YITRO 5784:8 LEZIONI
Questo Shabbàt 3 Febbraio 2024, 24 del mese di Shevàt 5784 leggeremo la Parashà di Yitrò Es. 18, 1-20, 23.
Si legge l’Haftarà di Yesha’yà:
Italiani/Ashkenaziti: Is. 6, 1-7, 6; 9, 5-6
Torino/Sefarditi: Is. 6, 1-13
La Parashà di Yitrò è composta da 72 versetti.
La Parashà di Yitrò contiene 3 comandi e 14 divieti.
VESTITI EMPATICI
Yitrò Il Dono della Torà
Esodo da 18, 1 fino a 20, 23
Concordi per Hashèm
Il primo tratta dell’importanza dell’unità e della concordia tra le persone. Addirittura, questo aspetto è stato un requisito fondamentale per la ricezione della Torà. Dire che bisogna essere uniti e concordi tra le persone è un pensiero bellissimo, tuttavia rimane la domanda su come raggiungere un tale stato. A volte si sente spesso dire “bisogna fare questo o quest’altro: essere buoni, bravi ecc..”, più difficile è sentirsi dire come fare. La risposta la troviamo nel brano di questo libro che ci spiega come l’unico modo che l’essere umano ha per riuscire a essere solidale e concorde con il prossimo è quello di “uscire da se stesso”! Per meglio dire l’unica maniera per esse al contempo “esistenti” come individui e uniti e concordi con il prossimo è quello di concentrarci su Hashèm e la sua Torà. Solo se cerchiamo di fonderci e confrontarci con i valori e gli insegnamenti eterni della Torà possiamo riuscire a creare una società, una comunità o un ambiente unito, solidale e fraterno (vedi questo fantastico video di JLI che riassume questo concetto https://youtu.be/aVKcf6b1VY4).
Vestiti alla Meta
Il secondo brano del libro ci spiega un requisito fondamentale anche per raggiungere quanto detto sopra. E il modo in cui la torà vuole darci questo insegnamento è a dir poco “eccentrico”. Questo brano ci spiega come i sacerdoti, salendo i gradini dell’altare, non dovevano mostrare le loro nudità a delle pietre. Difficile immaginare che questo concetto possa essere, in qualsiasi forma, utile per noi nelle nostre vite? Difficile, anche capire come questo centri con quanto detto sopra, circa il fatto che occorre cercare di fuoriuscire dal nostro io e guardare verso Hashèm, ossia di farci condurre da Lui nella nostra quotidianità giornaliera. Tuttavia, come possiamo pretendere anche solo di immaginare di iniziare un simile percorso se non abbiamo rispetto per il prossimo? E per spiegare il tipo di rispetto richiesto la Torà, il libro, pone l’esempio delle pietre. Come a dirci: “se bisogna avere rispetto per una pietra tanto più occorre essere rispettosi con un essere umano”.
E che rispetto? Verrebbe da domandarsi! Un rispetto non solo formale, freddo e distaccato, ma il rispetto fattivo e consapevole derivato dall’empatia per il prossimo, dai suoi problemi (veri, falsi, esagerati… che appaiano ai nostri occhi) in maniera di arrivare a rispettare il suo onore e non solo a “non offenderlo”. Inoltre, aggiunge il pensiero cassidico del Rebbe, dobbiamo ricordarci che questo tipo di rispetto è il prerequisito FONDAMENTALE per poterci collegare ad Hashèm e alla sua volontà.
Buona lettura e un caro saluto.
Il pensiero cassidico ha la capacità di illuminare gli insegnamenti, a volte criptici e a volte poco comprensibili, della Torà svelando la loro dimensione più profonda, ma al contempo in maniera comprensibile ad ogni persona. Oggi, la chassidùt ci spiega due concetti fondamentali per le nostre vite che troviamo nella parashà di Yitrò.
La quinta sezione del libro dell’Esodo inizia con il racconto di come il suocero di Moshè si unisce a Israèl sul monte Sinày. Continua con il momento culminante di tutta la storia umana fin dalla creazione: il Dono della Torà. Inserita tra questi due racconti è la narrazione di come Yitrò consiglia a Moshè, dopo la sua discesa dal monte Sinày, di istituire un sistema giudiziario
*
Shemòt 19, 1–6
La Torà ritorna agli eventi successivi all’apertura del mare, alla guerra con Amalèk e all’arrivo di Yitrò sul monte Sinày. Israèl arriva ai piedi del monte Sinày il 1° di Sivàn, nel 2448.
Amore Fraterno
Israèl si accampò là [come un popolo unito] di fronte al monte. (19, 2)
La presenza di Hashèm non si sofferma dove regna discordia e disarmonia. Solo quando gli israeliti erano profondamente uniti gli uni con gli altri poterono raggiungere l’armonia necessaria con Hashèm per ricevere la Sua Torà.
Lo stesso vale anche oggi. Chiunque può studiare la Torà, naturalmente, ma l’ispirazione divina che ci concede ulteriore intuizione e ci consente di percepire la presenza di Hashèm nella Torà è nostra, solo quando siamo attivamente interessati ai nostri simili. C’è una lezione aggiuntiva qui. Gli israeliti erano in grado di unirsi sul monte Sinày perché erano “di fronte alla montagna”, cioè focalizzati sulla Torà. Dato che tutti noi abbiamo diverse facoltà intellettuali, emozioni, tratti caratteriali e punti di vista, non esiste un modo naturale in cui possiamo mantenere la nostra individualità e continuare a funzionare come un corpo unico. Solo se ci concentriamo su Hashèm, le nostre differenze, improvvisamente, cessano di essere ostacoli all’unità. Le nostre differenze esistono, almeno per ora, perché sono tutte necessarie per compiere la nostra missione divina collettiva. Tuttavia, solo la nostra devozione nei Suoi confronti trasformerà queste differenze in pietre miliari verso il nostro obiettivo, piuttosto che ostacoli verso di esso.
*
Shemòt 20, 15–23
Dopo il dono dei dieci comandamenti, Hashèm dice a Moshè di salire sul monte Sinày e di rimanere lì per quaranta giorni a imparare il resto della Torà. Alcune delle leggi che Egli insegna a Moshè riguardano la costruzione di un altare per i sacrifici. Una di queste leggi è che l’Altare deve essere asceso per mezzo di una rampa, piuttosto che per mezzo di scale.
L’Importanza delle Cose Semplici
Non salire sul Mio Altare mediante gradini, affinché la tua nudità non sia scoperta. (20, 23)
I sacerdoti indossavano pantaloni sotto le loro tuniche in modo che i loro corpi non sarebbero stati esposti all’Altare, nemmeno su una scala. Tuttavia, dal momento che salire su una scala dà l’impressione di esporre il proprio corpo è più semplice usare una rampa. Se Hashèm ci impone di rispettare i “sentimenti” delle insensibili pietre, tanto più ci richiede di rispettare i sentimenti dei nostri simili.
L’obbligo di mostrare rispetto per le pietre dell’Altare ci insegna a salvaguardare l’onore delle altre persone, anche quando non sono consapevoli di non essere rispettate e non si offendono e anche quando non intendiamo offenderle. Quindi, quest’ultimo versetto di questa sezione della Torà riassume il messaggio della rivelazione di Hashèm sul monte Sinày: Egli si trova anche nelle cose più banali. Le nostre relazioni con altre persone sono parte integrante della nostra relazione con Lui.
Pertanto, in senso positivo, AMARE LE ALTRE PERSONE significa, in realtà, AMARE IL NOSTRO CREATORE.
VESTITI EMPATICI
Anche oggi, nel nostro consueto appuntamento settimanale, vi proponiamo due brani estratti dal libro
“Saggezza Quotidiana”. Opera che spiega ogni parashà della Torà sulla base degli insegnamenti
cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori. Il pensiero cassidico ha la capacità di illuminare gli
insegnamenti, a volte criptici e a volte poco comprensibili, della Torà svelando la loro dimensione
più profonda, ma al contempo in maniera comprensibile ad ogni persona. Oggi, la chassidùt ci spiega
due concetti fondamentali per le nostre vite che troviamo nella parashà di Yitrò.
Concordi per Hashèm
Il primo tratta dell’importanza dell’unità e della concordia tra le persone. Addirittura, questo aspetto
è stato un requisito fondamentale per la ricezione della Torà. Dire che bisogna essere uniti e concordi
tra le persone è un pensiero bellissimo, tuttavia rimane la domanda su come raggiungere un tale stato.
A volte si sente spesso dire “bisogna fare questo o quest’altro: essere buoni, bravi ecc..”, più difficile
è sentirsi dire come fare. La risposta la troviamo nel brano di questo libro che ci spiega come l’unico
modo che l’essere umano ha per riuscire a essere solidale e concorde con il prossimo è quello di
“uscire da se stesso”! Per meglio dire l’unica maniera per esse al contempo “esistenti” come individui
e uniti e concordi con il prossimo è quello di concentrarci su Hashèm e la sua Torà. Solo se cerchiamo
di fonderci e confrontarci con i valori e gli insegnamenti eterni della Torà possiamo riuscire a creare
una società, una comunità o un ambiente unito, solidale e fraterno (vedi questo fantastico video che
riassume questo concetto https://youtu.be/aVKcf6b1VY4 ).
Vestiti alla Meta
Il secondo brano del libro ci spiega un requisito fondamentale anche per raggiungere quanto detto
sopra. E il modo in cui la torà vuole darci questo insegnamento è a dir poco “eccentrico”. Questo
brano ci spiega come i sacerdoti, salendo i gradini dell’altare, non dovevano mostrare le loro nudità
a delle pietre. Difficile immaginare che questo concetto possa essere, in qualsiasi forma, utile per noi
nelle nostre vite? Difficile, anche capire come questo centri con quanto detto sopra, circa il fatto che
occorre cercare di fuoriuscire dal nostro io e guardare verso Hashèm, ossia di farci condurre da Lui
nella nostra quotidianità giornaliera. Tuttavia, come possiamo pretendere anche solo di immaginare
di iniziare un simile percorso se non abbiamo rispetto per il prossimo? E per spiegare il tipo di rispetto
richiesto la Torà, il libro, pone l’esempio delle pietre. Come a dirci: “se bisogna avere rispetto per una
pietra tanto più occorre essere rispettosi con un essere umano”.
E che rispetto? Verrebbe da domandarsi! Un rispetto non solo formale, freddo e distaccato, ma il
rispetto fattivo e consapevole derivato dall’empatia per il prossimo, dai suoi problemi (veri, falsi,
esagerati… che appaiano ai nostri occhi) in maniera di arrivare a rispettare il suo onore e non solo a
“non offenderlo”. Inoltre, aggiunge il pensiero cassidico del Rebbe, dobbiamo ricordarci che questo
tipo di rispetto è il prerequisito FONDAMENTALE per poterci collegare ad Hashèm e alla sua
volontà.
Buona lettura e un caro saluto a tutti voi.
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Yitrò Il Dono della Torà
Esodo da 18, 1 fino a 20, 23
La quinta sezione del libro dell’Esodo inizia con il racconto di come il suocero di Moshè si unisce a
Israèl sul monte Sinày. Continua con il momento culminante di tutta la storia umana fin dalla
creazione: il Dono della Torà. Inserita tra questi due racconti è la narrazione di come Yitrò consiglia
a Moshè, dopo la sua discesa dal monte Sinày, di istituire un sistema giudiziario
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Shemòt 19, 1–6
La Torà ritorna agli eventi successivi all’apertura del mare, alla guerra con Amalèk e all’arrivo di
Yitrò sul monte Sinày. Israèl arriva ai piedi del monte Sinày il 1° di Sivàn, nel 2448.
Amore Fraterno
Israèl si accampò là [come un popolo unito] di fronte al monte. (19, 2)
La presenza di Hashèm non si sofferma dove regna discordia e disarmonia. Solo quando gli israeliti
erano profondamente uniti gli uni con gli altri poterono raggiungere l’armonia necessaria con Hashèm
per ricevere la Sua Torà.
Lo stesso vale anche oggi. Chiunque può studiare la Torà, naturalmente, ma lispirazione divina che
ci concede ulteriore intuizione e ci consente di percepire la presenza di Hashèm nella Torà è nostra,
solo quando siamo attivamente interessati ai nostri simili. C’è una lezione aggiuntiva qui. Gli israeliti
erano in grado di unirsi sul monte Sinày perché erano “di fronte alla montagna”, cioè focalizzati sulla
Torà. Dato che tutti noi abbiamo diverse facoltà intellettuali, emozioni, tratti caratteriali e punti di
vista, non esiste un modo naturale in cui possiamo mantenere la nostra individualità e continuare a
funzionare come un corpo unico. Solo se ci concentriamo su Hashèm, le nostre differenze,
improvvisamente, cessano di essere ostacoli all’unità. Le nostre differenze esistono, almeno per ora,
perché sono tutte necessarie per compiere la nostra missione divina collettiva. Tuttavia, solo la nostra
devozione nei Suoi confronti trasformerà queste differenze in pietre miliari verso il nostro obiettivo,
piuttosto che ostacoli verso di esso.
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Shemòt 20, 15–23
Dopo il dono dei dieci comandamenti, Hashèm dice a Moshè di salire sul monte Sinày e di rimanere
lì per quaranta giorni a imparare il resto della Torà. Alcune delle leggi che Egli insegna a Moshè
riguardano la costruzione di un altare per i sacrifici. Una di queste leggi è che l’Altare deve essere
asceso per mezzo di una rampa, piuttosto che per mezzo di scale.
L’Importanza delle Cose Semplici
Non salire sul Mio Altare mediante gradini, affinché la tua nudità non sia scoperta. (20, 23)
I sacerdoti indossavano pantaloni sotto le loro tuniche in modo che i loro corpi non sarebbero stati
esposti all’Altare, nemmeno su una scala. Tuttavia, dal momento che salire su una scala dà
l’impressione di esporre il proprio corpo è più semplice usare una rampa. Se Hashèm ci impone di
rispettare i “sentimenti” delle insensibili pietre, tanto più ci richiede di rispettare i sentimenti dei
nostri simili.
L’obbligo di mostrare rispetto per le pietre dell’Altare ci insegna a salvaguardare l’onore delle altre
persone, anche quando non sono consapevoli di non essere rispettate e non si offendono e anche
quando non intendiamo offenderle. Quindi, quest’ultimo versetto di questa sezione della Torà
riassume il messaggio della rivelazione di Hashèm sul monte Sinày: Egli si trova anche nelle cose
più banali. Le nostre relazioni con altre persone sono parte integrante della nostra relazione con Lui.
Pertanto, in senso positivo, AMARE LE ALTRE PERSONE significa, in realtà, AMARE IL
NOSTRO CREATORE.
In memoria del mio carissimo amico Rav Haim Moshe Mordechai ben Dovber Shaikevitz
PREPARARE IL TERRENO PER RICEVERE LA TORÀ
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10159004906350540
Nello Zòhar si afferma che Dio non diede la Torà finché non venne Yitrò a lodarlo. Quando Yitrò arrivò e disse: «Sia benedetto Dio che vi ha liberati… ora so che Dio è più grande di ogni altra divinità…» (Shemòt 18, 10-11), allora Yitrò fece scendere la gloria di Dio che, proprio grazie a questo, in seguito darà la Torà e tramite essa Israèl porterà il monoteismo nel mondo.
Tuttavia è obbligatorio chiedersi come sia possibile che la santità di Moshè, di Aharòn e di almeno 600.000 ebrei non bastasse? Perché la Torà è stata data solo dopo che anche Yitrò ha lodato Dio?
La Parashà inizia affermando: Yitrò, il suocero di Moshè, cohèn di Midyàn, sentì tutto ciò che Dio aveva fatto. La posizione di Yitrò in quanto cohèn (sacerdote) di Midyàn era duplice: era la guida sia secolare che religiosa di Midyàn, avendo conosciuto e servito tutti i culti idolatri del mondo.
Perché la Torà descrive Yitrò usando il titolo apparentemente non lusinghiero di “cohèn di Midyàn”, quando avrebbe potuto descriverlo semplicemente come suocero di Moshè?
In effetti, descrivendolo come “cohèn di Midyàn” si evidenziano i suoi risultati passati, sia in campo politico (come guida secolare di Midyàn) che in campo intellettuale (come guida religiosa suprema di tutto il popolo di Midyàn). Questo, tuttavia, sottolinea la grandezza di Yitrò che era disposto ad abbandonare la sua vecchia gloria per diventare ebreo e studiare la Torà.
La Logica Inganna
Adesso possiamo capire meglio il motivo per cui la Torà si rivolge a Yitrò come “cohèn di Midyàn” e il rapporto che intercorre tra la sua conoscenza di tutti i culti idolatri del mondo e i suoi conseguimenti intellettuali.
Il Ràmbam spiega che l’errore che conduce la gente all’idolatria è principalmente di natura intellettuale: Dicono, «Poiché Dio ha creato vari intermediari (gli astri e costellazioni) con cui guidare il mondo… è giusto che siano esaltati, lodati e che ricevano onori. Questo è ciò che Dio desidera» (norme di Avodà Zarà).
È sbagliato pensare che questi intermediari abbiano scelto di agire poiché tali e che, poiché hanno scelto di agire da intermediari, gli siano dovuti gli onori. Invece, non hanno affatto libera volontà in quanto sono semplicemente come “un’ascia nelle mani del taglialegna (Dio)”.
Quindi, la conoscenza di tutti i culti idolatri di Yitrò significa che egli comprendeva tutti i livelli di intermediari sia in questo mondo, sia nei regni spirituali, ovviamente, questo comporta da parte sua un’ampia comprensione.
Alla luce di quanto spiegato, si può comprendere l’affermazione dello Zòhar, secondo cui abbiamo ricevuto la Torà solo grazie alle lodi di Dio fatte da Yitrò.
Lo Zòhar, infatti, spiega questo concetto interpretando un versetto del Kohèlet (2, 13): Ho visto la superiorità della sapienza sulla (letteralmente, “dalla”) stupidità. La superiorità della “sapienza”, ovvero, un aspetto superiore di sapienza santa, si consegue solo attraverso l’affinamento e l’elevazione della “stupidità”, ovvero la sapienza profana.
Perciò, quando Yitrò (che conosce a fondo la sapienza profana) arriva a studiare la Torà e dichiara che «Dio è più grande di tutte le altre divinità», ne consegue un affinamento della sapienza profana e la sua definitiva trasformazione in santità. Questo apporta un’ulteriore misura di illuminazione divina alla sapienza santa, e ne consegue il dono della Torà – la sapienza di Dio – in basso. Infatti, affinché la Torà possa scendere, deve derivare da una fonte autenticamente elevata e questo avviene solo attraverso la misura ulteriore di illuminazione proveniente dall’affinamento della sapienza profana realizzata da Yitrò.
Il Basso Sale in Alto
È ben risaputo che qualunque cosa funga da preparazione per un determinato evento debba essere in qualche modo simile a ciò che sta preparando. Quale aspetto dell’affinamento della sapienza profana ha fatto in modo che potesse fungere da precursore alla consegna della Torà?
Prima di dare la Torà, Dio ha decretato che “I cieli sono del Signore, ma la terra ha dato ai figli dell’uomo” (Tehillìm 115, 16). Quando Hashèm ha dato la Torà, ha annullato il decreto originale della totale separazione tra spirito e materia e ha dichiarato: Da adesso coloro che sono in basso possono salire in alto e coloro che sono in alto possono scendere in basso (Midràsh Shemòt Rabbà 12, 3).
In altri termini, all’epoca in cui fu data la Torà ci fu una commistione tra “alto” e “basso”: l’elemento fisico poté salire ed essere circondato dall’elemento spirituale e l’elemento spirituale poté scendere e avvolgere l’elemento fisico e trasformarlo in un oggetto santo.
Ciò assomiglia in modo sorprendente all’affinamento della sapienza profana – il livello inferiore – e alla sua elevazione e trasformazione in sapienza santa. Questo affinamento, verificatosi grazie a Yitrò, funge perciò da fondamentale preparazione alla consegna della Torà.
Analogamente, quando verrà il Mashìakh, tutti (e in particolare chi possiede molte conoscenze secolari) utilizzeranno la propria sapienza, anche quella secolare, per servire Dio, elevandola e trasformandola in santità – kedushà. Che ciò possa avvenire presto, ai nostri giorni.
Basato su Likuté Sikhòt, Vol XI, pp. 74-76
* YITRO***
UNA STORIA ATOMICA DA NON PERDERE!!
COME UN LIBRO HA CAMBIATO LA VITA DI UNA PECORA SMARRITA!
https://youtu.be/2Q1b607ugJY
facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10159004304475540
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PERLE DI SAGGEZZA della 17° PARASHA DI QUESTA SETTIMANA:
COME ANDARE D’ACCORDO CON LA SUOCERA!
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10159000839210540
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Grande lezione di VITA
DONO TORA: VOLONTARIO O FORZATO?
Perché Hashèm Ha Messo la Montagna Sulla Testa di Israèl?
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10157860211100540
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(continua sotto)
Shabbat ShalomRav Shlomo Bekhor
se il talmid non va dal rabbi, il rabbi va dal talmid!
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le sue conseguenze ha prodotto due grandi malvagi della storia.
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La figura di Moshè ci permette di comprendere come la grandezza di un leader sta nel capire di quale acqua e cibo abbisognano le pecore del gregge.
La Parashà di Yitrò tratta in sintesi i seguenti argomenti:
Il suocero di Moshè, Yitrò, viene a conoscenza dei grandiosi eventi che hanno accompagnato l’Esodo del popolo ebraico. Con la figlia Tzipporà e i due figli di questa, Yitrò decide di raggiungere il genero e di rallegrarsi con lui per i miracoli e i prodigi divini di cui gli ebrei sono stati protagonisti.
Riconosciuta la potenza e la grandezza di HaShèm, Yitrò Lo accetta come unico D-o. Di conseguenza si converte facendo la circoncisione e l’immersione in un bagno rituale. Insieme a Moshè, Aharòn e altri illustri esponenti del popolo, Yitrò offre sacrifici a HaShèm, per completare la conversione e per festeggiare la redenzione sua e di Israèl.
Vedendo il genero, giudice supremo, sopraffatto dall’onere del compito di trattare le cause di un intero popolo, Yitrò gli suggerisce di nominare dei magistrati minori, preposti su migliaia, centinaia e decine. I magistrati dovranno presentare caratteristiche morali esemplari. Moshè acconsente e mette in pratica il consiglio con grande umiltà. Yitrò si congeda dal genero e dal popolo e ritorna nella sua terra per convertire i suoi familiari.
Il popolo ebraico, giunto presso il Monte Sinày, si appresta a ricevere la Torà. HaShèm comunica a Moshè le modalità dell’evento e indica al popolo come deve prepararsi al momento del Dono della Torà.
L’evento tanto atteso ha luogo presso il monte accompagnato da tuoni e lampi che suscitano il timore reverenziale del popolo. Il Sinày è arroventato ed emana il fumo in virtù della Presenza Divina.
HaShèm proclama i Dieci Comandamenti che sintetizzano tutti i 613 precetti della Torà.
La parashà si conclude con l’emanazione di ulteriori leggi, fra le quali il precetto di costruire un altare di bronzo senza gradini per rispetto al pudore, e realizzandolo senza utilizzare attrezzi in metallo.
MIDRASHIM
I Dieci Comandamenti
(a pagina 676 del volume Shemòt edizioni Mamash).
APPROFONDIMENTI KHASSIDICI
Fra giusti e pentiti.
(a pagina 735 del volume Shemòt edizioni Mamash).
La preparazione al Dono della Torà.
(a pagina 741 del volume Shemòt edizioni Mamash).
YITRO 5771 – HITLER E AHMADINEJAD
L’errore di separare il primo comandamento di destra dal primo di sinistra delle due tavole della Torà: le sue conseguenze ha prodotto due grandi malvagi della storia.Riconoscere la non centralità dell’uomo, significa riconoscere che D-o esiste, che ha creato la vita e non abbiamo diritto di toglierla!
YITRO 5770 – RECINTO DI ROSE
Perché un recinto morbido è più efficace di un recinto di ferro? La Torà non è un codice di regole imposte sul corpo, bensì rappresenta il manuale del creatore del corpo ed è l’unico mezzo per estrapolare al meglio le potenzialità dell’uomo.
YITRO 5769 – IL NIPOTE DI MOSHE IDOLATRA?
Ebraismo contro Idolatria! Il giusto punto di vista in questo delicato argomento.
Quale deve essere il giusto e corretto approccio per un ebreo nell’ accostarsi alla spiritualità ed i pericoli insiti nell’utilizzare un approccio simile a quello di Yitrò.
YITRO 5768 – DIECI COMANDAMENTI, 2 CATEGORIE
Perché i primi due comandamenti sono stati detti da Hashem direttamente al popolo non tramite Moshè?
La Torà per tutta l’umanità: 10 comandamenti per am Israel, 7 precetti per l’umanità. L’unicità del legame con Hashem che non passa attraverso un uomo, ma avviene con una pubblica manifestazione!
YITRO 5766 – GRANDE MERITO DI UN CONVERTITO!
Chi era Yitrò? Dalla frase di Yitrò, in cui riconosce la grandezza di Hashem, consegue un’elevazione del mondo a livello tale, da meritarsi la diffusione del monoteismo. Il valore di una conversione sincera!