Questo Shabbàt 23 Novembre 2024, 22 del mese di Kheshvàn 5785 leggeremo la Parashà di
Khayè Sarà Gen. 23,1-25,18.
Si legge l’Haftarà di Melakhìm I:
Italiani: Melakhìm I: 1, 1-34
Milano/Torino/Sefarditi Ashkenaziti: Melakhìm I: 1-31
ב“ה
Una donna di Brooklyn decide di preparare il suo testamento per organizzare la sua futura dipartita.
Quindi, informa il suo rabbino delle sue richieste per quando non sarà più in questo mondo:
“Primo, vorrei una bellissima bara, e secondo, vorrei che la mia bara fosse esposta al centro commerciale della città”.
“Perché proprio al centro commerciale?” domanda stupefatto il rabbino.
“In questo modo sarò sicura che le mie figlie mi faranno visita almeno due volte a settimana”, risponde la mamma.
L’idea del Gaòn di Vilna
Lo studio della Torà è molto ricco di sfumature e di sfaccettature. Ci si può concentrare sul tema, sulla trama, sulle lezioni impartite, sulla struttura, sulla sintassi, sui versetti e sui significati nascosti, per non parlare della numerologia. Ma a volte siamo impressionati da ciò che non ci prendiamo nemmeno la briga di notare, perché le nostre menti non sono allenate per un pensiero così raffinato.
Una delle grandi menti che si è soffermata sugli aspetti meravigliosi della Torà è stato uno dei grandi saggi lituani del XVIII secolo, noto come il Gaòn di Vilna. Il rabbino Eliya ben Solomon Zalman Kramer, noto in ebraico il Gra (Gaon Reb Eliyahu), vissuto dal 1720 al 1797 che scrisse dozzine di opere brillanti su tutti gli aspetti del pensiero e della legge ebraica.
Leggiamo il versetto in apertura di Khayè Sarà e ditemi se notate una ripetizione apparentemente superflua, non una o due o tre volte, ma ben sette volte! E poi l’ultima volta, c’è un cambiamento significativo.
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Il Primo Programma di Life Coaching della Storia in 12 Passaggi Perché non ha Funzionato? Suddivisione dei Figli
Non sarebbe una cattiva idea per i discendenti contemporanei di Yishmaèl (Ismaele) e per tutti noi riflettere sui singoli nomi dei suoi 12 figli che divennero tutti prìncipi e padri delle nazioni ismaelite. Come è scritto nella Torà, nella porzione di questa settimana, Khayè Sarà – La Vita di Sarà, (Genesi 25, 13 – 18): Questi sono i nomi dei figli di Yishmaèl secondo i loro nomi in ordine di nascita. Poi la Torà continua elencando nomi dei figli dividendoli in tre gruppi, in tre versetti separati. Ogni divisione nella Torà non è casuale! Primo gruppo di 4 figli: Il primogenito di Ismaele era Nevayòt (che poi ebbe) Kedàr, Adbeèl, Mivsàm”. Secondo gruppo di 3 figli: Mishmà, Dumà e Massà. Infine, la Torà elenca i 5 figli dell’ultimo gruppo: Khadàd, Temà, Yetùr, Nafish e Kèdma. La Torà prosegue con il raccontare in che zona del Medio Oriente si insediano e conclude, nell’ultimo versetto della parashà, con una frase dal significato stranamente ambiguo: “Sono CADUTI in presenza di tutti i loro fratelli”. Così il grande commentatore della Torà Abrahàm ibn ‛Ezra traduce la parola ebraica “nafàl” letteralmente, che vuole dire “caduta”. La Torà non è un libro di storie bensì un manuale di vita, perciò cosa dovrebbe insegnarci questo episodio? È un semplice dettaglio incidentale? Sicuramente no, poiché, la Torà non include dettagli incidentali, neanche di una genealogia. Anche se la Torà registra molti fatti genealogici e storici, non è fondamentalmente un libro di storia o genealogia, ma come indica il suo stesso nome, Torà-horaà, è un libro di istruzioni-horaà, leggi al fine di progettare e indirizzare la vita degli uomini. La registrazione dei familiari di Ismaele, quindi, non è solo una registrazione di meri fatti genealogici. Piuttosto, come ogni frase e parola presente nella Torà, anche l’elenco dei figli di Ismaele fa parte di una sorta di tabella di marcia per il nostro viaggio in questo mondo chiamato vita. Pertanto possiamo chiederci, ma qual è la rilevanza dei 12 nomi dei figli di Ismaele? Perché lui ha dato ai suoi figli questi nomi particolari? E infine, perché nella Torà i 12 nomi sono suddivisi in tre distinti gruppi numericamente diversi: un gruppo da quattro, uno da tre e l’ultimo da cinque?
Il Primo Programma Di Vita In Dodici Passaggi La risposta la troviamo utilizzando i quattro livelli o metodologie ermeneutiche di esegesi della Torà nell’ebraismo: con Peshàt s’intende il significato semplice o contestuale del testo; Rèmez è il significato allegorico; Deràsh include il significato metaforico e Sod rappresenta il significato nascosto. Quindi partendo dalla spiegazione Rèmez, ovvero allegorica con l’indispensabile ausilio dei significati nascosti, riportiamo gli insegnamenti di grandi maestri per spiegare come questi nomi rappresentano il programma verso una vita sana e ben bilanciata in 12 tappe. La guida di Ismaele al buon vivere copre le tre componenti principali della vita: la salute, le relazioni e il lavoro. PRIMA CATEGORIA A) SALUTE. Il primo gruppo dei figli di Ismaele, composto da quattro nomi, rappresenta la parte dedicata ai quattro passaggi verso una buona salute: 1) Nevayòt: questo nome in ebraico significa VUOTO (cf Esodo 27, 8). Ciò indica la necessità di mantenere il corpo (visto come una sorta di vaso) pulito dal cibo spazzatura e dalle sostanze dannose per l’organismo umano. Il corpo non è un bidone della spazzatura. Il corpo deve rimanere pulito, libero e leggero, limpido e pieno di vivacità ed energia. 2) Kedàr: il significato della parola ebraica Kedàr è CALORE. Questo rappresenta la necessità di fare regolarmente degli esercizi fisici per mantenere una temperatura corporea adeguatamente calda per avere una buona circolazione sanguigna. 3) Adbeèl: il significato di questo nome è NON ABBUFFARSI. Anche se si mangiano alimenti nutrienti e sani si dovrebbe consumare solo la quantità necessaria per la nostra salute, senza esagerare. 4) Mivsàm: la traduzione ebraica di questo nome è SPEZIE. Oltre alle buone abitudini alimentari e all’esercizio fisico regolare, si dovrebbero aggiungere un po’ di spezie e di condimento alla nostra vita fisica, arricchendola e dandole brio e gioia. Questo si ottiene godendoci a volte la vita, senza esagerare (vedi sopra) e sapendoci concedere dei momenti dove possiamo mangiare cibi di qualità, bere bevande pregiate, frequentare splendidi luoghi all’aria fresca della natura e godere dei suoi profumi, ecc. SECONDA CATEGORIA B) RELAZIONI. Il secondo gruppo dei tre figli di Ismaele rappresenta la guida in tre passaggi verso relazioni efficaci, sia in casa, sia nel lavoro. 1) Mishmà: nome che significa ASCOLTARE, prestare attenzione, ossia coltivare l’abilità di ascoltare veramente un altro essere umano, questo è il fondamento di ogni relazione. 2) Dumà: nome che significa SILENZIO. Il secondo passo verso la creazione di un buon rapporto consiste nella capacità di rimanere in silenzio. Non sempre è necessario rispondere alle critiche del nostro coniuge; o non sempre occorre dare una risposta a una domanda che ci rivolgono. A volte è bene rimanere in silenzio. Non bisogna sentirsi morire se non spariamo la prima risposta che ci viene in mente. Il nostro silenzio, a volte, può anche concederci un’intuizione inaspettata. Le persone di successo, infatti, ascoltano più di quanto parlino. 3) Massà: nome che letteralmente significa “FARDELLO”. Esso simboleggia il terzo passo essenziale nello sviluppo di relazioni equilibrate che resistono al trascorrere del tempo, vale a dire la pazienza e la tolleranza. La capacità di tollerare e contenere i fardelli, i pesi di un altro essere umano, per quanto possono essere imperfetti e viziati. TERZA CATEGORIA C) LAVORO E PRODUTTIVITÀ. Una volta che la salute del nostro corpo e le nostre relazioni sono in ordine, possiamo affrontare il terzo livello rappresentato dal gruppo finale dei cinque figli di Ismaele. Quest’ultima è la parte del programma in dodici tappe che affronta in cinque fasi/nomi le problematiche del lavoro e della produttività. Diversamente dalle precedenti due aree tematiche, i cinque nomi devono essere letti e compresi in un’unica sequenza: Khadàd in aramaico significa novità; Temà indica meraviglia; Yetùr è una linea retta; Nafish significa serenità; infine, Kèdma significa prima e davanti (Questo è il motivo per cui est è chiamato Kedem in lingua ebraica, dal momento che il sole prima sorge lì). Questo è il programma in cinque passaggi di Ismaele verso il lavoro e il successo:
1) Khadàd, NOVITÀ: In primo luogo, occorre essere molto motivati per intraprendere un percorso nuovo e originale, la proverbiale strada poco battuta. In quanto bisogna superare la paura del fallimento ed essere pronti a correre rischi per aprire nuovi orizzonti. Superare anche la paura di non essere originali e creativi. Temà, MERAVIGLIA: eppure ogni pioniere e imprenditore incontrerà delle resistenze. Le persone intorno a noi inevitabilmente alzeranno le spalle con stupore e meraviglia (Tema), criticandoci per le nostre fantasie irrealistiche, per l’arroganza giovanile o per la nostra stupidità e immaturità. Molti prevedranno e auspicheranno il nostro fallimento. E noi cosa facciamo, come ci comportiamo?
Yetùr LA LINEA RETTA: a questo punto, come la geometrica semplicità e perfezione di una linea retta occorre assicurarsi di avere un piano ben organizzato e strutturato e perfetto, come una linea retta, per bilanciare la creatività affinché essa non ci porti fuori strada. Nafish, SERENITÀ: è inoltre necessario fare un passo indietro, rilassarsi e ripensare i nostri piani e i nostri obiettivi in uno stato d’animo più sereno e tranquillo possibile. Non dobbiamo permettere che il nostro umore, le nostre emozioni altalenanti, circoscrivano i nostri importanti obiettivi della vita; occorre assicurarsi di aver serenamente interiorizzato la nostra determinazione a perseguire i nostri progetti. Kèdma, PRIMA: ma quando si arriva alla conclusione che questa è la strada giusta, è necessario buttarsi a capofitto (senza serenità) nel progetto e non consentire che i molti ostacoli lungo la strada sabotino l’esecuzione dei nostri sogni. Occorre convincersi e sussurrarsi: Vai avanti! Sii il primo e anticipa il gioco. Se si rimanda e si procrastina, qualcun altro ci batterà. Così abbiamo il programma in 12 passi di Ismaele verso una buona vita: 1) corpo pulito, esercizio fisico, nutrizione adeguata e piccole gioie; 2) ascolto, silenzio e tolleranza; 3) pensare fuori dagli schemi, essere fiduciosi, organizzarsi, riflettere sulla strategia e non voltarsi indietro. Evitare La Caduta Quando riflettiamo su queste 12 tappe, notiamo che un elemento cruciale forse l’elemento più importante manca dall’impressionante lista derivata dai nomi dei figli di Ismaele: il significato, lo scopo della nostra esistenza. La vita umana ha bisogno di uno scopo. Quando siamo privi di uno scopo interiore, è estremamente difficile mantenere anche solo una di queste 12 tappe le quali richiedono molta disciplina e concentrazione. A un certo punto è inevitabile fermarsi e chiedersi: Qual è lo scopo di tutto questo?” A questa domanda non si può rispondere con le lezioni di un personal trainer, la conoscenza di come relazionarsi con gli altri o la capacità di essere concentrati, determinati e lavorare fino a tardi. Per questo basilare motivo la Torà conclude il racconto di questi 12 figli affermando: Sono caduti in presenza dei loro fratelli. Anche la vita più equilibrata nella salute, relazioni sociali e nel lavoro, se è priva di significato interiore, di uno scopo essenziale potrebbe portare la persona a sbagliare e a fallire. Se manca l’ossigeno se manca la capacità di scendere nelle profondità dell’essenza della vita, che mantiene la persona ispirata e motivata a vivere bene, è difficile garantire che il proprio percorso in questo modo si incanali per i giusti scopi e non per obiettivi inutili o dannosi. I dodici passi di Ismaele catturano uno strato importante, ma superficiale dell’esistenza. Ci dice come vivere all’interno dei ritmi della natura e della biologia. Qui la Torà non ci sta insegnando come trascendere la natura. Per questo avremo in seguito i nomi delle dodici tribù, i dodici figli di Giacobbe, i cui nomi rappresentano il vero progetto per vivere e non solo per una vita fine ed equilibrata, ma anche per vivere con il Divino, con la misteriosa essenza che è nascosta nella realtà. Questo è il vero scopo della creazione del mondo che è la missione di Giacobbe e suoi dodici figli! Tratto da uno scritto di Y.Y. Jacobson basato sul commento di Mei Hasheluakh (Rav Mordechai Yosef Leiner di Ishbitz)
LA GIUSTA COMPAGNIA
Eli’èzer e la sua carovana partono per Aràm. Si fermano presso un pozzo, alla periferia di Kharàn, la città di Nakhòr, fratello di Avrahàm, mentre delle donne stanno attingendo l’acqua da un pozzo. Eli’èzer, prega Hashèm di guidarlo verso la donna giusta per Yitzkhàk, quella disposta ad accogliere la sua richiesta di attingere l’acqua dal pozzo, per lui e il suo seguito.
La Benevolenza
[Eli’èzer pregò] «Fai in modo che la ragazza alla quale dirò: “Inclina la tua brocca perché io beva” e che dirà: “Bevi e io abbevererò anche i tuoi cammelli”, sarà quella che Tu avrai designato per il Tuo servo Yitzkhàk. (24, 14)
Dato che ad Hashèm non manca nulla, la generosità è il modo principale con cui Lui si relaziona con il mondo. Per la stessa ragione, la generosità è il marchio naturale delle persone che si sentono strettamente collegate ad Hashèm. Al contrario, il segno distintivo del male è l’egoismo. Per quante cose una persona malvagia possa possedere nella vita rimarrà sempre insoddisfatta poiché si stacca dalla natura divina, e il suo ego lo spinge solo a prendere e mai dare.
Perciò, Eli’èzer cerca una donna per Yitzkhàk che mostri gentilezza. Quando Rivkà va oltre, nell’adempiere alla specifica richiesta di Eli’èzer, offrendosi anche di abbeverare i suoi cammelli, capisce che lei è una persona timorata di Hashèm e quindi una moglie perfetta per il figlio di Avrahàm. Dimostrando gentilezza verso il prossimo, anche noi veniamo “accoppiati” con “partner migliori”, che siano anime gemelle, amici, soci in affari e attività nella vita.
Un caro Shabbat Shalom Rav Shlomo Bekhor
Anche questa settimana vi proponiamo un estratto della parashà tratto dal libro “Saggezza Quotidiana” fondato sugli insegnamenti del Rebbe e dei suoi predecessori.
Il nome della quinta porzione del libro della Genesi è tratto dalle sue prime parole, “La vita di Sarà – Khayè Sarà” e inizia con la morte e la sepoltura della matriarca. Il racconto prosegue con il servitore di Avrahàm, Eli’èzer che promette di far sposare la pronipote di Avrahàm, Rivkà (Rebecca), con Yitzkhàk, figlio del suo padrone. Questo racconto è seguito da quello del matrimonio di Yitzkhàk e Rivkà e dalle fasi conclusive della vita di Avrahàm: il nuovo matrimonio con Hagàr, la sua morte e l’allontanamento di suo figlio Yishmaèl dalla sua famiglia e dalla propria missione divina.
Il brano scelto per voi quest’oggi ci insegna l’importanza di avere sempre fiducia in Hashèm e di essere generosi. Chi si comporta in tale modo verrà sempre ripagato con la cosa più importante per la vita umana: “la giusta compagnia”.
Eli’èzer e la sua carovana partono per Aràm. Si fermano presso un pozzo, alla periferia di Kharàn, la città di Nakhòr, fratello di Avrahàm, mentre delle donne stanno attingendo l’acqua da un pozzo. Eli’èzer, prega Hashèm di guidarlo verso la donna giusta per Yitzkhàk, quella disposta ad accogliere la sua richiesta di attingere l’acqua dal pozzo, per lui e il suo seguito.
La Benevolenza
[Eli’èzer pregò] «Fai in modo che la ragazza alla quale dirò: “Inclina la tua brocca perché io beva” e che dirà: “Bevi e io abbevererò anche i tuoi cammelli”, sarà quella che Tu avrai designato per il Tuo servo Yitzkhàk. (24, 14)
Dato che ad Hashèm non manca nulla, la generosità è il modo principale con cui Lui si relaziona con il mondo. Per la stessa ragione, la generosità è il marchio naturale delle persone che si sentono strettamente collegate ad Hashèm. Al contrario, il segno distintivo del male è l’egoismo. Per quante cose una persona malvagia possa possedere nella vita rimarrà sempre insoddisfatta poiché si stacca dalla natura divina, e il suo ego lo spinge solo a prendere e mai dare.
Perciò, Eli’èzer cerca una donna per Yitzkhàk che mostri gentilezza. Quando Rivkà va oltre, nell’adempiere alla specifica richiesta di Eli’èzer, offrendosi anche di abbeverare i suoi cammelli, capisce che lei è una persona timorata di Hashèm e quindi una moglie perfetta per il figlio di Avrahàm. Dimostrando gentilezza verso il prossimo, anche noi veniamo “accoppiati” con “partner migliori”, che siano anime gemelle, amici, soci in affari e attività nella vita.
Un caro Shabbàt Shalom
Rav Shlomo Bekhor
Il Primo Programma di Life Coaching della Storia in 12 Passaggi
E il Perché non ha Funzionato?
Suddivisione dei Figli
Non sarebbe una cattiva idea per i discendenti contemporanei di Yishmaèl (Ismaele) e per tutti noi riflettere sui singoli nomi dei suoi 12 figli che divennero tutti prìncipi e padri delle nazioni ismaelite. Come è scritto nella Torà, nella porzione di questa settimana, Khayè Sarà – La Vita di Sarà, (Genesi 25, 13 – 18): Questi sono i nomi dei figli di Yishmaèl secondo i loro nomi in ordine di nascita. Poi la Torà continua elencando nomi dei figli dividendoli in tre gruppi, in tre versetti separati. Ogni divisione nella Torà non è casuale!
Primo gruppo di 4 figli: Il primogenito di Ismaele era Nevayòt (che poi ebbe) Kedàr, Adbeèl, Mivsàm”. Secondo gruppo di 3 figli: Mishmà, Dumà e Massà. Infine, la Torà elenca i 5 figli dell’ultimo gruppo: Khadàd, Temà, Yetùr, Nafish e Kèdma.
La Torà prosegue con il raccontare in che zona del Medio Oriente si insediano e conclude, nell’ultimo versetto della parashà, con una frase dal significato stranamente ambiguo: “Sono CADUTI in presenza di tutti i loro fratelli”. Così il grande commentatore della Torà Abrahàm ibn ‛Ezra traduce la parola ebraica “nafàl” letteralmente, che vuole dire “caduta”.
La Torà non è un libro di storie bensì un manuale di vita, perciò cosa dovrebbe insegnarci questo episodio? È un semplice dettaglio incidentale? Sicuramente no, poiché, la Torà non include dettagli incidentali, neanche di una genealogia. Anche se la Torà registra molti fatti genealogici e storici, non è fondamentalmente un libro di storia o genealogia, ma come indica il suo stesso nome, Torà-horaà, è un libro di istruzioni-horaà, leggi al fine di progettare e indirizzare la vita degli uomini. La registrazione dei familiari di Ismaele, quindi, non è solo una registrazione di meri fatti genealogici. Piuttosto, come ogni frase e parola presente nella Torà, anche l’elenco dei figli di Ismaele fa parte di una sorta di tabella di marcia per il nostro viaggio in questo mondo chiamato vita. Pertanto possiamo chiederci, ma qual è la rilevanza dei 12 nomi dei figli di Ismaele? Perché lui ha dato ai suoi figli questi nomi particolari? E infine, perché nella Torà i 12 nomi sono suddivisi in tre distinti gruppi numericamente diversi: un gruppo da quattro, uno da tre e l’ultimo da cinque?
Il Primo Programma Di Vita In Dodici Passaggi
La risposta la troviamo utilizzando i quattro livelli o metodologie ermeneutiche di esegesi della Torà nell’ebraismo: con Peshàt s’intende il significato semplice o contestuale del testo; Rèmez è il significato allegorico; Deràsh include il significato metaforico e Sod rappresenta il significato nascosto.
Quindi partendo dalla spiegazione Rèmez, ovvero allegorica con l’indispensabile ausilio dei significati nascosti, riportiamo gli insegnamenti di grandi maestri per spiegare come questi nomi rappresentano il programma verso una vita sana e ben bilanciata in 12 tappe. La guida di Ismaele al buon vivere copre le tre componenti principali della vita: la salute, le relazioni e il lavoro.
PRIMA CATEGORIA
A) SALUTE. Il primo gruppo dei figli di Ismaele, composto da quattro nomi, rappresenta la parte dedicata ai quattro passaggi verso una buona salute:
1) Nevayòt: questo nome in ebraico significa VUOTO (cf Esodo 27, 8). Ciò indica la necessità di mantenere il corpo (visto come una sorta di vaso) pulito dal cibo spazzatura e dalle sostanze dannose per l’organismo umano. Il corpo non è un bidone della spazzatura. Il corpo deve rimanere pulito, libero e leggero, limpido e pieno di vivacità ed energia.
2) Kedàr: il significato della parola ebraica Kedàr è CALORE. Questo rappresenta la necessità di fare regolarmente degli esercizi fisici per mantenere una temperatura corporea adeguatamente calda per avere una buona circolazione sanguigna.
3) Adbeèl: il significato di questo nome è NON ABBUFFARSI. Anche se si mangiano alimenti nutrienti e sani si dovrebbe consumare solo la quantità necessaria per la nostra salute, senza esagerare.
4) Mivsàm: la traduzione ebraica di questo nome è SPEZIE. Oltre alle buone abitudini alimentari e all’esercizio fisico regolare, si dovrebbero aggiungere un po’ di spezie e di condimento alla nostra vita fisica, arricchendola e dandole brio e gioia. Questo si ottiene godendoci a volte la vita, senza esagerare (vedi sopra) e sapendoci concedere dei momenti dove possiamo mangiare cibi di qualità, bere bevande pregiate, frequentare splendidi luoghi all’aria fresca della natura e godere dei suoi profumi, ecc.
SECONDA CATEGORIA
B) RELAZIONI. Il secondo gruppo dei tre figli di Ismaele rappresenta la guida in tre passaggi verso relazioni efficaci, sia in casa, sia nel lavoro.
1) Mishmà: nome che significa ASCOLTARE, prestare attenzione, ossia coltivare l’abilità di ascoltare veramente un altro essere umano, questo è il fondamento di ogni relazione.
2) Dumà: nome che significa SILENZIO. Il secondo passo verso la creazione di un buon rapporto consiste nella capacità di rimanere in silenzio. Non sempre è necessario rispondere alle critiche del nostro coniuge; o non sempre occorre dare una risposta a una domanda che ci rivolgono. A volte è bene rimanere in silenzio. Non bisogna sentirsi morire se non spariamo la prima risposta che ci viene in mente. Il nostro silenzio, a volte, può anche concederci un’intuizione inaspettata. Le persone di successo, infatti, ascoltano più di quanto parlino.
3) Massà: nome che letteralmente significa “FARDELLO”. Esso simboleggia il terzo passo essenziale nello sviluppo di relazioni equilibrate che resistono al trascorrere del tempo, vale a dire la pazienza e la tolleranza. La capacità di tollerare e contenere i fardelli, i pesi di un altro essere umano, per quanto possono essere imperfetti e viziati.
TERZA CATEGORIA
C) LAVORO E PRODUTTIVITÀ. Una volta che la salute del nostro corpo e le nostre relazioni sono in ordine, possiamo affrontare il terzo livello rappresentato dal gruppo finale dei cinque figli di Ismaele. Quest’ultima è la parte del programma in dodici tappe che affronta in cinque fasi/nomi le problematiche del lavoro e della produttività. Diversamente dalle precedenti due aree tematiche, i cinque nomi devono essere letti e compresi in un’unica sequenza: Khadàd in aramaico significa novità; Temà indica meraviglia; Yetùr è una linea retta; Nafish significa serenità; infine, Kèdma significa prima e davanti (Questo è il motivo per cui est è chiamato Kedem in lingua ebraica, dal momento che il sole prima sorge lì). Questo è il programma in cinque passaggi di Ismaele verso il lavoro e il successo:
1) Khadàd, NOVITÀ: In primo luogo, occorre essere molto motivati per intraprendere un percorso nuovo e originale, la proverbiale strada poco battuta. In quanto bisogna superare la paura del fallimento ed essere pronti a correre rischi per aprire nuovi orizzonti. Superare anche la paura di non essere originali e creativi.
Temà, MERAVIGLIA: eppure ogni pioniere e imprenditore incontrerà delle resistenze. Le persone intorno a noi inevitabilmente alzeranno le spalle con stupore e meraviglia (Tema), criticandoci per le nostre fantasie irrealistiche, per l’arroganza giovanile o per la nostra stupidità e immaturità. Molti prevedranno e auspicheranno il nostro fallimento. E noi cosa facciamo, come ci comportiamo?
Yetùr LA LINEA RETTA: a questo punto, come la geometrica semplicità e perfezione di una linea retta occorre assicurarsi di avere un piano ben organizzato e strutturato e perfetto, come una linea retta, per bilanciare la creatività affinché essa non ci porti fuori strada.
Nafish, SERENITÀ: è inoltre necessario fare un passo indietro, rilassarsi e ripensare i nostri piani e i nostri obiettivi in uno stato d’animo più sereno e tranquillo possibile. Non dobbiamo permettere che il nostro umore, le nostre emozioni altalenanti, circoscrivano i nostri importanti obiettivi della vita; occorre assicurarsi di aver serenamente interiorizzato la nostra determinazione a perseguire i nostri progetti.
Kèdma, PRIMA: ma quando si arriva alla conclusione che questa è la strada giusta, è necessario buttarsi a capofitto (senza serenità) nel progetto e non consentire che i molti ostacoli lungo la strada sabotino l’esecuzione dei nostri sogni. Occorre convincersi e sussurrarsi: Vai avanti! Sii il primo e anticipa il gioco. Se si rimanda e si procrastina, qualcun altro ci batterà.
Così abbiamo il programma in 12 passi di Ismaele verso una buona vita: 1) corpo pulito, esercizio fisico, nutrizione adeguata e piccole gioie; 2) ascolto, silenzio e tolleranza; 3) pensare fuori dagli schemi, essere fiduciosi, organizzarsi, riflettere sulla strategia e non voltarsi indietro.
Evitare La Caduta
Quando riflettiamo su queste 12 tappe, notiamo che un elemento cruciale forse l’elemento più importante manca dall’impressionante lista derivata dai nomi dei figli di Ismaele: il significato, lo scopo della nostra esistenza. La vita umana ha bisogno di uno scopo. Quando siamo privi di uno scopo interiore, è estremamente difficile mantenere anche solo una di queste 12 tappe le quali richiedono molta disciplina e concentrazione. A un certo punto è inevitabile fermarsi e chiedersi: Qual è lo scopo di tutto questo?” A questa domanda non si può rispondere con le lezioni di un personal trainer, la conoscenza di come relazionarsi con gli altri o la capacità di essere concentrati, determinati e lavorare fino a tardi.
Per questo basilare motivo la Torà conclude il racconto di questi 12 figli affermando: Sono caduti in presenza dei loro fratelli. Anche la vita più equilibrata nella salute, relazioni sociali e nel lavoro, se è priva di significato interiore, di uno scopo essenziale potrebbe portare la persona a sbagliare e a fallire. Se manca l’ossigeno se manca la capacità di scendere nelle profondità dell’essenza della vita, che mantiene la persona ispirata e motivata a vivere bene, è difficile garantire che il proprio percorso in questo modo si incanali per i giusti scopi e non per obiettivi inutili o dannosi.
I dodici passi di Ismaele catturano uno strato importante, ma superficiale dell’esistenza. Ci dice come vivere all’interno dei ritmi della natura e della biologia.
Qui la Torà non ci sta insegnando come trascendere la natura. Per questo avremo in seguito i nomi delle dodici tribù, i dodici figli di Giacobbe, i cui nomi rappresentano il vero progetto per vivere e non solo per una vita fine ed equilibrata, ma anche per vivere con il Divino, con la misteriosa essenza che è nascosta nella realtà.
Questo è il vero scopo della creazione del mondo che è la missione di Giacobbe e suoi dodici figli!
Tratto da uno scritto di Y.Y. Jacobson basato sul commento di Mei Hasheluakh (Rav Mordechai Yosef Leiner di Ishbitz)
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5° Khayè Sarà: COME VINCE ELIEZER IL SUO CONFLITTO INTERIORE?
Conoscere ed Esternare i Problemi per Risolverli
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Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.
Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor
se il talmid non va dal rabbi, il rabbi va dal talmid!
Non perdere l’appuntamento con la parash・ mistica e psicologia nella Tora
Per informazioni: www.virtualyeshiva.it
COME VINCE ELIEZER IL SUO CONFLITTO INTERIORE?
Tra le melodie-taamìm della Torà ne troviamo una molto strana, “in tutti i sensi”, lo SHALSHÈLET, una nota insolita: va su e giù, su e giù, come se non fosse in grado di passare alla nota successiva. La forma strana, il suono unico e ancora più strano è che in tutta la Torà questa nota compare solo 4 volte.
Fu il grande commentatore rabbino Joseph Ibn Caspi (autore di 28 libri sulla filologia della Torà) del XVI secolo (nel suo commento a Bereshìt 19, 16) a capire bene il significato che essa trasmette, vale a dire uno stato psicologico di incertezza e indecisione.
La notazione grafica di SHALSHÈLET sembra una sequenza di lampi, un movimento a zig-zag, un segno che va ripetutamente avanti e indietro. Trasmette un movimento congelato – in cui il protagonista è lacerato dal conflitto interiore:
LO SHALSHÈLET È LA MUSICA DELL’AMBIVALENZA.
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Per ascoltare le altre lezioni sulla nostra parashà cliccare al seguente link:
http://www.virtualyeshiva.it/
UNA VITA PARADISIACA
Questa Parashà tratta la sepoltura di Sarà che muore all’età di centoventisette anni. Avrahàm acquista a prezzo pieno la Me’aràt Hamakhpelà, a Khevròn, per seppellirvi la moglie. Narra inoltre del giuramento di Eli’èzer riguardante la ricerca della moglie per Yitzkhàk.
Rivkà incontra Yitzkhàk in campagna. Eli’èzer racconta i fatti al padrone Avrahàm e Rivkà viene condotta nella tenda di Sarà, ripristinando i miracoli che accadevano.
Ultimi eventi della vita di Avrahàm e la sua vecchiaia. Avrahàm sposa Keturà e genera altri figli, a cui dà abbondanti doni prima di mandarli via. Avrahàm muore all’età di centosettantacinque anni e viene sepolto anch’egli a Me’aràt Hamakhpelà.
Discendenza di Yshma’èl. Dodici capi. Morte di Yshma’èl.
MIDRASHIM
La Morte di Sarà Bereshit 23, 1-2.
Midrash Bereshìt Rabbà 58-60; Midràsh Haggadòl 23; Talmùd Berakhòt 16; Talmùd Shabbàt 30; Talmùd Sotà 7.
(a pagina 644 del volume Bereshìt edizioni M amash).
La Moglie Giusta Bereshìt 24, 42-45.
Midrash Bereshìt Rabbà 60; Midràsh Haggadòl 24.
(a pagina 646 del volume Bereshìt edizioni ).
SIKOT
La Vera Vita di Sarà.
(a pagina 710 del volume Bereshìt edizioni Mamash).
La Perfezione di Sarà.
(a pagina 712 del volume Bereshìt edizioni Mamash).
http://www.virtualyeshiva.it/
http://www.virtualyeshiva.it/
KHAYE SARA 5772: MATRIMONIO : CINQUE CONSIGLI PER RAFFORZARLO
Com’è possibile imparare le regole del matrimonio dall’acquisizione della tomba di Sarà?
KHAYE SARA 5771: COME SCOPRIRE IL NOSTRO SUBCONSCIO?
Psicologia nella Tora.
Psicologia e matrimonio. Un binomio che si esprime pienamente nella storia di Elìèzer e che può esserci di insegnamento in ogni momento della vita.
La storia di Elìèzer, servo di Avrahàm incaricato di trovare la giusta moglie al figlio Yitzkhàk, viene ripetuta due volte nella Torà. Da questa apparente anomalia si apre un percorso interessante, ricco di approfondimenti psicologici e chassidici, che porta all’analisi del comportamento umano e alla sua interpretazione. Tutto è spiegato nelle pagine della Torà, anche le dinamiche del subconscio!
KHAYE SARA 5769: COME TROVARE L’ANIMA GEMELLA?
il valore del matrimonio nella Torà
Una lezione storica IMPERDIBILE di grande insegnamento di vita!
La scelta della “donna giusta”: cosa ci insegna la Torà con il comportamento di Rivkà e la scelta compiuta dal servo Eli’ézer. Il significato del vero amore nella vita coniugale e l’analisi delle ragioni per cui è bene contrarre il periodo tra fidanzamento e matrimonio.
KHAYE SARA 5768: COME RICONOSCERE IL VALORE DEL MATRIMONIO?
Una lezione ricca di approfondimenti cabbalistici che ci porta ad esaminare le particolarià della nostra generazione e il valore del comportamento alla luce della venuta del Messia, presto nei nostri giorni!
Avrahàm lascia tutti i propri averi in gestione al servo Elì èzer, come segno di riconoscimento del valore del matrimonio del figlio Yitzkhàk. Da questo passo della Torà si snoda un percorso interessante, ricco di approfondimenti cabbalistici, che porta alle riflessioni sulla rettificazione del serpente e alle premesse per l’avvento del Messia.
KHAYE SARA 5766: LA MORTE DI SARA, L’INIZIO DI UNA VITA ETERNA?
Da dove deriva il nome delle parashot? Una lezione che narra della morte di Sara e di come da quel momento si manifesti la realizzazione della sua stessa vita!
Si narrano gli eventi relativi alla morte di Sara, approfondendo il significato profondo della realizzazione della sua vita, attraverso gli insegnamenti chassidici e della mistica ebraica, dimostrando l’eterno valore della vita di uno tzaddìq. Il valore dell’avere un figlio, i segni che si lasciano alle generazioni future, la possibilità di valorizzare ogni attimo della nostra vita!