TAZRIA 5784: 4 LEZIONI VECCHIE + 1 NUOVA

6 Aprile 2024 1 Di HaiimRottas

B’H’ Questo Shabbat 5 NISSÀN  5784; 13 APRILE 2024 leggeremo la Parashà Tazria: Levitico 12:1 – 13:59

HAFTARÀ
Re II 4:42 – 5:19

È nella natura umana dare per scontato ciò che si è abituati ad avere, anche solo dopo poco tempo ci abituiamo subito all’idea. Ad esempio dimentichiamo troppo facilmente dove eravamo prima, e appena ci abituiamo a uno standard di vita più alto, ci arrabbiamo per delle mancanze, perché ormai quello che abbiamo è lo diamo per scontato, per cui ci manca sempre qualcos’altro rispetto al nuovo profilo di vita in cui ci si trova.
Nel Talmud troviamo tanti riferimenti a questo concetto come chi ha dieci vuole venti, chi ha cento vuole duecento, chi ha mille vuole duemila…
Purtroppo è la natura dell’uomo! Ma non è la vera natura essenziale dell’uomo, perché quando Dio l’ha creato non era questa la sua natura e la sua vera essenza. Solo dopo che l’uomo ha mangiato dall’albero della conoscenza e ha iniziato a sentire la propria esistenza ed ego, solo allora ha smesso di sentire come in realtà dipende dal Creatore e voler pretendere sempre più materialismo per accontentare il corpo a scapito dei bisogni spirituali dell’anima.
Alcuni esempi di vita:
Sei single e ti manca un partner, Sei in coppia e ti manca la libertà.
Lavori e ti manca il tempo, hai troppo tempo libero e vorresti lavorare.
Sei giovane e vuoi crescere per fare le cose degli adulti, sei adulto e vorresti fare le cose dei giovani.
Sei nella tua città ma vorresti vivere altrove, sei altrove ma vorresti tornare nella tua città.
Forse è tempo di smettere col guardare sempre a ciò che ci manca e iniziare a vivere nel presente, apprezzando davvero quello che abbiamo. Godiamoci il profumo della nostra casa prima di aprire la porta ed uscire a cercare i profumi del mondo. Perché niente è scontato, e ogni cosa è un dono. Diamogli valore! La base della fede ebraica è ricordare l’uscita dall’Egitto ogni giorno e ricordare quando eravamo schiavi per costruire le piramidi in condizioni di vita pietose e disastrate. Senza guardare il passato non potremo apprezzare il presente e non potremo essere riconoscenti per tutto il bene che Hashèm ci dà.
La Torà ci insegna in tante occasioni che per ricevere benedizioni e successo bisogna essere grati di quello che abbiamo, e dire sempre grazie ed essere sempre felici in ogni momento e in ogni situazione. Ogni tanto bisogna fare un risettaggio dei parametri per avere ben presente questa regola basilare della vita. Le nostre parashòt di questa settimana della malattia della Tzara’àt sono un esempio di “reset” che Hashèm ci manda per riflettere su questi temi e dove abbiamo sbagliato con la maldicenza che nasce dall’ego. Ogni tanto dobbiamo fare un reset da soli e oggi che non abbiamo il Santuario e non abbiamo la Tzara’àt, possiamo e dobbiamo farlo quando leggiamo questo Shabbat questa parashà.

SCENDERE PER SALIRE

Parla ai figli di Israele e dì loro: “Quando una donna genera e partorisce un maschio, sarà impura per sette giorni. Ella sarà impura quanto i giorni del suo periodo (Vayikrà 12, 2)
Rabbi S. R. Hirsch scrisse che tramite l’uso in questa sede dell’espressione tazria, che troviamo altrove solo in Bereshìt 1, 11 – 12, in riferimento all’attività di piante per la continuazione della loro specie, il ruolo della madre nella generazione di prole è guardato come un processo fisiologico, puramente materiale, e con quella sola parola è presentata l’intera idea di tumà – impuro.
La più alta e nobile occupazione sulla quale si fonda l’intero futuro della specie umana, e nella quale l’intera costituzione della femminilità trova il suo scopo, è il processo della generazione di un nuovo essere umano che trae le sue origini, cresce ed esiste esattamente come una pianta.
Uno dei princìpi della Torà che dà adito al maggior numero di fraintendimenti è quello sotteso alle espressioni tumà e taharà, impuro e puro, alle quali spesso l’immaginario collettivo associa erroneamente una connotazione negativa.
Tumà e taharà sono, prima di tutto, concetti di natura spirituale e non fisica.
Le leggi di tumà, niddà e mikvé appartengono alla categoria dei comandamenti della Torà denominati khukkìm – decreti divini per i quali non è fornita alcuna spiegazione razionale che li renda logicamente comprensibili. Ed è proprio a causa del loro alto livello spirituale che esse riguardano una parte dell’anima molto elevata, quella parte che trascende completamente la ragione.
Gli insegnamenti chassidici spiegano che, in sostanza, la tumà è definibile come l’assenza di santità
La santità è chiamata anche vitalità ed è allo stesso tempo unita ed emanata dalla fonte di ogni forma di vita, il Creatore. La vera unione con Hashèm implica che la nostra esistenza indipendente sia in uno stato di annullamento – bittùl nei confronti della Divinità. D’altra parte, ciò che è lontano e separato dalla propria fonte è chiamato “morte” e “impurità”.
Secondo le leggi della Torà, infatti, la morte è la principale causa di ogni tumà e la più alta forma di tumà deriva proprio dal contatto con un cadavere.
Le forze del male nella terminologia chassidica e cabalistica sono le forze del male. Esse rappresentano ciò che è esterno e lontano dalla presenza e dalla santità di Hashèm e prosperano dove Egli è più nascosto e meno sentito. Dove la santità non è percepita, infatti, c’è più posto per “l’opposizione” a essa. Perciò, spiritualmente parlando, ciò che c’è di più cattivo e impuro in una persona è, prima di tutto, l’affermazione di sé: una persona allontana la presenza di Hashèm e crea al Suo posto un vuoto.
Questo è il significato più profondo dell’espressione “causare un khilul Hashèm”, dissacrare il Nome di Hashèm: dal concetto di creare un khalàl (vuoto) della Sua Presenza in un certo luogo.
Santità è dunque sinonimo di annullamento: nessuna esistenza ha senso se indipendente da Hashèm. Ecco perché l’arroganza è paragonata all’idolatria, quando qualcosa è considerato essere indipendente dal Creatore si afferma al Suo posto.
Quindi, se spogliamo le parole “puro” e “impuro” delle loro connotazioni fisiche e ci soffermiamo sul loro vero significato spirituale, vediamo che il loro reale senso è rappresentato dalla presenza o assenza della santità.
Dobbiamo comprendere che, paradossalmente, lo scopo ultimo della tumà è quello di farci raggiungere livelli superiori. Solo attraverso i suoi sforzi in questo mondo l’anima può davvero elevarsi.
Bisogna poi distinguere due tipi di tumà, due tipi di discese. C’è la tumà che creiamo intenzionalmente, ad esempio commettendo un peccato, quando allontaniamo consapevolmente la presenza di Hashèm e creiamo un vuoto; e poi c’è la tumà che Hashèm crea come parte delle leggi di natura, come quella della niddà.
Questa ultima va intesa come parte integrante del naturale ciclo mensile di una donna. La sua “discesa” dal massimo livello di santità possibile non significa che ella sia, D-o non voglia, peccatrice o degenere. Al contrario, proprio perché questa santità è implicita nella capacità divina conferita alla donna di procreare, come dal nulla, una nuova vita per mezzo del suo corpo, c’è posto per una maggiore tumà, ma anche per una grande elevazione.
La Torà dice che quando una donna partorisce, ella è in uno stato di niddà per un lasso di tempo variabile: se il bambino è maschio, lei sarà tamè per sette giorni, se è femmina per quattordici. Dopo il parto, infatti, questa intensa santità, questa potente forza di Hashèm, “svanisce” ed è per questo che il potenziale per una grande tumà maggiore.
Lo stesso vale per il ciclo mensile: ogni mese la grande potenzialità di procreare raggiunge il picco nel corpo della donna. Quando però essa non si realizza e la santità svanisce, le parti senza vita vengono rimosse dal corpo e questa “discesa” è un forte potenziale di tumà.
Ma, di nuovo, bisogna interpretare questa discesa come strumentale per una più alta ascesa tramite la purificazione nel mikvé e l’inizio di un nuovo ciclo che può innalzare la donna spiritualmente ancor più del mese precedente.
In questo senso il mikvé e il ciclo mensile di una donna possono essere paragonati allo Shabbàt e al calendario settimanale di ogni ebreo. L’alternanza della santità dello Shabbàt con la mondanità dei giorni della settimana nello stesso ciclo di ascesa e discesa si rinnova ogni sette giorni. I sei giorni mondani conducono allo Shabbàt, durante il quale il mondo si eleva, purificato e asceso alla sua fonte. Ogni ebreo riceve allora un’anima addizionale che perde nuovamente all’uscita dello Shabbàt quando deve ridiscendere nelle fatiche della nuova settimana. Tuttavia sono proprio gli sforzi che compiamo nella discesa a purificarci e a condurci a un’elevazione sempre maggiore Shabbàt dopo Shabbàt.
Lo scopo intrinseco del mikvé è dunque quello di rendere una persona in grado di raggiungere il suo stato di annullamento, il bittùl.
Ricordiamoci che, non solo l’osservanza delle leggi della purità familiare ha uno speciale e profondo significato spirituale, ma, come spiega il Rebbe di Lubavitch, l’adempimento di questa mitzvà ha una profonda e diretta influenza sulla salute fisica e spirituale della mamma e dei figli e, per estensione, di tutte le generazioni ebraiche in eterno.

UNA LUCE PER LE NAZIONI
וְהִנֵּה כִסְּתָה הַצָּרַעַת אֶת כָּל בְּשָׂרוֹ וְטִהַר וגו׳: (ויקרא יג,יג)
“Se la tzarà’at ha coperto tutta la sua carne, egli non è impuro”. (13, 13)

Nella lingua ebraica vi sono tante parole che possono assumere molti significati, ma ve ne è una in particolare che, come poche altre, dovremmo sempre tenere a mente: Sèfer. Questo termine significa “libro”, ma non solo! Da esso originano moltissime parole dense di significato, ma adesso basterebbe citarne solo una Safìr che significa “zaffiro”, sinonimo di oggetto prezioso e luminoso. Appunto come un libro il cui “prezioso” contenuto può illuminare dentro e fuori di noi.

Pertanto, in un periodo non facile, come questo che stiamo vivendo, fatto di tanti piccoli e grandi problemi d’affrontare quotidianamente, Saggezza Quotidiana che è la traduzione di un best seller americano DAILY WISDOM.
Come è facilmente intuibile dal suo nome, questo nuovo testo si propone di diventate un piccola, ma importante “guida” durante il nostro cammino della vita. Esso è un concentrato di insegnamenti chassidici del Rebbe, pieni di riflessioni, illuminazioni e soluzioni su tanti aspetti della vita.
Attraverso una “rilettura” della Torà, di tutti i suoi cinque Libri, quest’opera, ne sono sicuro, riuscirà a raggiungere il suo scopo: dare un senso alla nostra vita, un perché alla nostra esistenza e farci riflettere al fine di migliorare sempre più in ogni nostro aspetto. Di seguito alleghiamo un estratto del nuovo libro sulla porzione di questa settimana della Torà, Tazri’a. In particolare, il brano affronta, con il solito acume cassidico, la “strana malattia” di cui parla ed è intitolata la porzione settimanale la tzarà’at.

Paradossalmente, la tzarà’at sulla pelle di una persona la rende ritualmente impura solo se copre una parte del suo corpo. Se invece si diffonde su tutto il corpo non è considerata ritualmente impura.

Uno dei segni dati dai saggi circa l’arrivo imminente del Messia è che “il governo è diventato eretico”, questa nozione è menzionata nella legge della tzarà’at: quando essa copre l’intero corpo, la persona non è impura.
Ci sono due modi in cui i governi del mondo possono essere considerati “eretici. Il modo negativo è che l’eresia domina effettivamente su tutti i governi del mondo. Il modo positivo è che quando la verità della Torà sarà evidente a tutti, sarà universalmente riconosciuto come “eretico” qualsiasi governo che non si sottomette alle regole della Torà stessa.
La nostra speranza e preghiera è che la redenzione avvenga nel secondo modo. È quindi imperativo che Israèl incoraggi le nazioni del mondo ad adempiere ai comandamenti che la Torà obbliga loro di osservare. Riconoscendo la Torà – come unica base possibile per un vero comportamento etico e moralmente giusto – il mondo non ebraico giungerà a riconoscere e ad apprezzare Israèl come all’avanguardia della giustizia universale, della moralità e della pace; questo aprirà la strada alla definitiva Redenzione Messianica.

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GRAZIE ALLA TZARÀ’AT… UNA RIFLESSIONE DI VITA
NOACHISMO, EBRAISMO O ALTRO…?

Ognuno ha una propria missione nella vita, un suo compito, una direzione particolare da intraprendere, tuttavia, a volte succede che non la si accetti o non la si vuole seguire. Perché?
Come accennato sopra, la tzarà’at non è una malattia, ma è un “difetto” spirituale che si manifesta nel corpo di una persona. In estrema sintesi, essa origina da una mancanza di “bitùl-annullamento” delle emozioni umane (concetto legato proprio alla Saggezza di Dio, alla Torà), ossia esse non diventano un veicolo per adempiere alla volontà di Dio, annullandosi, ma acquisiscono una sorta di “vita propria e autonoma”.
Uno dei motivi principali è proprio quanto detto sopra: a volte le nostre emozioni, il nostro IO, EGO ci domina e ci porta in strade solo apparentemente utili e soprattutto, apparentemente in linea con la nostra individuale “missione divina” in questo mondo. Quando si è presi dal proprio IO, l’amore per Dio e il desiderio di elevazione spirituale, sono indirizzati o possono esserlo, ad alimentare un insieme di certezze e desideri e aspirazioni “personali” che in realtà alimentano solo il proprio ego.
Per essere più concreti: Dio, attraverso la Saggezza della Torà, ha “progettato” che nel mondo vi siano ebrei e non ebrei. Ognuno con determinati, obblighi, doveri, oneri e onori. Niente di sbagliato in questo, anzi! Proprio GRAZIE a questa “divisione del lavoro” Dio ci sprona a migliorare questo mondo al fine di renderlo una dimora per Lui e in definitiva a rivelare e realizzare la Redenzione Messianica. La Torà ha stabilito che per gli ebrei vi sono 613 mitzvòt e per il resto del mondo i precetti noachidi (7 più derivati).
Tuttavia, vi sono singoli individui e/o gruppi che si illudono, illudendo anche le persone con cui vengono a contatto, che per redimere e migliorare questo mondo vi sia una “terza via”: quella del mix ebraico o cristiano o buddista o noachide o tutte le cose assieme.
Invece, le cose non stanno proprio così! E il motivo principale è che si rischia, nel modo sopra descritto, di perdere la propria strada, o perlomeno renderla più difficile, disperdendo inutilmente le energie per fare ciò che Dio non ha chiesto di fare e di tralasciare ciò che invece Dio ci ha chiesto di fare.
Pertanto, per tutti coloro che cercano, sinceramente e umilmente (bitùl), il PROPRIO servizio Divino la prima cosa è quella di cercare il “proprio Aharòn, un Sacerdote”, ossia colui che possa guidarci seriamente verso il percorso spirituale per redimere finalmente questo mondo. Uno dei requisiti dei sacerdoti erano due: conoscenza della Torà e soprattutto la APPLICAZIONE concreta in tutti gli aspetti della vita delle sue norme e leggi.
Riguardo alla osservanza dei precetti Nohachidi ho diverso materiale se qualcuno fosse interessato vi invito a scrivermi in privato.

Nella lingua ebraica vi sono tante parole che possono assumere molti significati, ma ve ne è una in particolare che, come poche altre, dovremmo sempre tenere a mente: Sèfer. Questo termine significa “libro”, ma non solo! Da esso originano moltissime parole dense di significato, ma adesso basterebbe citarne solo una Safìr che significa “zaffiro”, sinonimo di oggetto prezioso e luminoso. Appunto come un libro il cui “prezioso” contenuto può illuminare dentro e fuori di noi.

Pertanto, in un periodo non facile, come questo che stiamo vivendo, fatto di tanti piccoli e grandi problemi d’affrontare quotidianamente, Mamash Edizioni ha il piacere di annunciare la imminente uscita di nuovo libro intitolato, Saggezza Quotidiana che è la traduzione di un best seller americano DAILY WISDOM.
Come è facilmente intuibile dal suo nome, questo nuovo testo si propone di diventate un piccola, ma importante “guida” durante il nostro cammino della vita. Esso è un concentrato di insegnamenti chassidici del Rebbe, pieni di riflessioni, illuminazioni e soluzioni su tanti aspetti della vita.
Attraverso una “rilettura” della Torà, di tutti i suoi cinque Libri, quest’opera, ne sono sicuro, riuscirà a raggiungere il suo scopo: dare un senso alla nostra vita, un perché alla nostra esistenza e farci riflettere al fine di migliorare sempre più in ogni nostro aspetto. Di seguito alleghiamo un estratto del nuovo libro sulla porzione di questa settimana della Torà, Tazri’a. In particolare, il brano affronta, con il solito acume cassidico, la “strana malattia” di cui parla ed è intitolata la porzione settimanale la tzarà’at.

UNA LUCE PER LE NAZIONI
וְהִנֵּה כִסְּתָה הַצָּרַעַת אֶת כָּל בְּשָׂרוֹ וְטִהַר וגו׳: (ויקרא יג,יג)
“Se la tzarà’at ha coperto tutta la sua carne, egli non è impuro”. (13, 13)

Paradossalmente, la tzarà’at sulla pelle di una persona la rende ritualmente impura solo se copre una parte del suo corpo. Se invece si diffonde su tutto il corpo non è considerata ritualmente impura.

Uno dei segni dati dai saggi circa l’arrivo imminente del Messia è che “il governo è diventato eretico”, questa nozione è menzionata nella legge della tzarà’at: quando essa copre l’intero corpo, la persona non è impura.
Ci sono due modi in cui i governi del mondo possono essere considerati “eretici”. Il modo negativo è che l’eresia domina effettivamente su tutti i governi del mondo. Il modo positivo è che quando la verità della Torà sarà evidente a tutti, sarà universalmente riconosciuto come “eretico” qualsiasi governo che non si sottomette alle regole della Torà stessa.
La nostra speranza e preghiera è che la redenzione avvenga nel secondo modo. È quindi imperativo che Israèl incoraggi le nazioni del mondo ad adempiere ai comandamenti che la Torà obbliga loro di osservare. Riconoscendo la Torà – come unica base possibile per un vero comportamento etico e moralmente giusto – il mondo non ebraico giungerà a riconoscere e ad apprezzare Israèl come all’avanguardia della giustizia universale, della moralità e della pace; questo aprirà la strada alla definitiva Redenzione Messianica.

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GRAZIE ALLA TZARÀ’AT… UNA RIFLESSIONE DI VITA
NOACHISMO, EBRAISMO O ALTRO…?

Ognuno ha una propria missione nella vita, un suo compito, una direzione particolare da intraprendere, tuttavia, a volte succede che non la si accetti o non la si vuole seguire. Perché?
Come accennato sopra, la tzarà’at non è una malattia, ma è un “difetto” spirituale che si manifesta nel corpo di una persona. In estrema sintesi, essa origina da una mancanza di “bitùl-annullamento” delle emozioni umane (concetto legato proprio alla Saggezza di Dio, alla Torà), ossia esse non diventano un veicolo per adempiere alla volontà di Dio, annullandosi, ma acquisiscono una sorta di “vita propria e autonoma”.
Uno dei motivi principali è proprio quanto detto sopra: a volte le nostre emozioni, il nostro IO, EGO ci domina e ci porta in strade solo apparentemente utili e soprattutto, apparentemente in linea con la nostra individuale “missione divina” in questo mondo. Quando si è presi dal proprio IO, l’amore per Dio e il desiderio di elevazione spirituale, sono indirizzati o possono esserlo, ad alimentare un insieme di certezze e desideri e aspirazioni “personali” che in realtà alimentano solo il proprio ego.
Per essere più concreti: Dio, attraverso la Saggezza della Torà, ha “progettato” che nel mondo vi siano ebrei e non ebrei. Ognuno con determinati, obblighi, doveri, oneri e onori. Niente di sbagliato in questo, anzi! Proprio GRAZIE a questa “divisione del lavoro” Dio ci sprona a migliorare questo mondo al fine di renderlo una dimora per Lui e in definitiva a rivelare e realizzare la Redenzione Messianica. La Torà ha stabilito che per gli ebrei vi sono 613 mitzvòt e per il resto del mondo i precetti noachidi (7 più derivati).
Tuttavia, vi sono singoli individui e/o gruppi che si illudono, illudendo anche le persone con cui vengono a contatto, che per redimere e migliorare questo mondo vi sia una “terza via”: quella del mix ebraico o cristiano o buddista o noachide o tutte le cose assieme.
Invece, le cose non stanno proprio così! E il motivo principale è che si rischia, nel modo sopra descritto, di perdere la propria strada, o perlomeno renderla più difficile, disperdendo inutilmente le energie per fare ciò che Dio non ha chiesto di fare e di tralasciare ciò che invece Dio ci ha chiesto di fare.
Pertanto, per tutti coloro che cercano, sinceramente e umilmente (bitùl), il PROPRIO servizio Divino la prima cosa è quella di cercare il “proprio Aharòn, un Sacerdote”, ossia colui che possa guidarci seriamente verso il percorso spirituale per redimere finalmente questo mondo. Uno dei requisiti dei sacerdoti erano due: conoscenza della Torà e soprattutto la APPLICAZIONE concreta in tutti gli aspetti della vita delle sue norme e leggi.
Riguardo alla osservanza dei precetti Nohachidi ho diverso materiale se qualcuno fosse interessato vi invito a scrivermi in privato.

Una volta un rabbino, camminando per strada, incontrò un suo vicino di casa medico, che gli diede un passaggio. Non appena il rabbino salì sulla vettura del medico, questi disse con GRANDE ORGOGLIO:
“Sai, caro Rabbino, che io curo gratis i malati che non hanno possibilità economiche.”
“Anch’io faccio come te” rispose il rabbino.
“Forse aiuta delle persone gratis…”, pensò il medico, che non capiva.“Spesso regalo le medicine a chi non può permettersele”, disse nuovamente il medico.
“Anch’io faccio come te” rispose il rabbino.
“Forse regala libri…”, pensò il medico, che ancora non capiva.“Sai, quando qualcuno deve andare all’ospedale e non trova posto, io glielo procuro senza essere retribuito”, riprese il medico.
“Anch’io faccio cosi’” rispose il rabbino.Il medico allora chiese al rabbino di spiegargli le sue risposte poiché lui non era un dottore e come faceva a fare TUTTO ciò il medico stava facendo!?!
Il rabbino spiegò: “Anch’io faccio come te:
esalto sempre e solo le mie buone qualità e non mi preoccupo di migliorare me stesso.”

Questo ci insegna la parashà di Tazria e Mezora che leggiamo questo Shabbat. Si tratta di una persona che ha fatto maldicenza e perciò deve essere emarginato da TUTTA la comunità e deve rimanere da solo e solo allora lui può capire che ha sbagliato e che deve pentirsi.
Una persona prima di guardare fuori deve sempre iniziare a guardare dentro ovvero se stesso; soltanto quando si è soli si può investigare dentro di sé e comprendere realmente la propria anima, e questo è il primo passo per modificare i nostri comportamenti sbagliati.
Perciò quello che dice la maldicenza viene mandato fuori dall’accampamento e rimane solo: solo così smetterà di esaltare solo se stesso COME FACCIAMO SEMPRE e potrà iniziare a GUARDARE DENTRO.

(Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana che parla proprio di questo argomento.)

Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.

Shabbat Shalom

Rav Shlomo Bekhor

TAZRIA
Al seguente link trovi la lezione sulla nostra parashà di TAZRIA molto interessante in formato mp3 e mp4:
http://www.virtualyeshiva.it/2011/03/29/tazria-5771-valore-e-difetto-dellambizione/
dal seguente link si scarica il file audio immediatamente, senza aprire la pagina web: 
http://www.virtualyeshiva.it/files/11_03_29_tazria5771low_pellebianca_peli_razo_shuv.mp3
per vedere il video della lezione direttamente cliccare qui:
https://vimeo.com/21750906

VALORE E DIFETTO DELL’AMBIZIONE

Qual è il giusto equilibrio di questa caratteristica umana che talvolta provoca gravi danni?

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Virtual Yeshiva non ha nessun finanziatore pubblico.
Virtual Yeshiva non fa pagare nessuna iscrizione al sito perche’ vogliamo che la Tora sia accessibile a tutti. Aiutando Virtual Yeshiva potrete diventare soci nella diffusione della Tora. Sul seguente link puoi trovare come mandare una donazione
http://www.virtualyeshiva.it/voglio-aiutare/La lezione approfondisce questi punti, attingendo da fonti midrashiche, testi di mistica ebraica e khassidici, in una cornice unica, chiara e comprensibile per tutti, alla luce degli insegnamenti dei grandi Maestri dell’ebraismo.Per ascoltare le altre 4 lezioni sulla nostra parashà cliccare al seguente link:
NASCERE CON MASHIAKH
Un racconto per cominciare …
Un ebreo fu costretto a convertirsi durante il periodo dell’Inquisizione spagnola, egli fu avvertito dalle autorità di non mangiare pesce venerdì notte, durante Shabbat, poiché sarebbe stata la dimostrazione che continuava a osservare i rituali ebraici. Quindi lo minacciarono che, in tal caso, avrebbe affrontato terribili conseguenze.
Nonostante questo severo avvertimento, un ebreo rimane ebreo, e quel venerdì sera il nostro ebreo “rinato” si sedette per il suo consueto pasto dello Shabbat, che ovviamente includeva una buona porzione di pesce!
In quel preciso istante, le spie dell’Inquisizione irruppero in casa e lo colsero in flagranza … mentre mangiava pesce!
“Sei rimasto un ebreo! Stai mangiando pesce di venerdì sera! “Gridò il prete che comandava il drappello dei soldati.
“Che cosa sta dicendo?” Rispose l’ebreo. “Non sto mangiando affatto pesce.”
“Ah, no?” Chiese il prete in tono derisorio. “Allora, cosa c’è nel tuo piatto? Una cotoletta?”
“È roast beef”, disse in tono perentorio l’ebreo.
Il prete divenne furioso e iniziò a gridare all’ebreo. “Stai cercando di prendermi in giro? Quello è pesce, non arrosto di manzo! “
“Ho fatto esattamente quello che mi hai avete detto di fare”, rispose l’ebreo con un misto di innocente e cinismo. “Oggi pomeriggio, ho preso un po’ d’acqua, ho spruzzato alcune gocce sul pesce e ho detto tre volte: Non sei un pesce, sei un manzo…, e poi è miracolosamente rinato come un pezzo di roast beef!”
Questa settimana leggiamo la 27° porzione della Torà: Tazria. All’inizio di questa parashà (12, 2-8) impariamo le leggi dell’impurità riguardanti una donna che, dopo aver partorito, deve presentare dei sacrifici per diventare nuovamente pura.
Apparentemente tutto è chiaro…
Tuttavia, se guardiamo più in profondità il versetto, quando la Torà descrive la nascita di un maschio, è scritto letteralmente: “Se una donna concepirà e ha partorito un maschio, sarà impura per sette giorni” (12, 2). Non sarebbe stato sufficiente scrivere “Se una donna ha dato alla luce un maschio?” Perché è necessario discutere del processo che porta alla nascita? Inoltre, non sono forse concepite anche le femmine? Perché la Torà non scrive così: “Una donna che concepisce, SE ha partorito un maschio?”
C’è anche una difficoltà linguistica: il versetto inizia nel tempo futuro (“concepirà”) e si conclude al passato (“e ha partorito”)!
Apparentemente, la Torà non sta parlando (SOLO) di una donna normale e di una nascita regolare. Quindi per capire quale insegnamento nasconde questo versetto occorre “partire dall’inizio!”
Senza dubbio, una delle esperienze più entusiasmanti nella vita è la di nascita di una “nuova” creatura. Chiunque abbia mai sentito il primo strillo di un neonato – che rappresenta l’apertura dei suoi piccoli polmoni nell’aria del mondo – è stato colmato da una sensazione di vera gioia e piacere. I mesi di gravidanza, durante i quali la madre sopporta dolori e disagi, si concludono con la nascita di una nuova vita.
La nascita di Mashìakh e della Redenzione imminente, avrà un processo simile a quello della nascita di un bambino: la “donna”, di cui parla la parashà, siamo noi e il “concepimento” rappresenta l’osservanza della Torà e il compimento delle mitzvòt, durante il periodo dell’esilio.
Tuttavia, una domanda sorge spontanea: cosa c’entrano Torà e Mitzvòt con il “concepire” un bambino?
La parola ebraica per “concepire”, Tazria תזריע deriva dalla parola זרע zèra, “seminare”. Secondo la chassidùt il processo della semina riflette il modo con cui le mitzvòt influenzano il mondo:
1. IL LUOGO DELLA SEMINA: proprio come un seme può germogliare, solo quando è nella terra, così anche l’adempimento della Torà e delle mitzvòt possono essere realizzate solo attraverso l’azione fisica, qui in questo mondo. Tutte le emozioni e le intenzioni che mettiamo o possiamo mettere in una mitzvà sono “sentimenti” secondari all’atto reale; poiché solo L’ATTO È LA COSA PIÙ IMPORTANTE. E se manca questo non potrà crescerà nulla.
2. COME SI SEMINA: affinché dal chicco possa “nascere e crescere” qualcosa, occorre che esso venga DECOMPOSTO, solo dopo potrà essere coltivato e dare frutti. Allo stesso modo, attraverso il nostro bitùl (auto-annullamento) alla volontà e allo scopo di Dio, facciamo “crescere” e “nascere” la Redenzione.
3. LO SCOPO DELLA SEMINA: l’agricoltore “perde” una misura di seme per guadagnare molto di più. Allo stesso modo il compimento delle mitzvòt, potrebbe a volte sembrare una considerevole “perdita” di tempo, energia e denaro. Tuttavia, i risultati parlano da soli: la rivelazione divina – insieme alla ricompensa spirituale e all’eterna redenzione – derivante da queste azioni – rende ogni istante degno di tutti i nostri sforzi.
Quindi, detto questo, ritorniamo alla problematica, presente in questo versetto, “Una donna “concepirà” e ha partorito un maschio”!
La spiegazione è questa: “Se una donna concepirà” – Se durante l’esilio, il popolo ebraico semina e pianta le mitzvòt, con ASSOLUTA CERTEZZA – “Ha partorito un maschio”. Notiamo bene qui la Torà non parla di qualcosa che forse accadrà o meno, ma parla di una cosa CERTA, come se fosse già successa (per questo usa il tempo al passato)! Questo poiché, il “nascituro”, simboleggia il risultato delle nostre mitzvòt, vale a dire Mashìakh:
l’anima di Mashìakh, infatti è paragonata a un “maschio” che simboleggia la forza maschile della futura Redenzione che sarà eterna, senza alcuna possibilità di un altro esilio.
La DONNA che “partorisce e concepisce di nuovo” – sperimenta una redenzione dopo l’altra. Ma prima di ogni nuovo parto, ancora una volta, passa attraverso il dolore della gravidanza e del travaglio. Al contrario, il maschio non concepisce. Questo a simboleggiare come, dopo la rivelazione di Mashìakh, non sperimenteremo più alcun esilio o dolore. L’anima di Mashìakh proviene da un livello superiore -e  grazie alla forza di questa nobile fonte spirituale – sarà in grado di portare la completa ed eterna redenzione per tutti noi!
Per Concludere Una Bella Storia
C’era una giovane coppia americana che voleva sposarsi. L’uomo era ebreo, ma la sua futura sposa non lo era. L’uomo voleva una famiglia ebraica e quindi iniziarono il processo di conversione halachica all’ebraismo. La donna, con la massima sincerità e serietà, impara e studia l’ebraismo in modo approfondito e inizia a compiere alcune mitzvòt, come preparazione per il futuro. Quando arriva il momento tanto atteso per la conversione, accetta di fare tutto, tranne che… immergersi in un mikvé!
Numerose persone hanno fatto del loro meglio per convincerla della grande importanza di questo ultimo passo, poiché senza l’immersione in una mikvé, non poteva diventare parte di Israèl. Tuttavia, tutti i loro sforzi sono andati male; lei semplicemente non ne volle sapere. Fu un rifiuto inspiegabile.
Lasciato senza alternative, la famiglia dello sposo, che non aveva alcun legame con Lubavitch, organizzò un incontro dedicato alle donne con il Rebbe. Il Rebbe le spiegò che ognuno di noi inizia le nostre vite in una sacca piena di liquido amniotico. Il feto si sviluppa e cresce in questo fluido fino al momento giusto. Quindi, fa esplodere il sacco del liquido amniotico, “emerge dall’acqua” e inizia, così una nuova vita.
“Sei come un feto, in procinto di rinascere come un’ebrea. Nel momento in cui ti immergi ed esci dall’acqua, inizi una nuova vita e una nuova anima si rivela in te.
Appena lascia la stanza del Rebbe in lacrime va a concludere il suo sogno di abbracciare la fede di Abramo e oggi è madre di bambini.
Questo si applica alla nostra generazione ed essere “rinati” significa iniziare una nuova vita. Siamo in un tempo in cui possiamo e dobbiamo vivere in un modo nuovo e migliore – una vita di vera e completa redenzione.
Basato sul commento del santo Or HaChaim sul parasha e Likkutei Sichot, vol. 1,

Nella Parashà di Tazria continua la discussione sulle leggi relative al Tumà vetaharà, impurità rituale e purezza.

Una donna che ha partorito deve compiere un processo di purificazione,  immergendosi nel Mikvè, e portare offerte al Santuario. Tutti i bambini maschi devono essere circoncisi nell’ottavo giorno dalla loro nascita.

Diverse norme relative alla Tzaarat, una piaga di origine sovrannaturale che può colpire abiti, abitazioni e le persone.