Questo Shabbàt 29 Marzo 2025, 29 del mese di Adàr 5785 leggeremo la Parashà di Pekudé
Es. 38,21-40,38
HAFTARÀ
Italiani: Ezechiele 45°, 16-46°, 11
Sefarditi: Ezechiele 45°, 18-46°, 15
Ashkenaziti: Ezechiele 45°, 16-46°, 18
La Parashà di Pekudè è composta da 146 versetti.
La Parashà di Pekudè tratta in sintesi i seguenti argomenti:
Pekudè :
Calcolo di tutti i materiali raccolti per la costruzione del Mishkàn.
Descrizione del confezionamento del pettorale, dell’efòd e degli altri indumenti dei cohanìm.
Edificazione del Mishkàn da parte di Moshè.
Collocazione di tutti gli arredi ed edificazione del cortile.
Anche questa settimana vi proponiamo un estratto del libro “Saggezza Quotidiana” basato sugli insegnamenti cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori.
La parashà che viene letta questo Shabbàt si incentra prevalentemente sugli incarichi che Moshè assegna per il funzionamento e il trasporto del Tabernacolo.
Il brano si sofferma sul fatto che in questa parashà, per la prima volta, il Tabernacolo è chiamato “testimonianza”, perché testimonia come Hashèm ha perdonato Israèl, per il peccato del Vitello d’Oro. Inoltre, la parola ebraica per “testimonianza” (edùt) è legata alla parola “gioielli” (adì), ossia, le “corone spirituali” che le persone hanno ricevuto durante il Dono della Torà e che hanno dovuto rimuovere, dopo l’incidente del Vitello d’Oro.
Il significato profondo di questo insegnamento è legato al significato del Tabernacolo. Esso, infatti, non è tanto e solamente un edificio, per quanto santo e importante, ma le “istruzioni” per la sua edificazione celano – come abbiamo già spiegato nei precedenti scritti – anche le “istruzioni” per migliorare il nostro percorso spirituale rettificando le nostre menti, parole e azioni. Lo scopo di questo è quello di “costruire”, dentro di noi, un Santuario dove Hashèm possa dimorare.
Questa associazione tra noi, il Santuario, il Dono della Torà e il peccato del Vitello d’oro ci permette di comprendere che quando ci impegniamo a costruire dentro di noi il nostro “Santuario” interiore ci vengono perdonati le trasgressioni commesse e possiamo ottenere le nostre “corone spirituali”.
Tuttavia, rimane da spiegare che genere di risultato può permettere di ottenere tanta benevolenza da parte di Hashèm: non solo ci perdona delle nostre passate trasgressioni, ma addirittura, possiamo ottenere un livello spirituale paragonato dalla Torà.
In soccorso viene la parte esoterica della Torà. La parola העדת “Testimonianza” è composta dalle stesse lettere che formano la parola הדעת “Conoscenza”, intesa anche come consapevolezza. Questo è anche un riferimento alla sefirà Da’àt composta dalle lettere che formano la radice della parola “Conoscenza” דעת.
Il legame con questa Sefirà ci spiega quale livello noi possiamo ottenere riuscendo a costruire una dimora per Hashèm in noi, il nostro “santuario” interiore. Da’àt non simboleggia o allude solo ad una generica consapevolezza e/o conoscenza, ma essa rappresenta un livello di consapevolezza per cui arriviamo a “sentire”, percepire, in ogni nostro atto e azione, la presenza di Hashèm in questo mondo. In particolare, a questo livello riconosciamo manifestatamene la Regalità di Hashèm sull’intero creato e quindi anche su noi stessi. E se ci pensiamo bene la “Corona” è il simbolo stesso della Regalità. In questo modo, “riempendoci” della Sua presenza divina diventiamo come uno strumento della Sua Regalità, come dei gioielli, “adì”, di una corona.
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APPROFONDIMENTI KHASSIDICI
Pekudè:
Dall’alto e dal basso
(a pagina 787 del volume Shemòt edizioni Mamash).
E Moshè li benedisse
(a pagina 791 del volume Shemòt edizioni Mamash).
L’inaugurazione del Mishkàn
(a pagina 793 del volume Shemòt edizioni Mamash).
MIDRASHIM
Il resoconto del Mishkàn
(a pagina 697 del volume Shemòt edizioni Mamash).
La Shekhìna torna sulla terra
(a pagina 699 del volume Shemòt edizioni Mamash).
PEKUDE 5768 – PERCHÉ L’ESILIO DURA COSI TANTO?
Moshe dettaglia tutti i quantitativi dei materiali per la costruzione del Mishkàn e il loro utilizzo, ma non dice dei 1775 shekalim che mancano al conteggio.
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