Proviamo a capire meglio con la metafora insegnata dell’Alter Rebbe.
Il mercato immobiliare è in piena espansione! Un ragazzo, di nome Levi, prende un prestito di 100 milioni di Euro dalla banca, per acquistare un enorme palazzo in pieno centro a Milano. All’improvviso, il mercato crolla, la proprietà ora vale la metà. A Levi rimane solo un enorme debito. Il ragazzo incontra il direttore della banca che gli intima con perentoria durezza: “Vogliamo l’intero debito versato, con tutti gli interessi, come da contratto, ENTRO un MESE…!”
Levi avvilito e demoralizzato inizia a pensare che non può fare niente è impossibile trovare i soldi. Quindi d’innanzi all’impossibile, cosa fa il ragazzo? Nulla, si arrende! Stacca il computer, telefono; non risponde alle email, chiamate e notifiche di vario tipo da parte della banca creditrice.
Supponiamo però un altro scenario: il direttore della banca dice, “okay, siamo tutti nella stessa barca, tutti in un grande casino. Lavoriamo in modo equo e collaboriamo assieme per risolvere il problema: tagliamo il prestito del 30%; rimuoviamo ogni interesse; iniziamo a rimborsare ogni mese una piccola quota del debito…
Con questo tipo di approccio, uno sì che si spaventa! Ora Levi si sente in obbligo di trovare i soldi, deve pensare a come fare, può e deve impegnarsi. Non può tradire il direttore della banca, così buono e comprensivo, deve presentarsi ogni mese per il pagamento.
Questo, dice l’Alter Rebbe, è il significato del versetto, “Poiché il perdono è con Te, in tal modo Tu sei temuto”. Se Dio chiedesse il pieno risarcimento per tutti i nostri errori, compresi di interesse e PREZZO PIENO non lo temeremmo; bensì questo ci spingerebbe solo ad allontanarci da Dio, a rinunciare ad avere un rapporto con l’Eterno.
È come un bambino che non può mai piacere ai propri genitori. Qualunque cosa faccia, non è mai abbastanza, ogni errore è evidenziato. Ad un certo punto, il bambino non può fare altro che arrendersi completamente.
Se una persona non ha alcuna speranza di riuscire a fare bene, perché provare? Se sarà sempre criticata, perché preoccuparsi di migliorare? Una qualsiasi persona, se spinto con durezza in una dimensione fatta di cinismo, dolore e disperazione, reagisce mettendo semplicemente in discussione le sue relazioni: con i genitori, con il direttore di una banca, con i suoi amici e anche con Dio!
Nel salmo 130, 4 Re David ci dice che Dio perdona! Che Dio non ci chiederebbe mai di essere perfetti. Lui ci chiede solo di incontrarlo, anche a “metà strada”. Dio vuole, da ciascuno di noi, soprattutto in questi 10 giorni di pentimento, che viviamo nel modo più felice, di successo, potente che possiamo. Dio desidera ardentemente che noi ci impegniamo a rendere la nostra vita una “storia di successo”.
Perciò ora, in questi giorni fino a Kippur, dobbiamo davvero entrare nei nostri cuori, riparare i nostri errori e decidere di vivere un futuro più puro e più santo.
“Poiché il perdono è con Te, in tal modo Tu sei temuto”.
Estratto dagli insegnamenti del Rav Shneur Zalman di Liadi (1745-1812), noto come Alter Rebbe, la metafora è spiegata nel Maamar del Rebbe di Lubavitch Ani Ledodi 5729 (1969)
commento di Kippur dell’anno scorso altamente consigliabile:
L’IMPOSSIBILE È POSSIBILE!
ogni giorno dell’anno ha una speciale vitamina che ci può nutrire.
Ci sono vitamine per il fisico, altre per la nostra psiche o anima. Le feste ebraiche sono dei CONCENTRATI di vitamine con una dose maggiore di quella regolare e ogni festa ci nutre TANTISSIMO di una sola vitamina che da più all’anima o alla psiche piuttosto che al corpo.
Ci troviamo alla vigilia della festa di Kippur il giorno del perdono. Per ricevere il perdono in questo giorno solenne Dio ci dice che dobbiamo cambiare, pentirci, chiedere scusa e trasformarci. In altre parole Kippur è la VITAMINA della METAMORFOSI.
Se abbiamo dei vizi storti di ogni genere, se non siamo bravi ad ascoltare i consigli della moglie o i colleghi di lavoro, se non riuscissimo a trovare “spazio” nella nostra vita per il nostro Creatore (che ci chiede di parlare con lui e di seguire il manuale di vita [Torà] che ci ha prescritto per il buon funzionamento della nostra vita), ebbene questo è il giorno dal quale possiamo trarre la VITAMINA per poter cambiare.
Ci sono tantissime spiegazioni sul perché e come mai proprio questo giorno ci da questa forza, ma preferisco condividere la storia di vita di un nostro contemporaneo che può darci un GRANDE esempio di come possiamo cambiare noi stessi e di conseguenza cambiare il mondo e in particolare anche situazioni inguaribili si possono trasformare in bene.
Il professor Reuven Feuerstein (1921-2014) è stato uno psicologo cognitivo dello sviluppo in Israele e fondatore del Centro Internazionale per l’Enhancement of Potential Learning, con sede a Gerusalemme. I suoi sistemi di modificabilità cognitiva strutturale sono stati, a livello mondiale, applicati e implementati in oltre 80 paesi in tutto il mondo.
La sua storia mi lascia sempre ESTEREFATTO ogni volta che la ricordo.
Feuerstein ha avuto una grande stima e amicizia con il mio maestro il Rebbe di Lubavitch. Lui era solito dire che grazie alle benedizioni del Rebbe e il suo incoraggiamento a continuare le sue ricerche, era riuscito a fare tanta strada. Un mio conoscente, che ha parlato con Feuerstein, mi ha raccontato come il professore aveva in tasca sempre un Dollaro del Rebbe di benedizione e successo che portava con orgoglio, poiché diceva che gli dava tanta forza.
È stato intervistato nel giugno del 2011, sei anni fa circa, prima della sua dipartita avvenuta nel 2015:
Come psicologo lavoravo in Israele durante gli anni ‘40. Ho lavorato con i sopravvissuti dell’Olocausto, molti di loro bambini, assolutamente traumatizzati. Per esempio ho visto un ragazzo di 17 anni che pesava solo 34 kg circa e che guardava ogni pezzo di cibo come uno che sta morendo di fame: avrebbe rubato e raccolto ogni cibo possibile.
Naturalmente, le persone chiedevano con stupore: “C’è speranza di guarire per bambini come questo? Saranno mai in grado di costruirsi un futuro? Saranno mai in grado di dimenticare quello che hanno passato?”.
Molti erano del parere che non si poteva fare niente per aiutare questi bambini, perché avevano visto troppe atrocità disumane. Ma ho pensato, “non possiamo permetterci di perdere neanche un figlio”.
Successivamente, sono andato a studiare presso l’Università di Ginevra sotto Jean Piaget e Carl Jung e altri, e nel 1954 ho fondato il Centro Internazionale per l’Enhancement del potenziale di apprendimento (ICELP) a Gerusalemme, dedicato alla teoria che ho sviluppato, che ho chiamato la teoria della “Malleabilità dell’intelligenza”.
Fondamentalmente, ho detto: “Sì, possiamo aiutare questi bambini e tutti i bambini, non importa i loro problemi di sviluppo. Noi possiamo aiutarli a cambiare PERCHÉ SONO ESSERI UMANI CHE HANNO DENTRO DI LORO UNO SPIRITO DIVINO”. L’anima dell’uomo è una parte di Dio. Come Dio è illimitato anche l’uomo è al di sopra dei limiti “apparenti” del suo corpo.
All’epoca ho avanzato questa teoria – che gli esseri umani sono modificabili, che non sono necessariamente limitati dalla loro genetica, ma allora era considerata eresia. La gente semplicemente non credeva che il cervello potesse cambiare, anche se adesso è un dato accettato e confermato che non esiste una parte del corpo così flessibile e modificabile come il cervello.
Il Rebbe sapeva del mio lavoro e lo sosteneva totalmente. Lui spesso mi ha mandato dei bambini, alcuni con problemi di sviluppo, altri più difficili con la sindrome di Down e alcuni che erano epilettici. Ovunque andassi, la gente si avvicinava a me, dicendo: “Il Rebbe vuole che tu vedi il nostro figlio”. Inoltre, io ho ricevuto lettere dal Rebbe su bambini particolari che voleva che vedessi.
Ogni volta che mi ha mandato un caso questo è stato accompagnato dalla sua benedizione, “Zayt matzliach – Che tu possa avere successo”.
Con quella benedizione, ho sempre avuto la sensazione di potere risolvere i casi più estremi e non importava quanto potesse essere difficile in apparenza. Nella mia esperienza o visto che anche le persone con disturbi genetici possono essere trasformati in individui autonomi ed efficienti e di conseguenza hanno potuto avere una vita ebraica regolare e studiare la Torà.
Infatti, è stato dal Rebbe che ho appreso che tale concetto può essere realizzato. Ne ho avuto la conferma con mio nipote che nonostante avesse la sindrome Down ha studiato in yeshiva e ha conseguito gli esami finali nelle scuole superiori (che in Israele chiamiamo bagrut).
Ma, in quel momento sembrava impossibile un risultato simile, perché le persone non credevano a un cambiamento così drammatico. E mi è stato spesso chiesto: “Come puoi dire che questo bambino potrà mai parlare? Come hai il coraggio di dire che questo bambino sarà in grado di leggere o finire la scuola o andare a yeshivà?”
Ho osato dire queste cose a causa delle mie frequentazioni con il Rebbe, che incontravo regolarmente.
Nel 1980, le mie idee erano diffuse dappertutto. Ho pubblicato tre libri e sono stato spesso invitato a tenere conferenze nelle università e sono stato nominato professore a Yale (USA). Ho continuato a sviluppare nuove modalità di formazione che dimostravano come si possono creare nuove sinapsi all’interno del cervello, nuove connessioni che non esistevano prima e in questo modo aiutare i bambini con le condizioni più devastanti.
Vorrei solo dare due esempi.
C’era un ragazzo con una condizione del cervello che gli rendeva difficile concentrarsi e sentire quello che qualcuno gli stava dicendo, la sua capacità di ascolto era molto, molto limitata. Ma il Rebbe mi ha dato la sua speciale benedizione per lui. E malgrado questa condizione del cervello, il ragazzo ha cominciato a imparare e diventare molto più attento nel suo comportamento. I suo progressi furono così importanti che riuscì a far parte del mondo religioso.
Sempre grazie al Rebbe, ho avuto un altro caso, il più difficile di tutta la mia carriera:
a un ragazzo è stato diagnosticato una malattia mentale, nel suo paese di nascita, ed è stato messo in una scuola per bambini problematici. Lì ha vissuto tra i non-ebrei turbati. Influenzato dal loro comportamento il ragazzo è caduto in pessime frequentazioni e di conseguenza è diventato un vero e proprio problema e nessuno credeva che avrebbe mai potuto diventare un essere umano normale e indipendente.
A un certo punto, suo padre è andato a chiedere aiuto al Rebbe che gli ha detto di portarlo da lui.
Grazie all’intervento del Rebbe, Il figlio è venuto qui in Israele ed è stato collocato in una famiglia Chabad. Ha imparato a leggere. Spesso si trovava davanti alla mia porta a leggere Salmi, perché il Rebbe gli aveva detto di leggere il Libro dei Salmi, dall’inizio alla fine, ogni settimana. Cosa che ha fatto per tutti i tre anni che è stato con noi.
Grazie a Dio, tutto è andato molto bene e ho sentito che avevamo fatto quello che il Rebbe ci ha chiesto di fare. Ci siamo sentiti di avere realizzato la nostra missione con successo.
Ma, dopo che questo ragazzo ci ha lasciato ha avuto una ricaduta morale ed è finito in una banda pericolosa, in un luogo da cui poche persone tornano sane. Era coinvolto con persone promiscue, che prendevano droghe; in un mondo dove non ci sono limiti ai peccati.
Quando ho sentito cosa era successo, ho contattato il Rebbe che mi ha risposto: “Non lasciarlo fuori dalle tue mani. Invia qualcuno a trovarlo, riportarlo indietro e continua il tuo grande lavoro: CHI SALVA UNA ANIMA È COME SE SALVASSE IL MONDO INTERO!!!”
Non credevo che uno sforzo di salvataggio avrebbe avuto successo, ma il Rebbe mi aveva insegnato a provare l’impossibile, così ho fatto. Ho mandato qualcuno a prendere questo giovane da queste persone terribili e siamo riusciti a riportarlo a uno stile di vita sano e morale. Era perduto, ma è tornato e oggi è padre di quattro figli, due di loro studiano in yeshivà.
Voglio solo dire che, come psicologo, non avrei mai potuto credere che un miglioramento così esagerato potesse accadere. Di solito, in questi casi, ci arrendiamo, ma il Rebbe non ha rinunciato e ci ha insegnato che non bisogna “MAI DIRE MAI”.
Chiaramente, la psicologia è molto limitata nella sua comprensione dell’altro: spesso è troppo connessa alla comprensione di noi stessi. Questo ci porta a valutare gli altri in base ai nostri canoni.
Ma il modo in cui il Rebbe ha capito la condizione dell’individuo era del tutto diverso. E questo è il motivo per cui diceva: “Sì, fallo. Niente è impossibile”.
Il suo era un modo molto diverso di vedere l’essere umano, non come riflesso del sé, ma come un riflesso dello spirito superiore, una divina sorgente che attinge dall’infinito e non ha LIMITI DI SVILUPPO.