BEHAR 5784: SUPERNATURALE NEL NATURALE

18 Maggio 2024 1 Di HaiimRottas

B’H’ Questo Shabbat 17 IYAR  5784, 25 Maggio 2024 leggeremo la Parashà di Behàr Sinài Lev 25:1 – 26:2

HAFTARÀ
Italiani: Ger 16:19 – 17:14
Sefarditi/Ashkenaziti: Ger 32:6-27

4° Pirke Avot

Anno Sabbatico: precetto e simbolo centrale!

DARE PER PRENDERE
Anche oggi vi proponiamo un estratto dal libro “Saggezza Quotidiana”, edito da Mamash. Gli
insegnamenti cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori che commentano, parashà dopo parashà,
tutta la Torà, svelandone significati a volte impensati per noi e per le nostre vite.
Il brano scelto per voi tratta del famoso divieto della Torà di addebitare interessi sui prestiti. Se ci
riflettiamo, infatti, l’interesse significa trarre profitto dallo sforzo di qualcun altro, senza aver
partecipato a questo sforzo. Il creditore raccoglie un interesse, basandosi sul fatto che il denaro “una
volta” apparteneva a lui. In tale modo una persona ottiene un utile, senza avere niente a che fare né
con il lavoro del debitore, senza rischiare il capitale. Se leggiamo questo divieto in chiave spirituale,
è come se una persona ottenesse dei “premi spirituali” per degli sforzi che non ha fatto.
Tuttavia, vi è anche un’altra prospettiva. Il divieto degli interessi è anche paragonabile al divieto di
ottenere un “utile” extra per l’avere aiutato qualcuno: ad esempio, aver fatto un atto di gentilezza,
beneficenza o simili a un amico o conoscente. A volte può accadere che dopo aver compiuto la volontà
di Hashèm, che ordina appunto di fare tzedakà/beneficenza, una persona potrebbe “pretendere” un
trattamento “speciale” da parte del suo beneficiato.
In altre parole, una volta fatto un atto di gentilezza si potrebbe poi andare chiedere dei favori all’amico
o parente che ha beneficiato del nostro aiuto. In maniera analoga all’interesse, in questo modo una
persona è come se pretendesse un “utile” da una azione che ha già compiuto e che non gli appartiene
più.
Dal punto di vista spirituale, infatti, chi esegue una buona azione, una mitzvà, ottiene già un premio
che, secondo i maestri, consiste nella mitzvà stessa, ma che inevitabilmente comporta anche un
premio “spirituale” e materiale in questo mondo o nel mondo futuro. Pertanto, dopo aver compiuto
la volontà di Hashèm, dopo aver compiuto un atto che è già passato e dopo aver ottenuto il premio
per tale atto, l’interesse consisterebbe nel pretendere che il beneficiato della nostra gentilezza ci “tratti
bene” o ci accondiscenda in qualsiasi nostra richiesta. Una sorta di interesse permanente per una
azione oramai passata, senza alcuno sforzo ulteriore da parte nostra.
Buon proseguo di lettura e un caro saluto a tutti voi.
*
Behàr
Gli Anni Sabbatici e Giubilari
La nona sezione del libro di Levitico si apre con Moshè che ascolta la voce di Hashèm nel Tabernacolo,
ai piedi della “montagna” (behàr, in ebraico), che gli ordina di trasmettere al popolo di Israèl le leggi
sugli anni sabbatici e giubilari.
Hashèm, poi, insegna a Moshè le leggi sulla carità e il divieto di addebitare interessi sui prestiti.
Il Valore del Lavoro
[Hashèm istruì a Moshè di dire a Israèl] «Non devi prendere interesse». (25, 36)
C’è una sottile ma cruciale differenza tra un investitore che approfitta del suo investimento e un
creditore che approfitta di un prestito. Quando investiamo in un’impresa, il denaro investito
appartiene ancora a noi, quindi, il nostro denaro è “funzionale” per noi, attraverso il guadagno, che il
profitto dell’impresa ci restituisce. Al contrario, un prestito trasferisce la proprietà del capitale al
mutuatario: il denaro ora appartiene al debitore, anche se è obbligato a ripagarlo in seguito. Quindi,
prendere l’interesse su un prestito, significa trarre profitto dallo sforzo di qualcun altro, senza aver
partecipato a questo sforzo. Il creditore sta raccogliendo un interesse, basandosi solo sul fatto che il
denaro “una volta” apparteneva a lui.
L’interesse per un prestito è in contrasto con il modo in cui Hashèm vuole che il mondo operi. Egli,
infatti, intende perfezionarci attraverso il lavoro che compiamo, per ottenere dei risultati sia sul piano
spirituale, sia su quello materiale. Nelle parole dei saggi troviamo la spiegazione: “Se qualcuno ti
dice, ‘Ho faticato senza risultati’, non credergli. Se anche dice, ‘Non ho faticato, ma ho comunque
visto risultati’, non credergli. Solo se dice, ‘Ho faticato e visto risultati’, credigli” (Talmùd Meghilà
6b).