DEVARIM 5784: 4 LEZIONI + 6 LEZIONI SUL 9 DI AV
Questo Shabbàt 10 AGOSTO 2024, 6 del mese di AV 5784 leggeremo la Parashà di Devarìm. Shabbàt Chazòn
Deuteronomio 1: 1 – 3: 22
HAFTARÀ Chazòn
Isaia 1: 1-27.
PAROLA: 90% ALLE DONNE!!! Ogni volta che iniziamo a leggere il quinto libro di Devarìm per me è una festa poiché il libro esordisce (v. 5) con il racconto che Moshè ha tradotto la Torà in 70 lingue rendendola comprensibile a tutte le nazioni del mondo, ovvero ha trasportato la santità della Torà in tutte le lingue e in tutto il mondo, io ho dedicato la mia vita a tradurla in maniera approfondita in italiano. È risaputo che il patto che Dio ha fatto con Israèl di rivelare il monoteismo nel mondo non è circoscritto al popolo ebraico, bensì ha lo scopo di rivelare l’infinito in TUTTO il mondo e in tutte le lingue e tutte le culture. Questo argomento richiede tanto inchiostro, ma cerchiamo di riassumere la riflessione del Rebbe su questo importante tema, che la traduzione della parola di Hashèm dall’ebraico nelle altre lingue del mondo è un’opera meritevole dal valore inestimabile. Quanto più la traduzione è accurata e fedele al testo originale, tanto più il lettore potrà entrare in comunicazione con i Cieli superiori attraverso un canale privilegiato che è quello della propria lingua madre. Non a caso l’opera di traduzione e diffusione dei testi sacri in italiano è la missione principale della nostra casa editrice Mamash, che da anni, si occupa di rendere comprensibili al pubblico italiano testi come la Torà, i Salmi e le preghiere che fino a pochi anni fa erano inaccessibili a molti proprio per l’ostacolo della lingua. “Queste sono le parole che Moshè disse a tutto Israele…” (Devarìm 1, 1). Con questa frase ha inizio il quinto Libro della Torà, il Libro di Devarìm, o “Parole”. Benché’ tutti i cinque Libri della Bibbia siano stati trascritti da Moshè, il Talmud differenzia il libro di Devarìm dai primi quattro Libri: i primi quattro furono trascritti, parola per parola, come dettato da Hashèm a Moshè, mentre il Libro di Devarìm fu scritto da Moshè. Nondimeno il Libro di Devarìm è considerato come uno dei cinque Libri della “Torà Scritta”, il che implica che anche le parole stesse (non solo i concetti e le idee) sono state trasmesse da Hashèm. Questa dimensione controversa è dovuta al fatto perché Moshè ha annullato il suo ego personale per essere in completa sintonia con la volontà divina, al punto che la “Divinità parlò dalla sua bocca” (Midràsh Shemòt Rabbà). Perciò da una parte è Moshè che pronuncia il quinto libro con la sua comprensione, ma dall’altra parte Moshè si annulla totalmente alla parola di Hashèm senza sentire il proprio io, praticamente Moshè è presente ma non presente allo stesso tempo. La Torà è composta da due elementi principali: la Torà Scritta (i cinque libri di Moshè) e la Torà Orale (Mishnà, Talmud, Midrash). La Torà Scritta parla a noi, mentre la Torà Orale parla attraverso di noi. Entrambe derivano dalla rivelazione sul Sinày. Ma, mentre la Torà Scritta fu messa per iscritto al tempo di Moshè, quella orale si sviluppò e continua a svilupparsi nelle generazioni con lo studio e l’applicazione di essa da parte del popolo ebraico. A causa dell’unicità del modo in cui il libro di Devarìm è stato trascritto – generato dalla mente di Moshè, ma allo stesso tempo interamente e inequivocabilmente costituito dalle parole di Hashèm, esso funge da ponte tra la Torà Scritta e quella Orale. La Torà Scritta e quella Orale necessitano di questo ponte, poiché rappresentano due dimensioni della Torà e dello sviluppo del nostro rapporto con essa. La Torà Scritta parla con la voce “maschile” di autorità e trascendenza. È una voce che non può essere sfidata o alterata, un prodotto interamente perfetto e completo. Non vi si può aggiungere né eliminare nemmeno una singola lettera. La Torà Orale, d’altro canto, è un dialogo continuo, di costante crescita, analisi e applicazione che ricorda maggiormente l’approccio “femminile” alla comunicazione. Benché solo grandi studiosi di Torà che hanno acquisito esperienza con le linee guida dell’esegesi possano contribuirvi, la Torà Orale va avanti grazie a discussioni e analisi nello studio, e trovando applicazione alle varie situazioni che sorgono. Sia la tradizione orale che quella scritta sono parti innegabili della Torà divina, la voce di Hashèm su come condurre le nostre vite per creare un mondo perfetto. Entrambe lavorano in congiuntura per esprimere la volontà di Hashèm nel nostro mondo, e per creare l’ebraismo che si adatta a ogni circostanza senza perdere la santità della Torà, ma solo il secondo aspetto della Torà, la parte femminile della Torà Orale, contempla la nostra partecipazione quando emerge e si sviluppa nel corso del tempo. Il Talmud afferma che “dieci misure di parola sono state date al mondo, e nove di esse sono state assegnate alle donne”. Alcuni potrebbero interpretare quest’affermazione come lodevole nei confronti delle donne, altri come sprezzante nei confronti del sesso più loquace; in realtà essa semplicemente spiega il potere femminile di espressione, dialogo e comunicazione. Due Livelli Consequenziali La Torà Scritta e quella Orale rappresentano due fasi della nostra relazione con la Torà. Al primo livello la mente è assorbita con la Torà come prestazione intellettuale. La relazione a questo livello può essere paragonata a un incontro soggetto-oggetto, un “Io” di fronte a un “esso”. Il secondo livello emerge quando la Torà diviene non solo un’acquisizione di conoscenza, ma un personale punto d’incontro, un “Io” di fronte a un “tu”, o meglio ancora una relazione tra “noi”. Il nostro rapporto con la Torà può cominciare dunque come attività intellettuale che richiede sforzo, concentrazione e coinvolgimento, ma questo non è il fine ultimo. Solo nel secondo livello della Torà Orale raggiungiamo il punto di esperienza personale e relazione con la Torà. Hashèm ha voluto che noi fossimo suoi partner nella Creazione e che crescessimo fino al secondo livello dove non solo traduciamo la Sua volontà nel nostro mondo, ma la Sua volontà diventa una parte intrinseca della nostra personalità, così possiamo usare le nostre parole e azioni per esprimerla. Non siamo più come uno studente che prende meccanicamente appunti durante una lezione, ma come uno studente così connesso al suo mentore, che le sue parole riflettono perfettamente le idee, le posizioni e filosofie del suo insegnante. I Saggi ci dicono che non solo Moshè usò queste parole quando trasmise il Libro di Devarìm, ma a quel punto, egli tradusse anche l’intera Torà nelle settanta lingue delle originarie settanta nazioni del mondo. Questa traduzione non solo riflette il ponte che il Libro di Devarìm offre alla Tradizione Orale, ma spianò anche la strada dell’intera Torà alle future traduzioni. Rappresenta la personale comunicazione e comprensione di tutta la Torà da parte dell’intero genere umano in ogni tempo con differenti necessità e domande. La traduzione della Torà di Moshè nelle settanta lingue era la chiave della trasmissione della Torà in tutti i tempi, da parte di ogni persone e in tutto il mondo. Il Libro di Devarìm era rivolto alla generazione che stava per entrare nella Terra Promessa. La traduzione riflette cosa questa generazione e ognuna delle generazioni successive, necessitava: la personale esperienza della Torà in modo diverso dalla generazione precedente. I loro genitori avevano lasciato l’Egitto quaranta anni prima e assistito al meraviglioso dono della Torà, nel miracoloso, appartato, spirituale assetto del deserto. Ma questa nuova generazione era quella che sarebbe entrata nella Terra di Israele per vivere una naturale e materiale esistenza. Precisamente, poiché essi sarebbero stati toccati dalle responsabilità del mondo fisico, la Torà non poteva rimanere un chiuso esercizio spirituale e intellettuale fuori da loro stessi – come qualcosa a cui avevano oggettivamente assistito – ma piuttosto doveva divenire qualcosa di intimo che avrebbero potuto trasmettere nella materia che stavano per iniziare a lavorare per elevarla nello spirito, e così trasportare la santità anche nell’ambito del contesto delle nuove circostanze terrene. Questo poteva succedere solo se avevano imparato dal loro leader, Moshè, come utilizzare le proprie parole per creare una comunicazione divina. Moshè dimostrò loro come sperimentare la Torà assaporandola nella propria lingua, nelle proprie parole. Egli fu il ponte dalla maschile, oggettiva esperienza della Torà Scritta verso la più personale, femminile esperienza della Tradizione Orale. Mentre la traduzione e l’apertura della Torà al nostro personale dialogo potrebbe sembrare una denigrazione della santità e della divina assolutezza della Torà, in realtà questa è l’elevazione ultima della Torà. Hashèm desidera che la Torà divenga una parte della nostra esperienza, che è in ultima analisi molto più intima e significativa dell’oggettivo studio di un testo statico. È per questo motivo che questa sezione della Torà si legge sempre lo Shabbàt prima del 9 di av, il più triste giorno del nostro calendario. Devarìm ci ricorda che, come l’inaugurazione e la traduzione della Torà che sembra solo in apparenza una discesa della divinità, così anche la perdita del Tempio e il conseguente esilio sfoceranno in una più grande elevazione. Infatti nella Redenzione finale, nell’era messianica alla fine del nostro viaggio, anche noi sperimenteremo una più intima relazione con Hashèm, grazie alle nostre sofferenze durante l’esilio. Il messaggio di Devarìm è che attraverso un’apparente discesa della Torà viene l’ultima ascesa. Rendendo la Torà un’esperienza personale, “traducendola” nella nostra lingua e trasmettendola con le nostre parole, noi soddisfiamo il fine ultimo del nostro mondo, di raggiungere una relazione tra “noi” e la Torà. Devarìm, parole, ci insegna il potere delle nostre parole, nel venire usate come un dialogo divino continuo con il mondo materiale per rettificarlo fino al traguardo finale e totale raffinamento con l’arrivo di Mashìakh amen.
Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor
Ci troviamo nei giorni di lutto perché ci avviciniamo al giorno più sfortunato per Israél. Il Talmud elenca le principali 5 disgrazie. Le peggiori sono la distruzione dei due Santuari di Yerushalayim che noi piangiamo ogni anno. In realtà gli eventi negativi sono tantissimi. Ogni anno si aggiunge un altro mattone in questo palazzo negativo. Così come questi giorni si trasformeranno in giorni di grande gioia anche questa guerra si trasformerà in una grande e immediata vittoria.
5 DIVIETI
Come di kippur anche per il 9 di av ci sono i 5 divieti: mangiare, lavarsi, profumarsi, calzare scarpe di cuoio e avere rapporti coniugali.
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Ti riporto qui di seguito un commento sulla parashà e una storia sul 9 di Av.
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Storia Napoleone BET HAMIKDASH
Sappiamo che Napoleone era quasi come un messia per gli ebrei dell’epoca. Ovunque arrivava portava pace e democrazia agli ebrei.
Un anno vinse una battaglia l’ 8 di av ed entrò vittorioso in città la sera che era il 9; ma si stupì della non presenza degli ebrei. Si informò e gli dissero che gli ebrei erano al tempio in lutto. Rimase molto sorpreso di questa mancanza e chiese ma perché sono in lutto?
Per la distruzione del grande Santuario, gli risposero.
Allora Bonaparte si chiese: ma quanti anni fa è stato distrutto? 10-20 anni? Convinto che le persone che piangevano avessero visto il Santuario prima della distruzione. Gli dissero che era stato distrutto 1.700 anni prima. Egli non riuscì a digerire il fatto che, dopo così tanti anni ancora, tutto il popolo ogni anno il 9 di av soffrisse per questa tragedia.
Allora disse che, se dopo così tanti anni ancora lo piangevano, sicuramente prima o poi sarebbe stato ricostruito.
Perfino Bonaparte aveva capito che, se dopo quasi 2000 anni ancora non si dimentica questa disgrazia, vuol dire che presto ritornerà il Santuario.
Se l’ha capito Bonaparte cerchiamo di capirlo anche noi! Attendiamo con fervore la redenzione e speriamo che quest’anno non dovremo digiunare, poiché il 9 di Av verrà trasformato in bene, diventando il giorno più felice dell’anno, bimhera beyamenu, amen.
Il Dono del Rimprovero
Moshè attende l’approssimarsi della sua morte prima di ammonire Israèl. Una delle ragioni è che vuole aspettare la sconfitta del re degli emorei.
אַחֲרֵי הַכֹּתוֹ אֵת סִיחֹן מֶלֶךְ הָאֱמֹרִי… וְאֵת עוֹג מֶלֶךְ הַבָּשָׁן וגו׳: (דברים א, ד)
[Moshè rimproverò Israèl] «Dopo aver sconfitto Sikhòn, re degli emorei… e ‘Og, re di Bashàn». (1, 4)
Le persone accettano un rimprovero più facilmente, dopo aver ricevuto qualche beneficio materiale dalla persona che le ha riprese. Rimproverando qualcuno, infatti, gli stiamo facendo un favore spirituale, quindi, accompagnando questo favore spirituale con uno materiale, ci assicuriamo che chi ammonisce e chi viene ammonito percepiscano questo rimprovero nella giusta luce, piuttosto che considerarlo un atto di cattiva volontà.
Con il suo esempio, Moshè ci mostra che questo principio si applica perfino quando un individuo o un gruppo ha bisogno di un importante rimprovero anche per un peccato grave come quello di costruire un Vitello d’Oro.
Quindi il fatto che Moshè rimprovera solo “Dopo aver sconfitto Sikhòn…” e aver aiutato materialmente Israèl, impariamo che per aiutare qualcuno a ritornare nel giusto sentiero della vita, dovremmo offrirgli il nostro aiuto più completo, sia materiale, sia spirituale.
Aiutando gli altri in questo modo, siamo meritevoli di avere l’aiuto di Hashèm nel trovare il nostro percorso nella vita, così come il Suo aiuto nel provvedere ai nostri bisogni materiali e dei nostri caro.
Tratto dal nuovo libro in stampa “Saggezza Quotidiana”.
DEVARIM
Mio padre non solo ha investito buona parte dei suoi guadagni nell’aiuto del prossimo e per divulgare lo studio della Torà, ma ha voluto che i suoi figli diventassero degli studiosi e diffondessero la Torà e la Chassidùt nel mondo.
In questa speciale occasione ho pensato di scrivere questa riflessione che non solo rappresenta bene la sua personalità ma è anche molto attuale.
Infatti, in questo difficile periodo, alla vigilia dell’imminente redenzione messianica, la società subisce un apparente aumento dell’oscurità materiale, ovvero si manifestano le “doglie del parto di Mashìakh”. Oggi verso la fine del 6° millennio questa oscurità si palesa spesso nella confusione anomica e nel crescente desiderio di materialità e consumismo. È un periodo dove è sempre più difficile mantenere un giusto equilibrio psicologico e dove molte persone non si sposano o scelgono di non avere una discendenza. Questo squilibrio danneggia lo sviluppo della società. Ma quale può essere la causa di ciò e come si può correggere?
(continua sotto)
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Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.
Shabbat Shalom
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che potremo meritare di vedere la consolazione di Gerusalemme e del mondo, quando questi giorni si trasformeranno nei giorno più felici dell’anno: veyehafhu yamim elu…
Rav Shlomo Bekhor
https://youtu.be/TDyhIrHhZy8
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IL CORRETTO RIMPROVERO,
NEL MOMENTO GIUSTO!
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REGOLE DEL DIGIUNO DI 9 DI AV
Ci troviamo nei giorni di lutto perché ci avviciniamo al giorno più sfortunato per Israél. Il Talmud elenca le principali 5 disgrazie. Le peggiori sono la distruzione dei due Santuari di Yerushalayim che noi piangiamo ogni anno. In realtà gli eventi negativi sono tantissimi. Ogni anno si aggiunge un altro mattone in questo palazzo negativo. Così come questi giorni si trasformeranno in giorni di grande gioia anche questa guerra si trasformerà in una grande e immediata vittoria.
Il nove di Av è stato spostato a domenica. Perciò il digiuno inizia dal tramonto di Shabbat pomeriggio.
Questo Shabbat pur essendo il nove di Av non si manifesta nessun lutto perché è Shabbat se non alcuni dettagli come rapporti coniugali e lo studio della Torà da metà del giorno di Shabbat.
Perciò le scarpe di gomma non si possono mettere finché non è finito Shabbat. Perciò si usa andare a casa a fare il terzo pasto con pane (senza alcun segno di lutto come l’uovo etc) e solo quando è finito Shabbat si dice la frase che chiude lo Shabbat (barukh hamavdil ben kodesh lekhol) e solo dopo si possono mettere queste scarpe.
Ti riporto qui di seguito un commento sulla parashà e una storia sul 9 di Av.
Sappiamo che Napoleone era quasi come un messia per gli ebrei dell’epoca. Ovunque arrivava portava pace e democrazia agli ebrei.
Un anno vinse una battaglia l’ 8 di av ed entrò vittorioso in città la sera che era il 9; ma si stupì della non presenza degli ebrei. Si informò e gli dissero che gli ebrei erano al tempio in lutto. Rimase molto sorpreso di questa mancanza e chiese ma perché sono in lutto?
Per la distruzione del grande Santuario, gli risposero.
Allora Bonaparte si chiese: ma quanti anni fa è stato distrutto? 10-20 anni? Convinto che le persone che piangevano avessero visto il Santuario prima della distruzione. Gli dissero che era stato distrutto 1.700 anni prima. Egli non riuscì a digerire il fatto che, dopo così tanti anni ancora, tutto il popolo ogni anno il 9 di av soffrisse per questa tragedia.
Allora disse che, se dopo così tanti anni ancora lo piangevano, sicuramente prima o poi sarebbe stato ricostruito.
Perfino Bonaparte aveva capito che, se dopo quasi 2000 anni ancora non si dimentica questa disgrazia, vuol dire che presto ritornerà il Santuario.
Se l’ha capito Bonaparte cerchiamo di capirlo anche noi! Attendiamo con fervore la redenzione e speriamo che quest’anno non dovremo digiunare, poiché il 9 di Av verrà trasformato in bene, diventando il giorno più felice dell’anno, bimhera beyamenu, amen.
5 DIVIETI
Come di kippur anche per il 9 di av ci sono i 5 divieti: mangiare, lavarsi, profumarsi, calzare scarpe di cuoio e avere rapporti coniugali.
Il nove di Av è stato spostato a domenica. Perciò il digiuno inizia dal tramonto di Shabbat pomeriggio.
Questo Shabbat pur essendo il nove di Av non si manifesta nessun lutto perché è Shabbat se non alcuni dettagli come rapporti coniugali e lo studio della Torà da metà del giorno di Shabbat.
Perciò le scarpe di gomma non si possono mettere finché non è finito Shabbat. Perciò si usa andare a casa a fare il terzo pasto con pane (senza alcun segno di lutto come l’uovo etc) e solo quando è finito Shabbat si dice la frase che chiude lo Shabbat (barukh hamavdil ben kodesh lekhol) e solo dopo si possono mettere queste scarpe.Qui di seguito un commento sulla parashà e una storia sul 9 di Av.Consiglio vivamente di vedere questo video in questi giorni finali del periodo che dobbiamo riflettere sulla mancanza del santuario:
https://www.youtube.com/watch?
Un caloroso Shabbat Shalom
Rav Shlomo Bekhor
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Perché Non Siamo Moshe?
Nella sua ricapitolazione degli eventi passati, Moshe ricordò come aveva protestato con Ha-Shém, “Non sono in grado di sostenere da solo l’insistenza di questo popolo!” (Devarim 1:12). Come risultato, Ha-Shém consigliò Moshé di scegliere dall’assemblea degli uomini saggi affinché lo aiutassero nei suoi compiti.
A prima vista quest’episodio sembra in qualche modo confuso. Avrebbe potuto Moshé essersi considerato incapace di giudicare il popolo? Proprio lo stesso Moshé che aveva eseguito miracoli per il popolo? Perché all’improvviso si era rivelato necessario fornirgli degli assistenti? Forse che la sua grandezza era diminuita?
Moshe era rimasto un leader forte e potente nei suoi ultimi giorni così come lo era stato quando aveva capeggiato l’esodo dall’Egitto. Tuttavia, Ha-Shém sentì che non sarebbe stato positivo per Moshé monopolizzare il manto della leadership. Se Moshé fosse rimasto l’unico giudice di Am Israél, singoli ebrei avrebbero potuto pensare: “Qual’è l’utilità di cercare di raggiungere le grandi altezze? Dopo tutto, chi può innalzarsi al livello di Moshé Rabbenu?”
Che quest’approccio sia sbagliato è stato dimostrato dalla nomina dei 70 Anziani. Vero, essi non potevano sperare di eguagliare il livello di statura di Moshé, ma a loro modo, anch’essi, raggiungevano la vetta della distinzione. Ciò dimostrava a tutto Am Israél che vi sono molti livelli di grandezza e che ogni individuo ha l’opportunità di raggiungere il proprio grado di importanza. Colui che dona in Tzedakà, o colui che fa visita ai malati può non ricevere il rispetto riservato ad un Grande della Generazione. Ma al loro livello, essi hanno fatto uso delle potenzialità loro donate per mostrare grandezza. È compito di ogni individuo scoprire come può meglio utilizzare i propri talenti per servire Ha-Shém e il popolo ebraico. Se egli soddisfa il proprio potenziale al meglio nel prestare assistenza, per esempio, o insegnando a bambini, allora merita gli onori accordati ad un leader della Torà, e non può mai dire che la grandezza sia lontana da lui.
Una storia ben conosciuta ci é raccontata da Reb Zusha. Egli diceva spesso che dopo che una persona muore e sale in cielo per il giudizio, dovrà difendere le sue azioni e comportamento passati. Ma a una persona non sarà mai chiesto perché non sia stata grande come Moshé, o istruita come rabbi Akiva. Ha-Shém ha dato ad ogni individuo capacità diverse e di conseguenza, non da tutti ci si aspetta che diventino Moshé.
Tuttavia, ad ogni uomo sono state date certe abilità. Gli sarà quindi richiesto di spiegare perché non abbia fatto uso delle doti concessigli da Ha-Shém al massimo possibile. Dovrà giustificare la sua perdita di tempo ed energia. Gli sarà chiesto di mostrare perché non abbia raggiunto il più alto livello di spiritualità che le sue abilità consentivano.
La sola persona alla quale l’individuo sarà paragonato è se stesso. È stato grande come avrebbe potuto diventare?
Questo è tutto ciò che Ha-Shém ci richiede.
Sappiamo che Napoleone era quasi come un messia per gli ebrei dell’epoca. Ovunque arrivava portava pace e democrazia agli ebrei.
Un anno vinse una battaglia l’ 8 di av ed entrò vittorioso in città la sera che era il 9; ma si stupì della non presenza degli ebrei. Si informò e gli dissero che gli ebrei erano al tempio in lutto. Rimase molto sorpreso di questa mancanza e chiese ma perché sono in lutto?
Per la distruzione del grande Santuario, gli risposero.
Allora Bonaparte si chiese: ma quanti anni fa è stato distrutto? 10-20 anni? Convinto che le persone che piangevano avessero visto il Santuario prima della distruzione. Gli dissero che era stato distrutto 1.700 anni prima. Egli non riuscì a digerire il fatto che, dopo così tanti anni ancora, tutto il popolo ogni anno il 9 di av soffrisse per questa tragedia.
Allora disse che, se dopo così tanti anni ancora lo piangevano, sicuramente prima o poi sarebbe stato ricostruito.
Perfino Bonaparte aveva capito che, se dopo quasi 2000 anni ancora non si dimentica questa disgrazia, vuol dire che presto ritornerà il Santuario.
Se l’ha capito Bonaparte cerchiamo di capirlo anche noi! Attendiamo con fervore la redenzione e speriamo che quest’anno non dovremo digiunare, poiché il 9 di Av verrà trasformato in bene, diventando il giorno più felice dell’anno, bimhera beyamenu, amen.
5 DIVIETI
Come di kippur anche per il 9 di av ci sono i 5 divieti: mangiare, lavarsi, profumarsi, calzare scarpe di cuoio e avere rapporti coniugali.
DEVARIM 5770 – ISRAELE: PERCHE’ ABBIAMO PAURA DI DIRE LA VERITA’?
Talvolta copriamo la verità, o forse è lei che ci copre e protegge!
DEVARIM 5766 – IL CORRETTO RIMPROVERO, NEL MOMENTO GIUSTO!
I grandi insegnamenti di Moshè nella gestione delle relazioni con gli altri!
9 DI AV 5778
SHABBAT DELLA VISIONE + 2 lezioni precedenti sul TERZO SANTUARIO!
Lo Shabbat che precede il 9 di Av, giorno di digiuno per la duplice distruzione del Sacro Tempio, viene definito “Shabbat della visione” in quanto è tradizione leggere un capitolo dal libro dei Profeti (Isaia 1,1 – 27) che inizia con “La visione di Isaia…”
TERZO SANTUARIO 5768 – TERZO SANTUARIO: LA STRUTTURA!
Approfondimento sulla struttura del Terzo Santuario.
TERZO SANTUARIO 5768 – TERZO SANTUARIO: PERCHE’ SARA ETERNO?
Anche se l’Haftarà è molto negativa , perché si occupa della distruzione del Santuario, lo studio della struttura del Beit Hamikdash equivale ad una vera e propria ricostruzione.
9 DI AV 5769 – PERCHE AGLI EBREI PIACE POLEMIZZARE?
Due percorsi di come interpretare il midrash che mette in parallelo i 3 EKHA: MOSHE, YESHAYA, YIRMIYA!
9 DI AV 5768 – UN DIGIUNO PER RICORDARE
Il nove di Av si digiuna per 25 ore (come a kippur) per ricordare la duplice distruzione del Tempio di Gerusalemme, ma non solo.
[…] —– Per ascoltare le altre lezioni sulla parashà: http://www.virtualyeshiva.it/2020/07/21/devarim-5772-2-lezioni/ […]