer, Rabbi Yoèl Teitelbaum (1887-1979), ha trasmesso la seguente spiegazione a nome di Rabbi Chaim Halberhstam, il Divre Chaim di Tzanz (1793-1876): il contesto è quello che conta, la parola può essere la stessa, “ish”, ma la domanda è cosa fa questo “ish”, ossia quest’uomo, come si comporta?
In entrambe le storie, c’è una persona in difficoltà. In Vayishlàkh, “Ya’akòv rimane solo”, nel cuore della notte, dopo essere stato lontano da casa per 34 anni e aver avuto a che fare con un imbroglione di livello mondiale, Lavàn. In Vayèshev, invece, Yossèf, un giovane di 17 anni, anch’egli è perso e vulnerabile. Ha lasciato suo padre, è rimasto orfano di madre e si è trovato sulla strada di fratelli che lo disprezzavano. Yossèf in quel frangente ancora non conosce il suo destino, ma questo viaggio lo porterà alla schiavitù, alla prigione e alla completa alienazione dalla sua famiglia.
In entrambe le storie, due persone sono profondamente vulnerabili. Padre e figlio, Ya’akòv e Yossèf. Entrambi incontrano uno sconosciuto. Un uomo che spunta all’improvviso. Tuttavia, secondo l’insegnamento riportato dal Rebbe di Satmer, la domanda che bisogna porsi è: come si comporta questo “ish”, quest’uomo?
Ecco la risposta da dove si deduce la fondamentale differenza: nel caso di Ya’akòv, l’ “uomo” vede una persona in difficoltà, sola nel bel mezzo della notte, e si avventa su di lui. C’è un Ya’akòv, un uomo solitario, nel cuore della notte? Bene! Posso avventarmi su di lui, aggredendolo, approfittandomi del suo stato di debolezza e difficoltà!
E nel secondo racconto? Anche qui Yossèf è solo e un “uomo” lo incontra. Ma cosa dice e cosa fa l’uomo? “Poi un uomo lo trovò, ed ecco che si aggirava nei campi, e l’uomo lo interrogò dicendo: “Che cosa stai cercando?”.
Vedete la differenza? Non si avventa su Yossèf. Non sfrutta la sua vulnerabilità, non manipola il suo momento di debolezza per raggiungere i propri obiettivi. Al contrario, questo Ish vede come un’occasione per aiutare il prossimo. Quindi, chiede al giovane ragazzo: “«Che cosa cerchi?»”. In altre parole l’ “uomo” si accorge dei “limiti” del ragazzo, che è un sognatore e che sta cercando qualcosa, quindi non si approfitta del suo stato di difficoltà, dei suoi difetti, ma al contrario cerca di aiutarlo chiedendogli: “cosa ti serve e come posso aiutarti?”. La risposta di Yossèf è altrettanto significativa: “Sto cercando i miei fratelli!”. Ossia, il ragazzo sta cercando una relazione, un senso di appartenenza, la comprensione e l’attaccamento con qualcuno che stima, che lo possa aiutare e proteggere.
Pertanto qui, con la sue due diverse risposte, Rashi sta semplicemente rispecchiando il contesto delle due narrazioni. Quando un uomo incontra una persona vulnerabile, e coglie l’opportunità di attaccarla, quell’uomo, dice Rashi, è un angelo di Essàv. Ma quando un uomo, incontrando una persona vulnerabile, coglie l’opportunità di porgergli una mano amorevole, un aiuto che lo indirizzi verso la sua ricerca dell’amore, dell’affetto famigliare, questa persona, dice Rashi, deve essere l’angelo Gavrièl!
Orango o Uomo?
A tutti noi può sicuramente capitare di incontrare qualcuno (un bambino, un adolescente o un adulto) che è “solo”, vulnerabile, confuso, disorientato o sofferente. Proprio quando ci accorgiamo della vulnerabilità di quella persona, delle sue difficoltà, proprio in quel momento siamo in grado di compiere una scelta, ossia di essere come l’angelo di Essàv o l’angelo Gavrièl.
Alcuni “colgono l’opportunità” utilizzandola per trarne un profitto, un vantaggio, senza neanche pensare di cercare di aiutare quella persona: aggrediscono il malcapitato con azioni inappropriate, approfittandosi delle difficoltà o debolezze altrui oppure, nel “migliore dei casi”, si limitano semplicemente a emettere uno sprezzante giudizio.
Invece, molte altre persone, nell’identica situazione, hanno un atteggiamento completamente diverso e quindi chiedono: “Mio caro ragazzo, ragazza o mio caro amico, dimmi cosa stai cercando? Cosa ti serve e come posso aiutarti?”
Pertanto, ognuno di noi in tali occasioni deve scegliere che tipo di “uomo” sarà: una “brutta” copia di Essàv, oppure diventare come l’angelo Gavrièl.
Altruismo Trascendente
Un eccellente esempio di vita per quanto detto sopra lo troviamo nella figura del Rebbe Shneur Zalman di Liadi, noto anche come Alter Rebbe (1745-1812), il fondatore del movimento Chabad-Lubàvitch.
Era la notte di Yom Kippur, la notte più sacra dell’anno, e il Rebbe stava pregando. Avvolto nel suo tallìt e nel suo kittel (un indumento bianco che si indossa a Yom Kippur), era immerso nella sua preghiera, in intimità con Dio. Improvvisamente si tolse il tallìt e lasciò improvvisamente la sua Sinagoga. Per tutti i presenti fu un fatto inusuale e a dir poco sorprendente! Ma dove era diretto il Rebbe così di fretta?
Il Rebbe si recò a casa di una madre che aveva appena partorito. Il resto della famiglia era andato a pregare in sinagoga, quindi la donna non poteva contare sull’aiuto di nessuno. Il Rebbe accese una fiamma, riscaldò una zuppa sul fornello e diede da mangiare alla giovane madre che aveva un disperato bisogno di cibo.
Una volta, il Rebbe*, dopo aver raccontato questa storia, l’ha commentata: la grandezza della storia non sta nel fatto che l’Alter Rebbe è andato a salvare quella madre durante Kippur. Dopo tutto è noto che la salvezza di una vita umana prevale su Kippur. L’unicità della storia è che il Rebbe, nel bel mezzo delle sue preghiere di Kippur, mentre sperimentava l’unità con il Divino, è riuscito comunque a sentire il dolore e l’angoscia della giovane madre.
Molte persone spirituali, quando sono immerse nella trascendenza, diventano sorde al pianto di una madre e di un bambino. Al contrario, l’Alter Rebbe, mentre parlava con Dio nella notte più santa dell’anno, la sua anima non riuscì a calmarsi, finché non andò a soccorrere una giovane madre che chiedeva aiuto.
Come un angelo che pur essendo una creatura che trascendente il terreno e aspira solo verso l’alto, comunque in alcune circostanze come con Yossèf riesce a percepire i bisogni di una persona e quindi è scesa per aiutarla. Così il Rebbe nel giorno solenne di Kippùr quando assomigliamo tutti agli angeli e in particolare l’Alter Rebbe, ha messo da parte la sua ascesa spirituale e ha percepito l’estremo bisogno della donna (come l’angelo di Yossèf) ed è corso in suo aiuto.
* In data 19 Kislev 5744 (1983), in un fabrengen che celebrava il giorno della liberazione dell’Alter Rebbe che è successa il 19 Kislev del 1798. Tra qualche giorno sarà il 19 di Kislev ed è molto importante e di grande benedizione celebrare il grande miracolo successo in questo giorno e che ha cambiato il mondo.
Tratto da uno scritto di YY Jacobson
Anche oggi, alla vigilia dello Shabbàt, vi proponiamo dei brani tratti dal libro “Saggezza Quotidiana” pubblicato da Mamash. Questa settimana leggiamo la parashà Vayishlàkh – l’ottava porzione del libro della Genesi – che narra le sfide del patriarca Ya’akòv quando cerca di ritornare in terra di Israèl dopo la sua permanenza in Aràm. Questa parashà si apre con Essàv che, ancora pieno di rancore verso suo fratello, sta venendo incontro a Ya’akòv per affrontarlo. Ya’akòv manda (vayishlàkh, “ha mandato” in ebraico) un’ambasciata diplomatica per incontrare Essàv.
Gli insegnamenti cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori ci raccontano e ci insegnano alcune regole di comportamento valide e attuali anche per noi oggi. Difficile, come spesso accade, riuscire a intravvedere in molti episodi della Torà degli insegnamenti di vita che possono essere applicati anche nel nostro quotidiano. In particolare, quando, come nel caso di questi brani della parashà, si parla, ad esempio, di “angeli”, “mitici monti” o di formidabili guerrieri e personaggi incredibili come Essàv. Luoghi e personaggi degni di un racconto di Tolkien o di Lewis.
Eppure, come sempre, possiamo accorgerci di come la saggezza della Torà si espanda e sviluppi in ogni direzione e in ogni aspetto della vita: dai concetti più alti ed elevati fino a quelli più apparentemente “piccoli e banali”.
Oggi, quindi, vi proponiamo alcuni modi per riuscire a vincere e superare i nostri “Essàv Quotidiani”, fuori e dentro di noi, che vogliono impedirci di raggiungere la nostra “Terra Promessa” per compiere la missione divina di cui ognuno è portatore, come Giacobbe.
DRITTI FINO ALLA CIMA
Vayishlàkh – Ya’akòv nella Terra di Israèl
Bereshìt 32, 14–30
Quella notte, l’angelo custode di Essàv lotta con Ya’akòv; alla fine Ya’akòv prevale, ma l’angelo riesce a slogare la sua coscia. Ya’akòv domanda all’angelo di benedirlo; così l’angelo lo informa che Hashèm sta per dargli il nome aggiuntivo di Israèl che significa “Colui che ha lottato con Hashèm [e ha prevalso]”.
Elevando il Mondo Materiale
[L’angelo disse a Ya’akòv] «Il tuo nome non si dirà più Ya’akòv, bensì Israèl». (32, 29)
Il nome “Israèl” non sostituisce quello originale di Ya’akòv, ma lo completa. “Israèl”, infatti, esprime un nuovo e più elevato status che l’angelo gli ha donato. Mentre “Ya’akòv” deve lottare con Essàv per assicurarsi le benedizioni di Yitzkhàk, ora queste benedizioni sono concesse a “Israèl” esplicitamente dall’angelo custode di Essàv (ogni persona e ogni creatura ha un angelo custode nei mondi spirituali che lo rappresenta e lo influenza.).
I due nomi di Ya’akòv rappresentano i due modi in cui interagiamo con il mondo. A volte il mondo materiale o le nostre tendenze materialistiche possono intralciare il nostro rapporto con il divino a o la nostra missione nella vita. Quando questo accade dobbiamo, come “Ya’akòv”, lottare per rivelare la Divinità che sta alla base del mondo materiale. Altre volte, invece, il mondo può essere usato come mezzo per accrescere la coscienza divina o compiere la nostra missione santa. In questi frangenti la nostra sfida come “Israèl” è di usare queste opportunità sia per portare il mondo a un livello superiore di consapevolezza del Divino, sia per promuovere la nostra crescita spirituale.
*
Bereshìt 33, 6–20
Essàv offre di scortare Ya’akòv e la sua famiglia in Canaàn ma Ya’akòv rifiuta il favore, promettendo di far visita a Essàv nella sua casa sul monte Se’ìr.
Mantenere la Concentrazione
[Ya’akòv disse a Essàv] «Il mio signore oltrepassi il suo servo… [e aspetti lì], finché non arriverò dal mio signore a Se’ìr». (33, 14)
Ya’akòv qui allude alla futura trasformazione di Essàv nell’era messianica – “finché non arriverò dal mio signore [Essàv] al monte Se’ìr”. L’approccio di Ya’akòv ci insegna come neutralizzare la potenziale ostilità degli “Essàv” che incontriamo durante il nostro esilio.
Se cadiamo preda delle comodità esteriori dell’esilio e ci convinciamo che siamo asserviti al dominio di “Essàv”, il nostro atteggiamento diventerà una sorta di profezia che si auto-avvererà e il nostro esilio comincerà a governarci veramente.
Per neutralizzare il potere di Essàv dobbiamo vedere oltre la facciata dell’esilio, fino al suo scopo profondo, ossia quello di permetterci di preparare il mondo all’era messianica. A quel tempo, “Essàv” sarà sottomesso e trasformato.
Osservando la lunga avventura dell’esilio, come un viaggio verso il monte Se’ìr e concentrandoci sul nostro obiettivo finale, “Essàv” è reso innocuo anche durante l’esilio.
É doveroso onorare il ricordo di un fondamentale evento nella storia dell’ebraismo e non solo.
Il 19 di questo mese di kislèv, segna la nascita della Chassidùt Chabad. Infatti in questo giorno si ricorda la liberazione di Rabbi Shneur Zalman di Liadi (18 Elùl 1745 – 24 Tevèt 1812) dalla prigionia zarista. Rabbi Shneur Zalman, noto anche come l’Alter Rebbe, fu il principale discepolo ed erede del Màghid di Mèzritch, a sua volta erede del Bà’al Shem Tov.
Fondatore del movimento chassidico Chabàd Lubàvitch, l’Alter Rebbe fu autore del Tanya e dello Shulkhàn Arùkh. Il Bà’al Shem Tov lo definì “un’anima del mondo di Atzilùt scesa in questo mondo per illuminarlo con la profondità della Torà”. Tutto il mondo festeggia questa grande rivelazione di luce che ci accompagnerà fino alla redenzione finale.
In realtà la grandezza di questo giorno ci è stata rivelata ben 850 anni fa dal grandissimo maestro cabalista Rabbi Yaakov Levì, il quale dice che il 19 di kislèv è un giorno di grande benedizione in cui le nostre preghiere vengono esaudite.
Infatti, il Rebbe Shneur Zalmàn ha promesso che farà di tutto per esaudire le richieste di ogni persona. Poi quest’anno il 19 di kislèv ha in aggiunta l’ingrediente di Shabbàt che lo rende ancora più strepitoso. L’ultima volta che il 19 di kislèv è caduto di Shabbàt è stato ben 20 anni fa.
Cerchiamo di approfittare di questo Shabbàt per prendere delle decisioni per migliorare nello studio della Chassidùt e per chiedere che vengano soddisfatti i nostri bisogni e soprattutto il più importante di questi: chiedere la redenzione finale e l’arrivo di Mashìakh presto nei nostri giorni.
Un caro Shabbàt Shalom
Rav Shlomo Bekhor
(vedi sotto approfondimento)
NUOVA LEZIONE ATOMICA DI OGGI!
8° Parashà: SIGNIFICATO CABALISTICO 7 INCHINI DI YAAKOV
https://youtu.be/yKLVPBJhkrw
https://www.facebook.com/
COME MAI I ROMANI CONVIVONO IN PACE IN ISRAELE SOLO PER 26 ANNI?
Festa di Khanukkà Otto Giorni, Vayishlakh 8° Parashà
Qual’è il Collegamento Mistico?
Perché Yaakòv si inchina a Essàv proprio SETTE VOLTE?
—–
|
|
(lezione di 21 nov. 2018 su Vayishlàkh 36mn)
Nuova lezione bomba 12/12/19 di questa settimana
VAYISHLAKH 8°: GRANDI INSEGNAMENTI DI VITA
Valutiamo Sempre le Importanti Decisioni Senza Ego
youtube: https://youtu.be/ibfyVnefF1A
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10157683132440540
—–
SCACCO MATTO IN TRE MOSSE
Due prospettive
Sherlock Holmes e il dr. Watson vanno in campeggio insieme, montano una tenda pronti per godersi un tranquillo riposo vicino al fuoco. Nel cuore della notte, Sherlock si gira verso il dr. Watson e dice: “Allora, cosa stai pensando adesso?”
Watson risponde: “Sherlock! È fantastico. Sto guardando le stelle celesti che si librano sopra di noi, sono sopraffatto dallo splendore romantico della notte, avvolto da questa vista pittoresca. E tu, invece a cosa stai pensando”? chiede Watson.
“Che qualcuno ha rubato la nostra tenda”, risponde Sherlock.
Doni, Preghiera E Guerra
Dopo trentaquattro anni di separazione dai suoi genitori, Giacobbe lascia Lavan, assieme a tutta la sua famiglia, per tornare a casa sua, in Terra di Israele. Ancora in viaggio apprende che suo fratello Esaù sta avanzando verso di lui con un imponente esercito, determinato a ucciderlo.
I nostri saggi osservano da questo episodio della Torà (Vayishlàkh), come Giacobbe prepara il confronto con Esaù attraverso una triplice strategia: “doni, preghiera e guerra”. Quindi, Giacobbe come prima cosa invia doni sontuosi a Esaù nella speranza di placare la sua ira: capre, pecore, cammelli, mucche, tori e asini. Successivamente, inizia una sincera e fervente preghiera, sottomettendo la sua sorte e quella della sua famiglia alla compassione di Dio. Solo alla fine, Giacobbe prepara se stesso e la sua famiglia a una vera e propria guerra con Esaù.
La Battaglia Quotidiana
Le storie nella Torà non sono solo eventi accaduti a un certo punto della storia, che coinvolgono personaggi particolari. Sono anche riflessi di episodi spirituali ed emotivi che possono verificarsi continuamente in ogni cuore umano.
L’uomo è una dualità intrinseca, poiché è allo stesso tempo un “mucchio di polvere” e una “visione di Dio”. I fratelli gemelli, Giacobbe ed Esaù, incarnano queste forze antitetiche all’interno della stessa personalità di ogni essere umano: Esaù incarna la nostra identità egoista, egocentrica e animalesca; mentre Giacobbe personifica la nostra anima trascendente, spirituale e idealista.
L’inimicizia e la rivalità tra i fratelli riflettono la tensione e la lotta tra queste due forze nelle nostre vite: la lotta tra il nostro ego e la nostra umiltà, tra le nostre voglie egoistiche e le nostre nobili aspirazioni, tra le nostre impulsive lussurie e le nostre brame altruistiche.
Nessuno di noi è esente da questo confronto quotidiano con “Esaù”. Siamo costantemente sopraffatti da stati d’animo egoistici e appetiti immorali. Queste incessanti richieste della nostra coscienza egoista e bestiale rappresentano una continua minaccia mortale per il nostro “Giacobbe” interiore. In che modo possiamo affrontare queste potenti forze, che apparentemente sono molto più potenti delle forze sante dentro di noi? Utilizzando la vincente strategia in tre fasi di Giacobbe: doni, preghiera e guerra!
Onorare Il Tuo Animale
Prima di tutto, dobbiamo concedere al “nostro” Esaù alcune risorse fondamentali. Dobbiamo riconoscere la coscienza animale che vive in noi e onorare la presenza dei suoi essenziali e legittimi bisogni: mangiare, dormire, fare esercizio fisico, guadagnarci da vivere e impegnarci in una relazione continua con il mondo fisico che ci circonda. L’anima animale merita di ricevere da noi un sontuoso omaggio quotidiano che include il nostro tempo, energia e risorse.
Tuttavia, come possiamo assicurarci di non esagerare? Come possiamo garantire che i nostri tributi quotidiani all’identità animale dentro di noi non la mettano al centro della nostra vita, soppiantando l’anima spirituale come il vero nucleo della nostra identità? Per evitare questo rischio, Giacobbe deve impegnarsi nella preghiera: “Salvami”, grida Giacobbe a Dio, mentre Esaù si sta avvicinando, “dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù. Ho paura di lui, perché potrebbe venire e colpirmi”.
Non sarebbe necessario temere l’influenza di Esaù se fossimo distaccati dalla realtà di Esaù, se dovessimo vivere come asceti spirituali. Eppure l’ebraismo esige che Esaù diventi il nostro “fratello”; ossia che impieghiamo i nostri bisogni corporei e animali nel lavoro che dobbiamo svolgere nel mondo fisico che ci circonda. In queste condizioni, l’unico modo in cui possiamo assicurarci che Esaù non domini e controlli la nostra vita è attraverso la preghiera.
Il Dono Della Preghiera
Che cos’è la preghiera? Proprio come c’è un tempo per coinvolgere l’anima animale e rendere omaggio ai suoi bisogni e desideri, ogni giorno c’è un momento in cui lasciamo andare la nostra identità fisica ed entriamo nell’oasi trascendente della nostra anima. Questi è il momento in cui mettiamo a dormire l’ego e scopriamo il nostro amore interiore e la nostra spiritualità. Tutto il giorno, pensiamo alle nostre “tende”, dimore; mentre solo durante la preghiera ci concentriamo sulle stelle, sullo splendore e sul significato dell’esistenza. Abbiamo mai provato veramente il potere della preghiera su di noi? Purtroppo, è sempre più difficile trovare delle vere “oasi spirituali” dove trovare la giusta concentrazione e intenzione, nel nostro mondo freneticamente materialista. È un peccato, perché mancando dell’esperienza quotidiana della preghiera autentica diventiamo inevitabilmente vulnerabili all’attacco di Esaù.
Ad esempio, quando già al mattino presto non preghiamo, meditiamo e non colleghiamo con Hashèm le nostre anime, spesso ci manca il coraggio e la visione per controllare i nostri desideri fin dall’inizio della giornata: ad esempio, un’eccessiva dipendenza dal cibo; oppure al lavoro potremmo non avere la forza di condurre i nostri affari onestamente ecc. La preghiera assicura che il tributo che presentiamo alla nostra anima animale non ci esaurisca completamente, non ci porti via tutto di noi, il nostro vero “sé”.
Ultima Spiaggia
Tuttavia, tutto quanto sopra non è sufficiente. Giacobbe deve anche prepararsi alla guerra. Alcuni degli impulsi e delle passioni della nostra anima animale non possono essere affrontati solo attraverso la preghiera. Dobbiamo dichiarare guerra contro di esso come dice il Talmùd Berakhòt 5a: l’istinto animalesco deve essere educato con severità, perché se lasciato libero rischia di prendere il comando della vita e fare cadere la persona molto in basso.
A volte durante il giorno o la notte, siamo sopraffatti da un forte, animalesco bisogno di Esaù che brucia nei nostri cuori come una fornace. In quel momento c’è solo una cosa da fare: dobbiamo dare un “pugno in faccia” al nostro impulso animalesco e andare avanti con la nostra vita. La guerra è una cosa cattiva, ma a volte è la nostra unica speranza di sopravvivere all’assalto di un demone che è determinato ad ucciderci.
Una storia
Uno dei grandi maestri chassidici, Reb Simkha Bunam di Psheskha, una volta osservò che la vera definizione di un uomo spirituale è colui che immagina sempre di avere la testa sdraiata in una ghigliottina, il suo Yètzer Harà (cattiva inclinazione) che si libra sopra di esso, pronto a tagliare la sua testa in un momento.
“Ma Rebbe”, chiese uno dei Chassidim, “e se uno non avesse quella sensazione?”
“In quel caso”, rispose il Rebbe, “vuol dire che la sua testa è già stata tagliata via.”
Basato sugli scritti del Rebbe Shneur Zalman di Liadi che questo mercoledì si festeggia il capodanno della rivelazione della Chassidut il 19 di Kislev.
—–
QUANDO L’AMORE DIVENTA ODIO!
Al seguente link troverai la lezione sulla nostra parashà in formato mp3:
Al seguente link potrai scaricare la lezione della Parashà di questa settimana sul tuo mobile:
Per ascoltare le altre lezioni sulla nostra parashà cliccare al seguente link:
http://www.virtualyeshiva.it/2019/12/08/vayishlakh-5-lezioni-precedenti/
—–
Virtual Yeshiva non fa pagare nessuna iscrizione al sito perché la Torà sia accessibile a TUTTI e SEMPRE.
Se ascolti le lezioni aiuta a mantenere viva questa grande opera di divulgazione di Torà.
Aiutando Virtual Yeshiva diventi soci nella diffusione della Torà ed è un segno di riconoscenza per chi insegna e così potremo diffondere insieme molti più valori di vita e insegnamenti.
Le donazioni sono deducibili dalla “decima”.
Per saperne di più si può scrivermi una mail o collegarsi al seguente link:
______________________________________________________________________________________________________________________________
La mistica della preghiera – Due tipi di SATANA
La lezione è divisa in 3 argomenti.
1. un concetto cabalistico legato al valore numerico di Yosef 156 e perché proprio lui è l’antitesi del malvagio Esav.
2. il significato interiore della preghiera che è l’unione con l’infinito.
3. i due tipi di Satana: il nemico dichiarato e quello ipocrita che si finge un amico; questo è il più pericoloso.
sul seguente link:
oppure:
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10156678405135540
La Parashà di Vayishlàkh tratta in sintesi i seguenti argomenti:
Ya’akòv invia messaggeri a Essàv con parole di pace. I messaggeri tornano e raccontano a Ya’akòv che il fratello è in arrivo con quattrocento uomini armati. Ya’akòv, impaurito divide il suo accampamento in due e prega HaShèm di aiutarlo. Ya’akòv manda, in diverse fasi doni a Essàv sperando che cambi idea e non lo attacchi.
Ya’akòv attraversa il fiume e combatte con l’angelo di Essàv. Ya’akòv vince, ma l’angelo lo colpisce al nervo sciatico e lo chiama Israèl. Per questo ancora oggi gli ebrei non mangiano il nervo sciatico degli animali.
Ya’akòv ed Essàv si incontrano “pacificamente”. Essàv propone a Ya’akòv di accompagnarlo, ma questi rifiuta a causa del bestiame e dei bambini. Ya’akòv giunge a Shekhèm, dove acquista un terreno vi si stabilisce.
Dinà viene rapita da Shekhèm, il figlio del re. Il re viene a chiederla in moglie per il figlio a qualunque costo. I figli di Ya’akòv accettano, a condizione che tutti i loro uomini si circoncidano. Al terzo giorno della convalescenza quello più doloroso, Shim’òn e Levì uccidono tutti. HaShèm ordina a Ya’akòv di trasferirsi a Bet El e di erigervi un altare. Dopo essersi liberato di qualunque oggetto idolatra di Shekhèm. Ya’akòv parte.
Morte di Devorà, la nutrice di Rivkà. HaShèm si rivela di nuovo a Ya’akòv promettendogli la terra di Kenà’an.
Durante il viaggio verso Efràt, Rakhèl partorisce Binyamìn e muore: Rakhèl viene sepolta a Efràt, dove Ya’akòv erige un monumento sulla sua tomba.
Ya’akòv giunge dal padre Yitzkhàk che scompare all’età di 180 anni; Essàv e Ya’akòv lo sepelliscono.
La discendenza di Essàv, otto re che regnano in successione su Edòm.
La Parashà di Vayishlàkh contiene un divieto, di mangiare il nervo ischiatico (32,33)
MIDRASHIM
Ya’akòv Lotta con l’Angelo (Bereshìt 32,25-31)
Midràsh Bereshìt Rabbà 77;Tifèret Tziyòn 75,3;Talmùd Khullìn 91;Midràsh Tankhumà B.
(a pagina 660 del volume Bereshìt edizioni Mamash ).
Morte e Sepoltura di Rakhèl (Bereshìt 35,19-20)
Midràsh Bereshìt Rabbà 81-82.
(a pagina 663 del volume Bereshìt edizioni Mamash ).
SIKOT
Il Messaggio Insito nel Nome.
(a pagina 730 del volume Bereshìt edizioni Mamash ).
Ya’akòv nei Panni di Essàv.
(a pagina 734 del volume Bereshìt edizioni Mamash ).
VAYISHLAKH 5771: L’EBREO CON IL MONDO O CONTRO IL MONDO?
Per la nostra generazione in esilio, circondata da nemici, è necessario trovare un equilibrio tra l’affrontare il nemico e l’annullamento di sè. Dal comportamento di Yaakòv, attraverso il Midrash Rabbà e la Chassidut, inizia un viaggio unico che ci porta ad approfondire il significato del mondo in equilibrio tra il bene e il male, della ragione della loro esistenza.
VAYISHLAKH 5770: QUANDO L’AMORE DIVENTA ODIO!
Il malvagio regno di Menashè è caratterizzato da forti analogie con il comportamento di Timnà. Un viaggio ricco di approfondimenti psicologici che si addentrano nelle ragioni che possono trasformare l’amore in odio, nei meccanismi insiti nell’antisemitismo. Quando si ama profondamente qualcosa, se non si riesca ad avere, è facile che il sentimento si trasformi in odio!
VAYISHLAKH 5769: ANTISEMITISMO, LE RADICI LONTANE DELL’ODIO
I tre comportamenti di Yaakòv di preparazione all’incontro con Essàv rappresentano la guida per tutte le generazioni in esilio di fronte ai nemici e alle radici dell’odio. Essàv si presenta come un fratello, in tale concetto si nascondono diversi aspetti: dalla natura irrazionale dell’odio al pericolo dell’assimilazione.
VAYISHLAKH 5768: SIMBOLO DELLA REDENZIONE
I ricchi simbolismi presenti nella sfida tra Yaakòv ed Essàv. D-o non interviene nel fermare Essàv, il suo angelo custode e lascia Yaakòv solo davanti alla sofferenza. L’ultimo patriarca corrisponde all’ultimo esilio, il suo rientro in terra santa introduce il valore della redenzione.
VAYISHLAKH 5766: IL DONO DI YAAKOV
La preparazione di Yaakòv all’incontro con Essàv. Il dono, il modo in cui viene presentato, le parole che lo accompagnano rappresentano un insegnamento per ogni generazione quando si deve affrontare l’odio e le avversità. La lotta tra Yaakòv e l’angelo custode di Essàv simboleggia la temporaneità delle difficoltà dell’esilio. Un viaggio ricco di approfondimenti nei simbolismi insiti nel ritorno dell’ultimo patriarca in Terra Santa, che ci insegna come affrontare le difficoltà della nostra generazione.
[…] http://www.virtualyeshiva.it/2019/12/08/vayishlakh-5-lezioni-precedenti/ […]